Se gli
organi a canne fossero portatili come gli altri strumenti, vivremmo
tutti più comodi. Potremmo ascoltarli nei teatri, nelle piazze,
nelle arene, nei festival di città, invece d’esser costretti ad
andare sempre in chiesa. Ma potremmo finalmente anche vedere
l’organista che suona, che invece non vediamo mai perché sta lassù
in aria, tra le svettanti canne d’argento e la balaustra barocca
che lo copre. Anche se il bravo organista fosse alto come l’Uomo
Fiammifero (più di 2 metri e meno di 3), possiamo solo immaginarlo
mentre sbraccia su tastiere e registri e sgambetta sulla pedaliera.
Quindi il dubbio: ma è lui che suona o un altro?
Mi
venivano questi pensieri l’altra sera al concerto di Gianluigi
Spaziani, che almeno l’abbiamo visto salire le anguste scale e
affacciarsi di tanto in tanto dal “balcone” per ringraziare degli
applausi. E’ anche alto 2 metri, lo conosciamo, niente dubbi. E poi
meno male che stavolta hanno girato i banchi verso la “fonte” del
suono, in altri concerti stavano rivolti verso l’altare: niente di
più pauroso che ascoltare di spalle, qualche nota potrebbe ucciderti
a tradimento…
E
quelle teste all’insù per tutta la sera? E’ istintivo, si
capisce, non è che così vedi meglio o senti meglio. E a concerto
finito, che per inerzia continui ancora a tenere la testa in su? Ci
fossero almeno dei dipinti sulle volte, chessò, mosaici, rosoni,
lampadari: niente, questa bellissima chiesa è bianca e basta. Quasi
comico, poi, guardare la faccia di chi entra con un po’ di ritardo
a concerto iniziato: che varca circospetto e con un po’ di vergogna
la porta del ‘700 che ZAC gli cigola, che vede trenta gole, tutte
bianche, nude, immobili! E insieme ZA-ZAAANN, l’attacco d’organo
terrificante, del tipo di quelli del “Salve regina”, 7°o 8°
verso mi pare, di Abraham Van Kerckhoven: se non gli dici subito che
non è un film e che non scorrerà del sangue, gli prende un colpo!
Buon
concerto, ci siamo proprio “riempiti” d’organo senza che
nessuna canna c’andasse per traverso. Quattro autori tutti dello
stesso periodo, magari si conoscevano, noi al massimo li avevamo
sentiti nominare. Gianluigi Spaziani ci ha portato per mano nel “suo”
mondo, e siccome lui era impegnato lassù, ci ha “introdotto”
all’ascolto Vincenzo Di Bonaventura. Che ha dovuto sfidare
l’acustica di questa chiesa che evidentemente non tollera
nient’altro che il suo prezioso organo. Si sono così perse alcune
parole, ma non l’alto senso. Grande Vincenzo. Nel
merito: molto “didattico” quell’olandese Van Kerckhoven, 35 + 9
versi (di circa 20 secondi l’uno) appena separati tra loro, tanto
che senza applausi fuori posto siamo sembrati ascoltatori di
professione. Più alla nostra portata l’inglese Bull, mentre
l’austriaco Fux pare quasi dei nostri, specie nella gradevolissima
Ciaccona. Sulla scia, il bis è toccato alla (nota) Toccata di
Frescobaldi. Applausi. Insomma,
ci siamo riavvicinati a Sua Maestà l’Organo. Che, senza
offendersi, a fine concerto è rimasto lassù in solitudine, mentre
noi festeggiavamo i 20 anni dell’Associazione con pizzette vino e
crostatine. In sacrestia.
Pier
Giorgio Camaioni
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