Quando
lo saluto mi fa quasi l’inchino, ci siamo riconosciuti. Il suo
primo concerto qui fu il 2 settembre 2006, il secondo nel 2010 -‘11,
il terzo ieri sera. Stesso posto stessa ora. Sempre con le 25
bottiglie-ben-temperate, anche se un paio di quelle da 33cl. ex birra
Tuborg le ha sostituite con altre neutre… no, non è questione di
sponsor. Senza bisogno dell’orologio, alle 18.30 in punto master
Mateša si siede serissimo al centro del suo marchingegno e inizia,
dopo un ammonitore sguardo panoramico alle sue bottiglie come fa un
direttore ai propri orchestrali mentre alza le bacchette
(martelletti, in questo caso). In repertorio Rossini, Mozart, Verdi,
Offenbach, Bizet, Strauss… e Bach si capisce, l’inventore della
scala “temperata” (il diesis=bemolle della nota dopo per
contratto, non più o meno, ma non è così semplice, ci sono di
mezzo i logaritmi). Brani
classici noti e meno noti, qualcuno dai e dai fa ormai parte del
nostro dna. Ma non è certo un po’ di musica colta - seppur
accessibile – ad attrarre lo sfatto popolo di ferragosto, e neppure
quell’insolito artigianale strumento apparentemente elementare, chi
non ha giocato a casa e in pizzeria con coltello e bicchiere, o
tintinnato pensoso sulla bottiglia del vino che svuotandosi via via
manda suoni sempre più acuti? Temperare bene – cioè accordare a
440 hertz - 25 bottiglie però non dev’essere facile, come anche se
ne rompi una mica è come cambiare una corda alla chitarra…
Secondo
me, stavolta ci sono almeno altri due ingredienti magici. Il primo è
l’involontario design di quest’ultima serie dello strumento: 2
semplici archi (neri) di bottiglie (colorate) appese come tasti di
due ottave di pianoforte, retti da tre esilissimi supporti che
sembrano disegnati. Un’installazione minimalista, una scultura
teatrale, un’opera d’arte “viva” che vibra mandando suoni di
vetro e d’acqua, chiari, freschi, puri. Lì accanto, il nuovissimo
carrellino tecnico su ruote di bicicletta per l’attrezzatura audio,
è molto professionale ma come “invisibile”: il fuoco
dell’attenzione non si stacca dal maestro e dalle sue bottiglie.
Il
secondo è lui, l’artista, il musicista, il creatore di quello
strumento con dignità da Steinway. Personaggio di spiccata ma sobria
personalità, di innati eleganza e rigore. Di studi ed educazione
asburgici (penso). Certo viaggiatore per necessità e per scelta, ma
altruista e riservato, istintivo, fantasioso, metodico, coraggioso.
Anche quando non suona, tutto questo trasmette. Quando invece suona,
concentratissimo, non si astrae del tutto,partecipa al contesto; si
vede dallo sguardo, dall’espressione, dal linguaggio del corpo,
dall’energia sotto controllo, dalla serenità, dal buon umore che
infonde. Chi ascolta avverte questa elettricità e rallenta, si
ferma, ascolta rapito, lascia una moneta nel buffo sacchetto da
curato di campagna proteso a prua, e applaude convinto. Magari fuori
tempo o al momento sbagliato, come in Italia spesso succede anche nei
più celebrati teatri col pubblico borghese che si dà le arie… Fa
niente. Dalibor sorride. Tanto la pausa tra un brano e l’altro è
calcolata al secondo.
Vecchi
cristalli tintinnano
nel
trasandato hotel…
(Pesce
veloce del Baltico - medium waltz - Paolo Conte - 1992)
Pier Giorgio Camaioni
Nessun commento:
Posta un commento