Caro
Lito scusaci, se ti abbiamo accolto “alla
nostra maniera”:
col rumore e la disorganizzazione.
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Non ci voleva tanto (ma ai nostri amministratori-in-festa
evidentemente sì) per capire che un concerto di un’orchestra
di ottoni di questo livello non andava allestito alla Rotonda
Giorgini, il posto più rumoroso e più acusticamente infelice della
città ma, caso mai, in Piazza Matteotti.
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Non ci voleva tanto per capire che nella sera di un caldo sabato di
giugno il chiasso e il vociare degli adiacenti 3 (o 4, o 5?)
caffè-restaurant all’aperto sarebbero stati insopportabilmente
molesti.
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Non ci voleva tanto per capire che lo zampillo della fontana andava
azzerato e non semplicemente ridotto.
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Non ci voleva tanto per capire che altri potenti rumori di fondo
sarebbero giunti dal parco-giochi sotto la pineta, dal fiume di auto
in transito e in cerca di parcheggio, dai nuguli di scooter e di
Hearly Davidson in parata, dal mercatino sotto il faro…
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Non ci voleva tanto per capire che ogni attività turistica lì
intorno alza alla follia il suo TUN-TUN per imbarbarire il popolo già
imbarbarito.
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Non ci voleva tanto per sapere che lì il terribile trenino per
bambini passa sempre ad orario. Infatti ogni 4 minuti sfiorava le
sedie.
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Non ci voleva tanto per sapere che lì d’estate non mancano altri
optional: artisti di strada, chitarristi e fisarmonicisti (pure
bravi), mimi, venditori di rose-occhiali-borse-copritelefonini,
mangiatori di fuoco, lancia ombrellini luminosi con paracadute
incorporato…
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Non ci voleva tanto per constatare che i nostri vigili quando
servono non ci sono mai. Durante la partita dell’Italia, lungo
il Corso deserto ce n’erano sette. Ieri sera nessuno
visibile. Ne sarebbero bastati due: uno per invitare il
trenino-delle-oche dei bambini a fare un giro diverso, un altro che
facesse abbassare il TUN-TUN dei locali intorno.
Certo
non sarebbe bastato. L’acustica della “Rotonda” è assurda. Per
la musica è il luogo più sbagliato. Troppo “aperto”. Per un
concerto occorrono le quinte, anche se fatte banalmente di orribili
case e palazzi come in Piazza Matteotti. Servirebbe anche un impianto
di amplificazione serio, di potenza giusta e ben equalizzato. Che è
mancato del tutto, se non – a sprazzi – per rendere sgradevoli
gli spiker.
Ma
soprattutto: per la musica (seria) occorre il silenzio. La musica
PARLA con il silenzio. “Il silenzio che precede o segue un suono è
fondamentale per capire da dove viene, quale cellula ha generato
quella musica”. Gli ottoni, che vanno ad aria e basta, si nutrono
di silenzio. Anzi, il silenzio è la loro materia prima. E le persone
che ascoltano devono “farlo”, il silenzio.
Invece
noi italioti, quando va bene, adoriamo la musica-da-sottofondo
(magari ad altissimo volume), quella che ci consente di
continuare a fare i nostri comodi senza venirne disturbati. E non
abbiamo la cultura dell’ascolto perché non abbiamo la cultura del
silenzio. Tutto il resto è conseguente. Tu lo sai bene, Lito,
che hai avuto il coraggio di vivere in una nazione civile (oltre che
musicalmente attrezzata). Quindi scusaci. Anche con i tuoi eccellenti
amici musicisti austriaci, che purtroppo abbiamo accolto “alla
nostra maniera”. Quella sbagliata. È Sammenedette,
bellezza!
Pier Giorgio Camaioni
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