L'impatto
è degno di Giacomelli, il poeta per immagini delle tonache. E
infatti la prima tentazione è stata quella di prendere la macchina
fotografica e immortalare, con un clic, il rapporto di (padre) Pier
Paolo Ruffinengo con il mare. Il motivo della nostra passeggiata
verso il Fish era la presentazione del suo libro “... a
l'università di Tinella”, ma dopo averlo visto a contatto con il
mare, il libro è passato in secondo piano ed è subentrato
l'immenso, o l'infinito o i loro concetti e significati più
profondi. Ci siamo chiesti, cioè, quale potesse essere il rapporto di
un credente con quella linea d'orizzonte così marcata che uno dei
rari giorni di sole di giugno ha regalato. Sappiamo qual è il nostro
impatto, il nostro rivolgerci laico alla natura, l'effetto che
l'infinito ci provoca, attivando l'essenza più intima del nostro
essere uomini.
Ma un uomo di fede cosa pensa, cosa prova, quali sentimenti gli desta porsi di fronte al “creato”? Sarà stata anche un'immagine, ma il senso di quel clic era quello di porci una serie di domande che spesso ci siamo fatti senza però riuscire a trovare mai una risposta. Non ci sentiamo vittime della secolarizzazione, piuttosto esseri pensanti ai quali è difficile parlare per assiomi, per assoluti. Siamo figli del dubbio e come tali tendiamo a relativizzare tutto, sentimenti compresi. Ma poi ci capita di vedere un frate domenicano che si toglie i sandali e tocca l'acqua, si china fino a bagnarsi le mani, e quel rapporto così intimo che si sviluppa sotto i nostri occhi, ci dà anche il senso della dimensione della fede. Per chi l'ha avuta, persa e mai ritrovata, il discorso sulla fede, sul “credere”, è di una difficoltà insormontabile. A volte si pone di fronte ai fatti della vita con un cinismo quasi pari a quello dei segretari di stato vaticani, gente così, preti perché indossano una tonaca. Pier Paolo Ruffinengo invece, docente universitario, filosofo, studioso di metafisica e di Heidegger, tocca l'acqua per assaporarne la forza di elemento, di natura, di dimensione extracorporea. Poi, di fronte alla platea, Ruffinengo parla di Sein und Zeit ma anche del rapporto tenerissimo con la madre, con il padre, con una famiglia rispettosa della media dei figli vigente all'epoca. E l'università di Tinella non era altro che il luogo in cui un frate insegnava ai figli dei contadini a leggere, scrivere e far di conto. Un Piemonte contadino e vignaiolo, quello raccontato da Ruffinengo nel suo libro, ma anche una terra buona, da uva di pregio, che però non riusciva a fornire il necessario per guardare con occhi diversi a un futuro possibile, spesso, solo a Torino. Ecco, se il senso del rapporto di Pier Paolo Ruffinengo con l'immanente può essere risolto con un clic, quello con le gioie e i dolori della vita quotidiana passa attraverso un viaggio iniziato, ma mai finito, nelle terre delle langhe e di Pavese.
Massimo Consorti
Ma un uomo di fede cosa pensa, cosa prova, quali sentimenti gli desta porsi di fronte al “creato”? Sarà stata anche un'immagine, ma il senso di quel clic era quello di porci una serie di domande che spesso ci siamo fatti senza però riuscire a trovare mai una risposta. Non ci sentiamo vittime della secolarizzazione, piuttosto esseri pensanti ai quali è difficile parlare per assiomi, per assoluti. Siamo figli del dubbio e come tali tendiamo a relativizzare tutto, sentimenti compresi. Ma poi ci capita di vedere un frate domenicano che si toglie i sandali e tocca l'acqua, si china fino a bagnarsi le mani, e quel rapporto così intimo che si sviluppa sotto i nostri occhi, ci dà anche il senso della dimensione della fede. Per chi l'ha avuta, persa e mai ritrovata, il discorso sulla fede, sul “credere”, è di una difficoltà insormontabile. A volte si pone di fronte ai fatti della vita con un cinismo quasi pari a quello dei segretari di stato vaticani, gente così, preti perché indossano una tonaca. Pier Paolo Ruffinengo invece, docente universitario, filosofo, studioso di metafisica e di Heidegger, tocca l'acqua per assaporarne la forza di elemento, di natura, di dimensione extracorporea. Poi, di fronte alla platea, Ruffinengo parla di Sein und Zeit ma anche del rapporto tenerissimo con la madre, con il padre, con una famiglia rispettosa della media dei figli vigente all'epoca. E l'università di Tinella non era altro che il luogo in cui un frate insegnava ai figli dei contadini a leggere, scrivere e far di conto. Un Piemonte contadino e vignaiolo, quello raccontato da Ruffinengo nel suo libro, ma anche una terra buona, da uva di pregio, che però non riusciva a fornire il necessario per guardare con occhi diversi a un futuro possibile, spesso, solo a Torino. Ecco, se il senso del rapporto di Pier Paolo Ruffinengo con l'immanente può essere risolto con un clic, quello con le gioie e i dolori della vita quotidiana passa attraverso un viaggio iniziato, ma mai finito, nelle terre delle langhe e di Pavese.
Massimo Consorti
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