Gli
amici di Note di Colore ci invitano a “pizzica” e noi andiamo.
Diciamolo, lo scopo di questa serata allo chalet "La Bussola", era
soprattutto quello di capire il motivo per il quale il maggior
esperto mondiale di pizzica, Massimo Bray, è diventato ministro
della cultura del governo Letta. Poi però, non solo è cambiato
l'obiettivo, ma il ministro Bray ce lo siamo proprio dimenticato.
Merito del gruppo danzante (Core meu), merito della compagnia di
amici e dei ricordi salentini di PiGi, ma la musica e soprattutto la
danza, a un certo punto hanno iniziato a farci uno strano effetto,
quasi una liberazione. Accelerata nel ritmo, la pizzica si
trasformava tanto tempo fa in taranta, e assumeva le connotazioni
classiche del rito etnocoreutico con il quale le tarantolate (chissà
perché erano solo donne), si liberavano dal veleno del morso del
ragno. La dea Arakne (e la sua storia nella mitologia greca), con
tutto ciò c'entra parecchio. A parte l'incazzatura di Pallade perché
la fanciulla aveva tessuto un drappo più bello del suo e quindi, per
ripicca tutta declinata al femminile, l'aveva trasformata in ragno,
l'impressione che si ha nel vedere muovere i passi del ballo è
proprio quella di un ragno che saltella arrampicandosi sulla sua
stessa tela. Il drappo tessuto da Arakne oggi è diventato un
fazzoletto con il quale le ballerine catturano e avvicinano a sé il
prescelto, oltre che un oggetto coreografico di indubbia grazia e
gentilezza. Il ritmo è sempre lo stesso... dum, dum, dum-dum-dum,
cambia l'armonia e cambiano gli strumenti solisti (ciaramella,
violino, fisarmonica, chitarra, cupa cupa) ma l'effetto d'insieme è
straordinario. Le canzoni narrano storie e i ballerini hanno il
compito di interpretare i personaggi più diversi: la principessa, il
principe, la ruffiana, l'innamorata, la pettegola e perfino la morte,
la fortuna e la speranza. La pizzica è un sano tourbillon di piedi,
di gambe e di gonne al vento. In alcuni momenti c'è perfino una dose
di sensualità che la frenesia dei movimenti tende a nascondere ma,
soprattutto nelle ballerine più tecnicamente dotate, esce fuori
anche da un passo, un sorriso, uno sguardo. Fino a questa sera di
pizzica non capivamo una maz... nulla. In mente avevamo
l'internazionale tarantella e il più locale saltarello. Oddio,
documentari, cinema e qualche servizio televisivo ce l'aveva fatta
conoscere, ma osservarla dal vivo e soprattutto spogliandosi di
qualche pre-giudizio (e di parecchia puzza sotto il naso), la serata
è stata davvero godibile e lo sforzo del pubblico presente di
tuffarsi nel mondo del ballo di san Vito, meritevole di maggiori
fortune. Poco lontano, e lungo la strada del ritorno, tanto dum dum
dum ma senza il dum-dum-dum. È proprio vero, noi con la dance
c'entriamo come il maestro Allevi con la musica: praticamente nulla.
Massimo Consorti
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