"In fondo alla scala". E la presentazione del concerto di Raf Ferrari è fatta. Probabilmente è la sintesi del suo far musica, dentro c'è tutto e le note e i ritmi e le voci degli strumenti, disegnano già una poesia che è in fieri e che si svilupperà seguendo mille strade diverse. Location elegante, raffinata, quasi inibente, quella di Eusebi Arredamenti, un luogo che non si presta a facili commenti, "tempio" del desing com'è. E allora un quartetto jazz dei più strambi (pianoforte, batteria, contrabbasso e violoncello) si inserisce quasi di diritto in una location in cui le forme e gli oggetti sono arte. Anche quella di Raf Ferrari lo è, e delle più coinvolgenti e innovative che ci sia capitato di ascoltare ultimamente in giro... "Il vuoto" è una stupenda suite, basata su un giro di note che si arricchiscono con un arabesque di intromissioni di violoncello che ne segnano la melodia.
E più il quartetto si addentra nello sviluppo delle note, più il crescendo ne sottolinea quasi la drammaticità. Lo scoppio dell'improvvisazione fa il resto. Il fatto è che di tecnica ce n'è a bizzeffe e più passano il tempo, le note e le stagioni, più ci rendiamo conto che è una merce sempre più rara. Contaminazioni su contaminazioni che non significano facili scimmiottamenti di altri. Se uno nelle note di Raf Ferrari ci sente Keith Jarrett (alla fine torna sempre lui), ci sta, è nell'ordine delle cose. Capita, per inciso, che faccia capolino Ludovico Einaudi e allora che fai, urli al plagio o forse capisci che alcune sensibilità prendono quelle vie melodiche e armoniche e non altre? Per non parlare dei virtuosismi alla Bollani. Ma non è un fatto di "riferimenti", pure alti, è che il pianoforte, a meno che non venga preso a martellate, è uno strumento che si presta ad alcune pastosità sonore piuttosto che ad altre. Guerino Rondolone è un contrabbassista che raggiunge le vette del solista. Vito Stano un violoncello a tratti da camera, altri da suono-fisso-nella-mente che penetra dritto nel corpo di chi lo ascolta e provoca sussulti. L'assolo di batteria di Claudio Sbrolli ci ha lasciato senza parole. In due minuti ha compiuto un viaggio di andata e ritorno nella storia del Jazz che in pochi possono permettersi. Praticamente ha fatto il ripasso di tutti i più grandi... da Gene Krupa a Max Roach a Billy Cobham non ne ha lasciato fuori nemmeno uno... E poi una lunghissima suite: "Stagioni". Sulle stagioni hanno scritto tutti i più grandi musicisti, oddio, anche qualche cane con i riccioli da barboncino, ma ci sta. Il fatto è che le stagioni sono quanto di più armonico, melodico e ritmico possa esserci in natura e, quindi, anche nella musica. Raf Ferrari non se l'è sentita di non dire la sua, e il risultato è sorprendente, per freschezza e vivacità, per arguzia visionaria e sequenza di note. E se già l'autunno è vivo ma cadente, e l'inverno quieto come lo scendere della neve e irrigidito dal ghiaccio delle forme dell'acqua, la primavera brilla e l'estate affoga letteralmente nei suoi colori e nei suoi bruciori. Ci permettiamo una piccola nota sul cibo, perché gli appuntamenti di Note di Colore non possono prescinderne. Capita raramente di trovare un catering come quello offerto da "Vi metto a tavola". Un po' perché valorizza i prodotti della cultura gastronomica locale, un po' perché non tenta di imitare nessuno se non la sua vocazione marchigiana. Ottimo il cibo. Di qualità il vino, cordialissimo il servizio. Siamo ancora lontani dalla concezione "estetico-formale" della cultura culinaria millenaria dell'Oriente, ma almeno stasera, vivaddio, non ci hanno offerto il sushi.
E più il quartetto si addentra nello sviluppo delle note, più il crescendo ne sottolinea quasi la drammaticità. Lo scoppio dell'improvvisazione fa il resto. Il fatto è che di tecnica ce n'è a bizzeffe e più passano il tempo, le note e le stagioni, più ci rendiamo conto che è una merce sempre più rara. Contaminazioni su contaminazioni che non significano facili scimmiottamenti di altri. Se uno nelle note di Raf Ferrari ci sente Keith Jarrett (alla fine torna sempre lui), ci sta, è nell'ordine delle cose. Capita, per inciso, che faccia capolino Ludovico Einaudi e allora che fai, urli al plagio o forse capisci che alcune sensibilità prendono quelle vie melodiche e armoniche e non altre? Per non parlare dei virtuosismi alla Bollani. Ma non è un fatto di "riferimenti", pure alti, è che il pianoforte, a meno che non venga preso a martellate, è uno strumento che si presta ad alcune pastosità sonore piuttosto che ad altre. Guerino Rondolone è un contrabbassista che raggiunge le vette del solista. Vito Stano un violoncello a tratti da camera, altri da suono-fisso-nella-mente che penetra dritto nel corpo di chi lo ascolta e provoca sussulti. L'assolo di batteria di Claudio Sbrolli ci ha lasciato senza parole. In due minuti ha compiuto un viaggio di andata e ritorno nella storia del Jazz che in pochi possono permettersi. Praticamente ha fatto il ripasso di tutti i più grandi... da Gene Krupa a Max Roach a Billy Cobham non ne ha lasciato fuori nemmeno uno... E poi una lunghissima suite: "Stagioni". Sulle stagioni hanno scritto tutti i più grandi musicisti, oddio, anche qualche cane con i riccioli da barboncino, ma ci sta. Il fatto è che le stagioni sono quanto di più armonico, melodico e ritmico possa esserci in natura e, quindi, anche nella musica. Raf Ferrari non se l'è sentita di non dire la sua, e il risultato è sorprendente, per freschezza e vivacità, per arguzia visionaria e sequenza di note. E se già l'autunno è vivo ma cadente, e l'inverno quieto come lo scendere della neve e irrigidito dal ghiaccio delle forme dell'acqua, la primavera brilla e l'estate affoga letteralmente nei suoi colori e nei suoi bruciori. Ci permettiamo una piccola nota sul cibo, perché gli appuntamenti di Note di Colore non possono prescinderne. Capita raramente di trovare un catering come quello offerto da "Vi metto a tavola". Un po' perché valorizza i prodotti della cultura gastronomica locale, un po' perché non tenta di imitare nessuno se non la sua vocazione marchigiana. Ottimo il cibo. Di qualità il vino, cordialissimo il servizio. Siamo ancora lontani dalla concezione "estetico-formale" della cultura culinaria millenaria dell'Oriente, ma almeno stasera, vivaddio, non ci hanno offerto il sushi.
Il concerto del Raf Ferrari Quartet è terminato con un bis da spellare le mani: "Hiroshima", quasi canticchiato anche dal pubblico presente. Eravamo vicini al mare, nessuno potrà mai accusarci di tirar fuori un paragone, che non suoni irriverente, con la tempesta (di note) perfetta.
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