L'origine
è strettamente “made in USA” anzi, qualcuno di loro sembra
essere direttamente “born in the USA”. E se si parla degli Stati
Uniti d'America, intendiamo musicalmente, ecco che i riferimenti
diventano non solo storici ma anche, forse soprattutto, geografici.
Così, nel caso degli Startrash, sentiti ieri sera (live) al Geko di
San Benedetto del Tronto, la collocazione è, e resterà sempre e
solo una: la California. New Orleans è lontana, come sono
lontanissime le sonorità della East-Coast, comprese quelle blues,
rock e Jazz di New York. Qui vive e prospera, alla grande, la
West-Coast, che poi è quella che ci è più cara, la costa del sole,
dei surfer, degli hollywoodiani, delle città “sante”. Messi
parecchio sullo sfondo della loro idea di musica i NOFX (sei milioni
di dischi venduti, evoluzione punk del rock - o se preferite, viceversa - , scie prestigiose come quelle dei Ramones o dei
Misfits), gli Startrash si sono rivolti (ma solo come spunto di
partenza), ai più giovani e “griffati” Blink182 che diciamolo, è
stato il gruppo che ci ha fatto apprezzare (e parecchio) quella che
all'inizio poteva sembrare un'assurdità in termini, il punk pop,
genere ricalcato anche dagli stessi Green Day, dai Rancid e dagli
Offsprings. E che lo “spunto” di cui abbiamo parlato è quello,
si capisce già da Johnny, il brano con il quale gli
Startrash hanno aperto il loro concerto esattamente dopo un anno
dall'ultimo. Eh sì, perché gli Startrash suonano pochissimo dal
vivo, preferendo canalizzare le loro energie nelle registrazioni in
studio e nei video (tanto demenziali quanto piacevoli, complessi e
ben strutturati), accolti sempre benissimo su YouTube pur essendo
italiani e non coreani. Hanno il loro pubblico, ragazzi giovani e
anche non di primo pelo, che li seguono con amore e che cantano le
loro canzoni (rigorosamente in inglese) i cui testi, per ammissione
degli stessi componenti la band, sono demenziali tanto quanto i loro
video. Nota di cui tener conto: i titoli dei brani non c'entrano
niente con i testi, particolare dal quale si evince che né Sallusti
né Belpietro hanno inventato nulla di nuovo. Sorretti da una base
ritmica notevole, composta da Jak Einstein al basso e Marco Lancs alla batteria, gli Startrash snocciolano i loro pezzi uno dietro
l'altro (con qualche intervallo di troppo e non troppo sapientemente
riempito da chiacchiere indice di scarsa frequenza di palchi), con un
piglio divertente, accattivante, brioso, in poche parole, da hardcore
californiano edulcorato. Le due chitarre, Marco Sick'o e Steve
Camerlengo (nomi inventatissimi come si usa nel punk più acido),
interpretano le loro parti scambiandosi ruoli e puntellandosi
reciprocamente. E se parte un assolo, l'altro tiene la base melodica
con una precisione quasi svizzera e un effetto armonico per nulla
trascurabile. Ovviamente, il delirio c'è quando eseguono i brani più
conosciuti, quelli cliccati su YouTube, quelli che li hanno resi “gli
Startrash”. E quindi, nell'ordine, Last Summer, X-Mas Terror e la
cantatissima, da tutti, She's Impossible, brano che è stato la
“causa” della messa sotto contratto della band, da parte della
casa discografica californiana (e ti pareva!) ItchyMusicIME, dopo il
passaggio su Blank TV. C'è da dire che i commenti sulla band, e su
She's Impossible in particolare, li davano tutti come un gruppo californiano di belle speranze, lo stupore è stato grandissimo
quando i commentatori hanno scoperto che trattavasi invece di un
gruppo europeo, meglio ancora italiano. Ancora in fase di “pulizia”, ma inevitabile proporne un assaggio, i brani dell'ultimo EP di
prossima uscita. Così, ci siamo resi conto che la vena compositiva
degli Startrash, lontana dall'essersi esaurita, ha ancora la
possibilità di tirar fuori pezzi come Life is a Nightmare, eseguito
a chiusura di concerto e sicuramente destinato a bissare il successo
di She's Impossible. Che dire dei tantissimi ragazzi presenti al
concerto che hanno ballato dal primo all'ultimo pezzo? Che abbiamo
un'idea di “brani ballabili” diversa? Pur non avendo tatuaggi né
creste né indossando magliette dai colori e dalle scritte
improbabili, ieri sera un po' punk ci siamo sentiti anche noi, magari
più pop che punk, però sempre un poco orfani di un sanissimo
hardcore.
Massimo
Consorti
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