Ovvio allora che (a noi api) la musica arrivi già ben fusa: il vento
complesso
degli archi di un’orchestra sinfonica dai freschi supplementari
colori di jazz; la melodiosa timbrica di una voce piena di passione e
calda di Brasile, dalla tecnica ineccepibile; l’inconfondibile
sapiente tromba solista dalla bianca criniera, attenta ad arricchire
ogni variazione di “clima musicale” dell’eccezionale ensemble.
Puro miele. Vento
Bravo
puoi
capirlo e goderlo solo ascoltandolo così, in modo “atmosferico”.
Non è solo
elegante
bossanova, o tumulto giocoso di carnevale, o incomprensibile
spensieratezza di Sud-America. E’ un vento speciale che forse non
esiste, costruito con il meglio dei venti; che non ha una direzione
fissa (anche se spira spesso da Nord Est…), che non è mai
prevedibile, che non sai quanto durerà. E ci hanno convinto, noi
api, anche quei tre ragazzi-jazz, arditamente mescolati in una
prestigiosa orchestra certo più “anziana” di loro: trio
nascosto, mimetizzato (salvo il ganzo berretto bianco irlandese di
Enrico Morello) ma sempre presente… in ogni folata di vento. Spesso
si son presi con garbo la scena: e l’orchestra col suo direttore,
la Casini, e il Rava (!) a guardarli e ascoltarli ammirati. Oggi, a
chiusura di questo formidabile ciclo di concerti-tam,
abbiamo attraversato un’impagabile epoca musicale, inspiegabilmente
poco celebrata da queste parti, e ne abbiamo rivissuto la poesia (ah,
la struggente Beatriz
del
grande Edu Lobo!). Ma non è stato come riesumare i dischi di Juan
Carlos Jobim, Chico Barque de Hollanda, Gilberto Gil, Caetano Veloso,
Vinicius de Moraes…: con i pensosi arrangiamenti - anzi, le
invenzioni - di Paolo Silvestri, quelle composizioni ci sono sembrate
proprio creature vive che attraversino un vento magico.
Mescolato
in platea tra le amiche api
bossanoviste,
anche il “nostro” Daniele Di Bonaventura - famoso più come
inarrivabile bandoneista che come biker d’avventura, eh eh - avrà
pensato che un Vento
Bravo così
corroborante non lo impatti tanto facilmente…
PGC
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