E chi
se lo ricorda, Jacques Tati? Persi fra quattro comici
d'accatto dalla volgarità direttamente proporzionale alla loro
scempiaggine, spesso dimentichiamo che perfino un film del 1936 e un
altro del 1949 possono farci ridere a crepapelle. Non occorre
attraversare l'Oceano a bordo del Titanic per imbattersi in
alternative validissime ai Charlie Chaplin o ai Buster
Keaton. Basta fare un salto a Bologna durante il Cinema
ritrovato, e si rientra in contatto con un certo Jacques Tati,
francese fin dentro il midollo ma con una visione della comicità
universale, e ci si rende conto che si può anche ridere di una
bicicletta che corre da sola o di un palo che non ne vuole sapere di
star su.
Serata finale del Cinema ritrovato, Piazza Maggiore strapiena come le sere precedenti. Tocca a Jacques Tati e a Soigne ton gauche (Cura il tuo sinistro - 1936) e poi ancora a Tati, stavolta regista e interprete di Jour de fête (Giorno di festa – 1949). Nel primo l'artista è diretto da René Clément e gioca a fare il pugile che combatte contro un avversario inesistente nell'aia di una casa di campagna. Quando gli toccherà salire davvero sul ring, le situazioni comiche si dipaneranno a una velocità tale che le risate saranno inevitabili, come forzatamente voluta è la voglia di non caricare di sovrastrutture lessicali un mediometraggio (13 minuti la durata) che tutto sommato è solo una comica. Jacques Tati non è un attore di cinema. Gira il mondo con la sua compagnia di varietà (avanspettacolo), che raccoglie successi e fortune. Ma il cinema lo vuole e lo cerca fino a quando René Clément, impegnato nella regia di un altro lavoro, gli cederà il posto per Jour de fête. Nasce così, per caso (dice Philippe Gigot: “Se Clément fosse stato libero probabilmente il cinema mondiale avrebbe dovuto fare a meno di uno dei suoi più geniali rappresentanti), l'astro di Jacques Tati. Gira il film ambientandolo in campagna e, come a voler continuare lo scenario di Soigne ton gauche, ci infila dentro quasi gli stessi personaggi. Stavolta però il postino (e che postino!) è lui, François, l'uomo che di spalle somiglia terribilmente a Charles De Gaulle. Jour de fête è del 1949. La seconda guerra mondiale è finita da poco e la Francia è alla ricerca spasmodica di una identità perduta. Vincent Ostria, nella critica al film, vede addirittura nella difficoltà di innalzare il pennone con il tricolore il tentativo di riappropriarsi delle radici di un popolo; e nel film visto per caso, in un baraccone della fiera, sulle nuove poste americane supermoderne e superfunzionanti, vede il tentativo francese (di Tati in questo caso) di battere, per spirito di abnegazione e coraggio, anche i temerari portalettere statunitensi. Di tutti i film di Jacques Tati, Jour de fête è il più fisico, il più keatoniano, quello che si avvicina maggiormente agli stilemi da comica hollywoodiana. Tati è una forza della natura che, a bordo di una bicicletta che sembra vivere di vita propria, ne combina di tutti i colori. Che quella di Tati sia una comicità ancora estremamente efficace, è messo in risalto dalle risate della gente in Piazza Maggiore: non uno sganasciamento, ma poco mancava. Scrive ancora Vincent Ostria: “Quella che Tati mostra è la Francia del passato, la stessa che il regista-attore contrapporrà nettamente, in Mon Oncle, al mondo moderno, duro ed ermetico; un mondo che invaderà tutto lo spazio in Playtime”. C'è da aggiungere, a conclusione, che nel caso di Jour de fête i francesi hanno rimediato una delle più brutte figure “artistiche” in cento anni di immagini in movimento. Famosi nel mondo per il lavoro di recupero e conservazione dei film che ne hanno fatto la storia cinematografica, stavolta ai francesi è venuto in mente di colorare digitalmente l'unica copia in bianco e nero in circolazione. Inutile dire che il lavoro di ripristino dell'opera originale di Tati, è stato difficilissimo e ottenuto solo grazie alla presenza, negli Archives Françaises, di un controtipo su nitrato d'argento. Ahi ahi ahi madame la France!
