“Ma
ora che [gli uomini] sono tutti spariti, la terra non sente che le
manchi nulla, e i fiumi non sono stanchi di correre, e il mare,
ancorché non abbia più da servire alla navigazione e al traffico,
non si vede che si rasciughi… E le stelle e i pianeti non mancano
di nascere e di tramontare, e non hanno preso le gramaglie…”
[Giacomo
Leopardi - Dialogo di un folletto e di uno gnomo]
Si
narra che un Filippino, il quale era corso per la maggior parte del
mondo e soggiornato in diversissime terre, passando in un luogo non
mai prima penetrato da alcuno, vide da lontano un busto grandissimo,
e, fattosi più vicino trovò che era una forma smisurata d'uomo,
seduto in terra col busto ritto, e non finto ma vivo, di volto mezzo
tra bello e terribile. Fattosi più vicino, parve al Filippino che il
busto smisurato lo guardasse fissamente e poi, messa fuori gran voce,
così gli parlasse:
HAIYAN
“Chi sei? Che cerchi in questi luoghi dove la tua specie era
incognita?”
FILIPPINO
“Sono un povero Filippino, che vo fuggendo la Natura, e la fuggo
adesso in questa parte della terra”.
HAIYAN
“Così fugge lo scoiattolo dal serpente a sonaglio, finchè gli
cade in gola: io sono il tifone Haiyan, e ben potevi pensare che io
frequentassi specialmente queste parti”.
FILIPPINO
“Me ne dispiace fin nell’anima, e tengo per fermo che maggior
disavventura di questa non mi potesse sopraggiungere”
HAIYAN
“Ma dimmi, che era che ti moveva a fuggir la Natura? ”
FILIPPINO
“Tu dei sapere che fin dalla prima gioventù io fui persuaso della
stoltezza degli uomini, i quali tanto più s’allontanano dalla
felicità quanto più la cercano. Per questo dalla molestia degli
uomini mi liberai facilmente e deliberai di vivere una vita oscura e
tranquilla riducendomi in solitudine, cosa che nell’isola mia
nativa si può recare ad effetto senza difficoltà. Fatto questo, non
mi fu però dato di vivere senza patimento, né conservare quella
tranquillità della vita alla quale principalmente erano rivolti i
miei pensieri: perché le tempeste spaventevoli di mare e di terra,
il sospetto degli incendi, non smettevano mai di turbarmi. Così mi
posi a cangiar luoghi e climi, per veder se in alcuna parte della
terra io potessi, pur non godendo, almeno non patire. Quasi tutto il
mondo ho cercato, e fatto esperienza di quasi tutti i paesi: ma sono
stato arso dal caldo fra i tropici, rappreso dal freddo verso i poli,
afflitto nei climi temperati dall’incostanza dell’aria, infestato
dalle perturbazioni degli elementi in ogni dove. In altri luoghi
sperimentai la frequenza dei terremoti, la furia dei vulcani, il
ribollimento sotterraneo di tutto il paese. Mi risolsi così a
concludere che la natura è nemica scoperta degli uomini, e che essa
ora ci insidia ora ci assalta ora ci punge ora ci percuote ora ci
lacera e sempre ci offende e ci perseguita, e che lei non lascia mai
d’incalzarci finchè c’opprime.”
HAIYAN
“Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora
sappi che nelle forme, negli ordini e nelle operazioni sue la Natura
sempre ha intenzione a tutt’altro che alla felicità degli uomini o
all’infelicità. Quando la Natura vi offende in qualunque modo e
con qual si sia mezzo, essa non se n’avvede. Come, ordinariamente,
se essa vi diletta o vi beneficia, essa non lo sa. E non ha fatto,
come credete voi, quelle tali cose o quelle tali azioni, per
dilettarvi o giovarvi. E infine, se anche le avvenisse di estinguere
tutta la vostra specie, essa non se n’avvedrebbe.”
FILIPPINO
“Tutto codesto è verissimo. So bene che la Natura non ha fatto il
mondo in servigio degli uomini. E ben avrei caro sapere quel che gli
uomini penserebbero vedendo che le altre cose, anche una volta che
sia dileguato il genere umano, ancora durano e procedono come prima,
dove essi credevano che tutto il mondo fosse fatto e mantenuto per
loro soli”.
Mentre
stavano in questi e simili ragionamenti è fama che un fierissimo
vento abbattè a terra il Filippino e sopra gli edificò un
superbissimo mausoleo di sabbia: sotto il quale colui, disseccato
perfettamente e divenuto una bella mummia, fu poi ritrovato da certi
viaggiatori e collocato nel museo di non so quale città d’Europa.
Sara
Di Giuseppe
Libero
saccheggio da: G. Leopardi, Operette Morali, “Dialogo della Natura
e di un Filippino”. 21/31 maggio 1824
Nessun commento:
Posta un commento