L’evento, che avrà
luogo venerdì 13 alle 18,30, trova posto nella serie di iniziative
culturali promosse da “Marche Centro d’Arte”. Introduce la
giornalista e critico d’arte Nikla Cingolani.
E’ un incontro, quello
con la Galleria Marconi, che è cresciuto nel tempo, dai giorni
lontani in cui Franco Marconi, amico carissimo, aprì il suo spazio
espositivo, fertile luogo d’Amicizia. Vi si trovava sempre
qualcuno, e l’arte nasceva dalla semplicità delle nostre presenze.
Dico l’arte con l’A maiuscola, quella che non è snob ma nasce
dagli incontri, dalla prossimità, dalle canzoni che ognuno ospita
dentro di sé. Oggi quello spazio non ha mutato nulla della sua
accoglienza, anche se i tempi sono diventati più difficili per
tutti. E’ stato Franco a chiedermi se volevo presentare il mio
libro, non io a lui. Questa contiguità è quella che matura l’arte,
intesa come modo di rispondere alla vita, di ricreare la vita e oggi,
in questo tessuto liso della comune storia è nostro dovere portare
la sarcitura, così che la veste del mondo conosca la nostra mano, il
nostro tatto, una carezza.
E ringrazio UT, altra
ineffabile realtà artistica che mi fa vivere, di ospitare oggi
queste considerazioni, come un tramite prezioso, offerto dal
carissimo Massimo Consorti direttore di questa amabile proposta
culturale che è la nostra luminescente rivista.
Insisto nel fare poesia
perché questa è la mia voce, il mio modo di credere a una salvezza.
E’ la barca che mi porta tra i soffi del vento, lontano dalle
scogliere. E’ la mia vita, è un talento amoroso. Ed anche un modo
di accogliere la presenza altrui, di chiamarla da lontano, o da
vicino, nel mio tempo , nel tempo nostro che si segna a fuoco, ci
rimescola, ci strattona. E’ la mia parola nel discorso di tutti, a
una mensa dove immagino tutti gli amici, i passanti , i futuri
destinatari di pagine scritte, anche solo nel vento.
Veniamo qui per
confonderci col vento
ascoltare questo sciabordio perpetuo
e le
ombre che s’allungano nel sole
segnano il tempo di tornare
via.
Invece resto in questo essere tardi
di cui mi parlano
briciole di senso
vicino a corpi che s’arrendono
alle
propaggini estreme della luce.
Enrica Loggi
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