Il
Padiglione della Spagna quest’anno ha dato la possibilità ai
cronisti di sbizzarrirsi con immagini e testi d’effetto sui cumuli
di rovine esposte all’interno dell’edificio degli anni venti ai
Giardini. L’ideatore di tali installazioni è Lara
Almarcegui (Saragozza 1972) che ha costituito
cumuli di diversi materiali edilizi, corrispondenti per tipologia e
misura agli stessi che furono impiegati per erigere l’edificio
stesso ospitante. Una grande montagna, costituita da detriti di
cemento, tegole e mattoni trasformati in ghiaia occupa la sala
centrale, rendendo virtualmente impossibile l’accesso diretto a
questo spazio. Altre montagne più piccole, fatte ciascuna di un solo
materiale (segatura, vetro e una miscela di scorie e cenere
d’acciaio), sono poste nelle sale perimetrali, dove il pubblico può
circolare attorno al cumulo principale. Come indica l’artista: “i
materiali
provengono da resti di demolizioni che, dopo essere stati sottoposti
a un processo di riciclaggio, sono stati trasformati in ghiaia
attraverso il sistema di trattamento dei materiali attualmente
utilizzato a Venezia”.
La
chiave di lettura per capire Almarcegui
consiste nell’esplorazione del confine tra rigenerazione e
decadimento urbano, realizzando progetti espositivi che rendono
visibile ciò che sfugge alla nostra attenzione e consapevolezza.
Dalla metà degli anni ‘90, l’artista ha esplorato e studiato gli
spazi transizionali in cui ordine urbano e naturale s’incontrano. I
processi della pianificazione urbana e della trasformazione delle
periferie incolte delle città determinati da interessi e cambiamenti
economici, sociali o politici. Al contempo, attraverso demolizioni,
scavi o esposizioni ha analizzato luoghi storici, caratteristiche
urbane e architettoniche che spesso si osservano con sufficienza.
Siamo
di fronte dunque a una società, del giorno d’oggi, da ricostruire
che necessita una ricomposizione, ma il trend sembra porsi
sull’impossibilità di avere una forza rigeneratrice e ricreatrice.
Alain Chivilò
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