Non
hanno niente dei Blues Brothers, eppure mi ricordano loro. Non hanno
abiti neri cappelli e occhiali da sole, ma graziosi berretti di
Provenza e barbe geometriche tinta unita. E certo non sono usciti di
prigione, né vanno suonando in giro a raccoglier fondi per salvare
dalla chiusura qualche orfanotrofio di Chicago. Se sono fratelli,
improbabile che si chiamino Jake e Elwood. Uno tiene sempre in bocca
un mozzicone di sigaretta, o un piccolo sigaro (tabacco marca Lucky
Strike), l’altro no. Suonano belle ma strane chitarre acustiche dal
rosone ovale - “a spalla mancante” o cutaway, mi suggerisce
l’esperto Max von UT - e il piano della cassa acustica del
chitarrista non fumatore è leggermente a diedro.
Non
resisto dalla curiosità e glielo chiedo: sono di Tortona
(Alessandria), fanno una sorta di Giro d’Italia in senso orario,
raggiungeranno la Puglia, per poi risalire… Stop. Mi sono imposto
di non “interrogare” più musicisti e artisti di strada, non mi
pare giusto curiosare nelle loro vite e nelle loro scelte, osservarli
come fenomeni di baraccone, per alla fine - magari involontariamente
- compatirli e sentirsi noi nel giusto. Questione di rispetto, più
che di privacy. Bisognerebbe piuttosto dargli del lei e pagarli per
il loro lavoro, altro che offerta, altro che monetine. Trattarli da
professionisti tosti, giacché hanno scelto il marciapiede, non il
“facile” palcoscenico.
A
partire proprio da questi due Malassortiti (nome azzeccato e
affettuoso), che stasera ci hanno incantato. Particolare il loro
genere, il Country Gipsy Jazz, trascinante senza invadenza, elegante
ma popolare, con tracce di tradizione zingara ma con insieme
atmosfere di periferie parigine anni ’30-’40. Performance da
caffè-letterari, da sale da tè, da house concert… Schema
d’esecuzione rigido, eppure non stancante: quello con la sigaretta
detta il tema svisa e swinga, l’altro accompagna in velocità,
dalla biscroma in su, nessun accordo escluso (alla Jimmy Villotti,
per intenderci). Scivolando anche e soprattutto sulle ottave alte, le
“chitarre a spalla mancante” sono apposta ben “accessibili”
da quelle parti. Salvo qualcuno, non sono brani noti ma ti
coinvolgono. Sonorità rotonde, piene, a volume controllato;
frequenti invenzioni senza stress, affiatamento perfetto, rari cenni
d’intesa. Ogni tanto giuste pause corroboranti, anche per chi
ascolta: a ognuno così rifluiscono in testa i propri pensieri, come
dopo una piacevole ricreazione…
In
quest’ora caldissima, la gente sfatta che ciondola prima di
rientrare nelle proprie prigioni, i turisti persi che rimbalzano tra
i negozi, i bambini esauriti e frignanti, non è facile fare jazz e
calamitare ascolto. E magari “incassare” il giusto.
I
Malassortiti però l’hanno fatto per bene, con naturalezza,
rimanendo “comunicativi” senza mai cambiare posa: chitarre
parallele, berretti orientati a sud-est, barbe impassibili. Fa niente
se la sigaretta o il piccolo sigaro erano spenti da un pezzo.
Pier
Giorgio Camaioni
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