10/07/13

“Todo fluye como un rio”, l’ultima raccolta di poesie di Carlos Sanchez

Conoscevo Carlos Sanchez da un paio di apparizioni (è lecito definirle così) a San Benedetto del Tronto; apparizioni, perché la sua veste poetica lo accompagna in un alone particolare, come un sogno incarnato e diventato parte della fisionomia. Forse il sogno che egli vive materiato di poesia, sua compagna e “condanna”, che fa di lui che si definisce “gaucho” un vero e proprio hidalgo, strappato a Cervantes per virtù di un lampo benefico che gli attraversa gli occhi e la figura mentre legge in Castigliano, la sua lingua d’origine, i suoi versi pausandoli di trasparente dolcezza. Sanchez è innamorato della vita, dei suoi istanti, oltre i quali non vale la pena inoltrarsi; con Eraclito sente l’acqua del fiume che sfiora una volta sola, le stagioni che irrompono sul tessuto della storia per portarvi altre storie di vita, dove la “commedia” di tutti i giorni si mescola al tragico, e tutto vive nell’estensione del verso come in una poesia sulla poesia. 

“Spero di restituirmi serenamente al caos / come fosse un’altra poesia”. 
“Oggi m’ha preso di cantare/ e lo faccio zitto zitto/ in questa solitudine di poesia/ che è il mio canto. 
Il verso lento, simile a un passo molle, di Sanchez vive nelle cose e nel loro “oltre”. Si apparenta al divenire doloroso come a quello di una grazia immancabile, che rende percorribile la sua melodia in una malinconia arcana. Il mondo sanguina di bellezza e infamia, sembra dirci il poeta, mentre tutto scorre, e alle nostre spalle restano gli amori, gli amici, i paesaggi che il nostro e il suo errare su questo “mondicino” lascia in un passaggio che è necessità più che avventura.
”Dài spazio ogni giorno/ al mistero/ non ti fidare del poi/ di un’altra vita… / bacia ora/ mentre hai labbra/ festeggia adesso…/ e questo sta a un passo dal “carpe diem”, ma in una misura più distesa, da cui il “mistero” trovi alimento, così come il “wu wei” del Tao, forse perché il canto, questa voce dei giorni trovi il modo di rigenerarsi e rigenerare.
” Non sapevo allora/che il destino finale/ non importava/ la meta era un sogno nel sogno/ il viaggio era tutto/ il viaggio è tutto/. Sembra di ricordare Kavafis e il Calderòn De La Barca, de “La vida es sueno”, e nella stessa visione Sanchez accomuna le anime ai corpi, il paesaggio naturale a quello surreale di certi suoi versi, restituendoci la misura della fantasmagoria, della poesia delle sue origini argentine, che come in un tango, una musica distesa nella sua passione mescola immagini e presenze, errori che la vita ha riscattato, una sensualità diffusa, che confina con una stremata tenerezza. Una poesia, la sua, che è viatico, tessitura, abito, mondo. 
”Tutto scorre come un fiume”, (Edizioni Lìbrati, 2012) è, neanche a dirlo, il titolo del suo ultimo libro, presentato alla Sala della Poesia del Palazzo Piacentini il 6 luglio scorso, a cura dell’Associazione La Compagnia dell’Anello. Abbiamo ascoltato un Sanchez che, come sempre, ha incontrato il suo pubblico in grande semplicità, offrendo il suo “canto” come un dono senza riserve, che è stato la poesia di quel giorno in cima all’estate, accompagnato dalla chitarra slow rock di Nathan Caldaroni e dalle voci di Anna Rosa Romano e Loredana Maxia.


Enrica Loggi

Nessun commento:

Posta un commento