Viviamo di luoghi comuni. Ci
riesce di una facilità estrema perché un luogo comune evita di
contestualizzare e di teorizzare. Sta lì, come un dogma scolpito nel
cuore vivo del marmo. Quando con il gruppo di uttiani (tanto stanco
di luoghi comuni da averli banditi perfino negli auguri di buone
feste), siamo arrivati a Colonnella per una visita "privata" alla
mostra “Sovversi”, conoscendo una parte degli artisti espositori
e i due scrittori (Daniele De Angelis e Alessandra Morelli) che ne hanno scritto le note a commento, sapevamo
esattamente cosa ci saremmo trovati di fronte: opere di giovani
artisti che, sapendo di essere artisti e non solo giovani, ci hanno
fatalmente emozionato al di là di ogni connotazione teorica.
Lorenzo Aceto, Paola Angelini, Lorenzo Bartolucci, Hernan Chavar, Luca De Angelis, Luca Farina e Giorgio Pignotti, a un certo punto del loro percorso artistico si sono incontrati ma soprattutto scelti. Andando contro i luoghi comuni (visto che ritornano!) secondo i quali le mostre si organizzano con fior di galleristi alle spalle e uno stuolo di critici pronti a recensire senza neppure vedere (guardare in alcuni casi è veramente troppo), loro hanno scelto la strada del confronto diretto con il pubblico delle mostre, senza intercapedini culturali né megafoni pronti a vendere 2x3 confezioni di candeggina. Lo sgarrupato Palazzo Pardi, al quale hanno restaurato, secondo una consuetudine tutta italiana, solo la facciata e non l'interno, si è rivelato contrariamente a tutte le aspettative, una location formidabile per una mostra che andava non solo guardata ma vissuta, non capita né interpretata, solo percorsa. Parecchio artisti freak, intesi come “anarchici” dell'approccio estetico/artistico e non come movimento di “capricci e ghiribizzi”, i sette artisti sette di “Sovversi” si sono riuniti in un “collettivo” che riproporrà (e si riproporrà) in altre parti e in altre location, la loro idea di arte niente affatto sovversiva se non nella rottura degli schemi che imbarbariscono oggi, un fallimentare mercato italiano dell'arte.
Lorenzo Aceto, Paola Angelini, Lorenzo Bartolucci, Hernan Chavar, Luca De Angelis, Luca Farina e Giorgio Pignotti, a un certo punto del loro percorso artistico si sono incontrati ma soprattutto scelti. Andando contro i luoghi comuni (visto che ritornano!) secondo i quali le mostre si organizzano con fior di galleristi alle spalle e uno stuolo di critici pronti a recensire senza neppure vedere (guardare in alcuni casi è veramente troppo), loro hanno scelto la strada del confronto diretto con il pubblico delle mostre, senza intercapedini culturali né megafoni pronti a vendere 2x3 confezioni di candeggina. Lo sgarrupato Palazzo Pardi, al quale hanno restaurato, secondo una consuetudine tutta italiana, solo la facciata e non l'interno, si è rivelato contrariamente a tutte le aspettative, una location formidabile per una mostra che andava non solo guardata ma vissuta, non capita né interpretata, solo percorsa. Parecchio artisti freak, intesi come “anarchici” dell'approccio estetico/artistico e non come movimento di “capricci e ghiribizzi”, i sette artisti sette di “Sovversi” si sono riuniti in un “collettivo” che riproporrà (e si riproporrà) in altre parti e in altre location, la loro idea di arte niente affatto sovversiva se non nella rottura degli schemi che imbarbariscono oggi, un fallimentare mercato italiano dell'arte.
Freschi, originali, innovativi,
privi di ogni sovrastruttura falso-sociologica, i “7” non si
lasciano infatti solo guardare e interpretare attraverso personali
chiavi di lettura, ma accompagnano i visitatori in una sorta di
piccolo vademecum dell'arte contemporanea, tanti e diversi sono gli
stili esposti, così come tante e diverse sono le loro personalità.
Però, anche a fronte di “messaggi” assolutamente eterogenei, il
fatto che sette giovani artisti per niente sconosciuti in Italia e
qualcuno anche all'estero, nonché vincitori di importanti premi
nazionali si siano scelti e abbiano dato vita a un collettivo sulla
scia dei pensatoi degli anni '70 colpisce, intriga ed emoziona
perfino un po'. E lasciateci terminare con una botta di orgoglio
uttiano. Quattro di loro, fra artisti e notisti, hanno collaborato e
collaborano con la nostra rivista. Altri ne vorremmo inserire e
seguire, segno inequivocabile che UT sa scegliere ma anche, e
soprattutto, condividere.
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