Serata finale del Cinema ritrovato, Piazza Maggiore strapiena come le sere precedenti. Tocca a Jacques Tati e a Soigne ton gauche (Cura il tuo sinistro - 1936) e poi ancora a Tati, stavolta regista e interprete di Jour de fête (Giorno di festa – 1949). Nel primo l'artista è diretto da René Clément e gioca a fare il pugile che combatte contro un avversario inesistente nell'aia di una casa di campagna. Quando gli toccherà salire davvero sul ring, le situazioni comiche si dipaneranno a una velocità tale che le risate saranno inevitabili, come forzatamente voluta è la voglia di non caricare di sovrastrutture lessicali un mediometraggio (13 minuti la durata) che tutto sommato è solo una comica. Jacques Tati non è un attore di cinema. Gira il mondo con la sua compagnia di varietà (avanspettacolo), che raccoglie successi e fortune. Ma il cinema lo vuole e lo cerca fino a quando René Clément, impegnato nella regia di un altro lavoro, gli cederà il posto per Jour de fête. Nasce così, per caso (dice Philippe Gigot: “Se Clément fosse stato libero probabilmente il cinema mondiale avrebbe dovuto fare a meno di uno dei suoi più geniali rappresentanti), l'astro di Jacques Tati. Gira il film ambientandolo in campagna e, come a voler continuare lo scenario di Soigne ton gauche, ci infila dentro quasi gli stessi personaggi. Stavolta però il postino (e che postino!) è lui, François, l'uomo che di spalle somiglia terribilmente a Charles De Gaulle. Jour de fête è del 1949. La seconda guerra mondiale è finita da poco e la Francia è alla ricerca spasmodica di una identità perduta. Vincent Ostria, nella critica al film, vede addirittura nella difficoltà di innalzare il pennone con il tricolore il tentativo di riappropriarsi delle radici di un popolo; e nel film visto per caso, in un baraccone della fiera, sulle nuove poste americane supermoderne e superfunzionanti, vede il tentativo francese (di Tati in questo caso) di battere, per spirito di abnegazione e coraggio, anche i temerari portalettere statunitensi. Di tutti i film di Jacques Tati, Jour de fête è il più fisico, il più keatoniano, quello che si avvicina maggiormente agli stilemi da comica hollywoodiana. Tati è una forza della natura che, a bordo di una bicicletta che sembra vivere di vita propria, ne combina di tutti i colori. Che quella di Tati sia una comicità ancora estremamente efficace, è messo in risalto dalle risate della gente in Piazza Maggiore: non uno sganasciamento, ma poco mancava. Scrive ancora Vincent Ostria: “Quella che Tati mostra è la Francia del passato, la stessa che il regista-attore contrapporrà nettamente, in Mon Oncle, al mondo moderno, duro ed ermetico; un mondo che invaderà tutto lo spazio in Playtime”. C'è da aggiungere, a conclusione, che nel caso di Jour de fête i francesi hanno rimediato una delle più brutte figure “artistiche” in cento anni di immagini in movimento. Famosi nel mondo per il lavoro di recupero e conservazione dei film che ne hanno fatto la storia cinematografica, stavolta ai francesi è venuto in mente di colorare digitalmente l'unica copia in bianco e nero in circolazione. Inutile dire che il lavoro di ripristino dell'opera originale di Tati, è stato difficilissimo e ottenuto solo grazie alla presenza, negli Archives Françaises, di un controtipo su nitrato d'argento. Ahi ahi ahi madame la France!
Massimo
Consorti
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