Scrive Alessandra Morelli sulla
cartolina che accompagna la “piccola” esposizione di Luca Farina:
“Il legno come supporto epidermico e levigato. La carta come fibra
e trama tattile dell'immagine fotografica. Il colore come
contaminazione sciamanica e rivelazione. Il senso della materia è
completo e mobile. È un equilibrio vibrante di spinte e reazioni di
bellezza alchemica e concettuale. L'artista punta lo sguardo e poi
schiude col corpo la sua prospettiva di compasso, aperta, circolare,
protagonista nell'opera come le linee, le colle, le polveri”. La
“piccola” mostra di Luca Farina ha una location inusuale: il
salone di una parrucchieria, la Sartarelli di via Laberinto. Per la
cronaca, una delle vie più vecchie di San Benedetto del Tronto. La
via dei marinai e dei pescatori, con le case basse, piccole, un
piano-una stanza, una appoggiata all'altra per risparmiare un muro e
per dare il senso di una collettività solidale unita, nel bene e nel
male nella festa e nei lutti, dal mare. Non c'è neppure una
locandina che segnali l'evento. Però basta dare un'occhiata dentro,
attraverso i riflessi della vetrina, per vedere le opere di Luca
Farina sistemate negli spazi disponibili.
E allora pensiamo: ecco l'arte che va da Maometto. E se all'inizio può sembrare una battuta, poi non lo è più perché mai come in questi tempi bui, l'arte non esaltata dai mercanti ha bisogno di visibilità, non di stampa patinata che la tratti su riviste costosissime e inutili, ma di essere vista, di trovarsela davanti, meritevole di essere capita: apprezzata è un altro discorso. Luca Farina, lo ammette lui stesso, non ha inventato nulla. Parte da una immagine fotografica e la sviluppa. Poi però ci si sofferma sui supporti e ci si rende conto di quanta esperienza, professionalità e amore per i materiali poveri (il legno su tutti) ci siano nel lavoro di un artista giovane e molto sognatore. Luca spiega processi, racconta del colore che cola sulla carta (“quella pesante dei manifesti perché la carta normale non sopporterebbe né acqua né colla”) e cerca di raccontare le storie che disegna sulla sfondo di una musa che si trasforma di volta in volta, in santa e prostituta, uomo e donna, essere terreno e personaggio sovrannaturale, quasi metafisico. E il sovrannaturale ha il suo peso. Nella produzione artistica di Luca Farina, il trascendente è lì che ti tende la mano per portarti in paesaggi innevati o nella struttura architettonica rigida di un complesso industriale. Il tentativo è quello di far capire che il mondo non si ferma allo sguardo pur attento di un osservatore, ma va oltre, orizzonti compresi. Ci sono anche i telai di legno vecchio, diremmo antico, che nascondono le opere-reliquie che venivano mostrate ai fedeli il tempo necessario per una breve preghiera. Luca Farina li ripropone quasi con lo stesso scopo, anche se a essere mostrata è sempre, e comunque, la sua musa-icona. C'è da segnalare, perché di disponibilità del genere ne vorremmo molte di più, la sensibilità del Salone Sartarelli che ai clienti, dopo una rivisitazione e un ammodernamento del look, offrono un tour nell'arte utile a dare una scossa alla materia grigia che si trova appena sotto chiome fluenti e fresche di shampoo. Ma noi lo sappiamo, l'obiettivo principale più che la mente, è il cuore.
E allora pensiamo: ecco l'arte che va da Maometto. E se all'inizio può sembrare una battuta, poi non lo è più perché mai come in questi tempi bui, l'arte non esaltata dai mercanti ha bisogno di visibilità, non di stampa patinata che la tratti su riviste costosissime e inutili, ma di essere vista, di trovarsela davanti, meritevole di essere capita: apprezzata è un altro discorso. Luca Farina, lo ammette lui stesso, non ha inventato nulla. Parte da una immagine fotografica e la sviluppa. Poi però ci si sofferma sui supporti e ci si rende conto di quanta esperienza, professionalità e amore per i materiali poveri (il legno su tutti) ci siano nel lavoro di un artista giovane e molto sognatore. Luca spiega processi, racconta del colore che cola sulla carta (“quella pesante dei manifesti perché la carta normale non sopporterebbe né acqua né colla”) e cerca di raccontare le storie che disegna sulla sfondo di una musa che si trasforma di volta in volta, in santa e prostituta, uomo e donna, essere terreno e personaggio sovrannaturale, quasi metafisico. E il sovrannaturale ha il suo peso. Nella produzione artistica di Luca Farina, il trascendente è lì che ti tende la mano per portarti in paesaggi innevati o nella struttura architettonica rigida di un complesso industriale. Il tentativo è quello di far capire che il mondo non si ferma allo sguardo pur attento di un osservatore, ma va oltre, orizzonti compresi. Ci sono anche i telai di legno vecchio, diremmo antico, che nascondono le opere-reliquie che venivano mostrate ai fedeli il tempo necessario per una breve preghiera. Luca Farina li ripropone quasi con lo stesso scopo, anche se a essere mostrata è sempre, e comunque, la sua musa-icona. C'è da segnalare, perché di disponibilità del genere ne vorremmo molte di più, la sensibilità del Salone Sartarelli che ai clienti, dopo una rivisitazione e un ammodernamento del look, offrono un tour nell'arte utile a dare una scossa alla materia grigia che si trova appena sotto chiome fluenti e fresche di shampoo. Ma noi lo sappiamo, l'obiettivo principale più che la mente, è il cuore.
Massimo Consorti
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