Il
silenzio può avere una musicalità? Esiste una colonna sonora che
preveda l’assenza di onde fatte di note e tonalità? Senza dubbio è
la contemporaneità che ha bisogno di un supporto sonoro per il
silenzio e quindi la risposta sembrerebbe scontata ma in realtà non
lo è, perché il silenzio può avere una musica attribuibile da ogni
essere umano in base allo stato d’animo vissuto. Da questo concetto
iniziale il Padiglione del Canada alla 55. Biennale di Venezia, in
questi ultimi giorni a disposizione, si traveste con un allestimento
site specific ideato e prodotto dall’artista dell’Ontario, classe
1972, Shary Boyle dal titolo “Music for Silence”.
Un’installazione,
come afferma l’artista, pensata “a quel senso di emozione che ci
concediamo quando una canzone ci commuove. Per me, l’arte deve
essere usufruita come la musica: con fiducia nella nostra percezione
e l’intelligenza della sensibilità. Ciascun oggetto è una nota;
la costruzione di un arco e la sua ripetizione; un suggerimento di
cicli e ritmo”. Dunque interpretazioni personali per assonanze e
dissonanze ritmiche per note musicali non presenti. L’universo di
Boyle è fatto di bellezza e di orrore, ma anche di rifugio. Il
visitatore entra in un mondo frizzante ma di silente oscurità. I
muri sono ripiegati di nero come il soffitto, mentre il pavimento ha
una tessitura di glitter. Una scultura di porcellana di una donna che
sostiene la terra da il benvenuto a chi entra. Un percorso oscuro
conduce a diverse piccole installazioni fino ad arrivare al doppio
gioco di una scultura che, dalla ipotetica bellezza, rimanda a un
puzzle d’immagini dalle indefinite interpretazioni. Un padiglione
onesto nella sua ideazione che indica una possibile via espositiva
colta anche da altre nazioni: offrire a un solo artista
l’allestimento dell’intero spazio affinché si liberi il pensiero
creativo che in una collettiva, anche dagli spazi accoglienti, si
ridurrebbe. Una via interessante perché spesso gli equilibri
artistici o politici hanno la logica della distribuzione al fine di
“accontentare tutti”.
Alain
Chivilò
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