Diretta
da Giovanni
Spagnoletti,
a distanza di 50
edizioni,
la Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro ha
mantenuto la sua identità di manifestazione votata alla scoperta, di
piattaforma da cui giovani registi e nuovi linguaggi prendono lo
slancio verso il grande pubblico. Di festival in cui si può
rinunciare ai lustrini e ai tappeti rossi ma non alla ricerca, alla
cultura, alla curiosità e alla sperimentazione. E, nonostante la
mezza età, la Mostra non ha perso la freschezza di festival giovane
che propone uno sguardo inedito – “nuovo”, come vuole il suo
nome – sui film nazionali e internazionali, e che invita lo
spettatore a un viaggio nel cinema di oggi, per (pre) vedere quello
di domani. Di seguito il direttore artistico Giovanni Spagnoletti
introduce l’edizione 2014:
“Per onorare
questo impegnativo traguardo la Mostra del Nuovo Cinema ha articolato
il suo programma in tre sezioni principali. “Il mouse e la matita”
vuole mappare in tutte le sue forme l’ormai vivacissimo panorama
dell’animazione italiana, soprattutto sul versante sperimentale ma
non dimenticando quello meno di nicchia – un panorama, che,
nell’ultimo decennio, con il definitivo avvento del digitale, ha
trovato nuove forme di espressione e diffusione. Gli Stati Uniti sono
invece i protagonisti di un ricco focus che porta in maniera organica
in Italia il cinema più nuovo, sperimentale e indipendente
d’Oltreoceano dall’inizio del nuovo millennio a oggi. Infine
un’ampia parte della programmazione è dedicata alle celebrazioni
per le cinquanta edizioni del Festival.
L’animazione
nostrana costituisce un universo in genere poco conosciuto dal
pubblico e dalla critica, se non nelle sue forme di massimo successo
come, ad esempio, la factory “Rainbow” creata a Loreto da
Iginio Straffi con il fenomeno planetario delle Winx. Si tratta di un
settore audiovisivo in cui la scuola marchigiana mostra un fermento
d’idee, capacità tecniche e spirito imprenditoriale che non hanno
eguali in Italia. Quale miglior modo – ci siamo detti – per
celebrare una grande eccellenza delle Marche proprio in un’occasione
di un anniversario tanto importante per la nostra manifestazione e
per la Scuola del Libro di Urbino, fucina della scuola marchigiana,
che invece compie sessant’anni di attività? Proprio lì si sono
infatti formati autori come Roberto Catani, Mara Cerri, Julia
Gromskaya, Magda Guidi, Simone Massi, Beatrice Pucci o Gianluigi
Toccafondo. Comunque la selezione proposta che è accompagnata da una
tavola rotonda e da un libro edito da Marsilio dal titolo appunto,
“Il mouse e la matita”, non vuole restare confinata all’ambito
locale ma si prefigge di far luce su tutta la gamma dell’animazione
italiana, nota e meno nota, che ha dimostrato una visione innovativa
e una capacità di produrre nuovo cinema.
Il
tutto con più di cento lavori in totale, tra lunghi, corti, video
musicali e titoli di testa da film, da lungometraggi d’animazione
come Pinocchio di Enzo D’Alò, L’arte della felicità
di Alessandro Rak, Robin Hood di Mario Addis e Johan
Padan a la descoverta de le Americhe di Giulio Cingoli sino a
vari focus sul mondo poetico di Basmati, Leonardo Carrano, Julia
Gromskaya, Magda Guidi, Igor Imhoff, Simone Massi, Cristina Diana
Seresini, Gianluigi Toccafondo e Virgilio Villoresi. In
quest’approssimazione a una quasi Storia dell’animazione italiana
contemporanea non si può dimenticare il ruolo del Piemonte e del
Corso di animazione del CSC di Torino che oltre ad una selezione dei
lavori lì prodotti da nuovi talenti porta a Pesaro in collaborazione
con la Cineteca Italiana di Milano e l’Istituto Luce
un’interessante e inedita retrospettiva “Cartoon e moschetto –
le animazioni di regime di Liberio Pensuti”. Numerose poi saranno
le anteprime assolute di nuovi lavori al Festival, tra le quali si
segnalano Zero di Igor Imhoff, Festina lente di Alberto
D’Amico, Pene e crudité di Mario Addis, Commonevo e
Flussi di Basmati, L’esploratore di Fabio M. Iaquone,
Jazz for a massacre di Leonardo Carrano, un nuovo episodio di
Gino il Pollo di Andrea Zingoni e Latitude di Claudia
Muratori.
Notoriamente gli USA
sono stati, dagli anni ’60, una delle più importanti fucine del
cinema indipendente e sperimentale. Curato dalla Mostra insieme al
critico Jon Gartenberg, “Panorama Usa: il cinema
sperimental-narrativo nel nuovo millennio” si prefigge di
documentare uno dei lati meno conosciuti della principale
cinematografia mondiale nell’era del post 11 settembre. Non si
tratta più, come una volta, di un cinema di ricerca underground,
ma la medesima spinta innovativa è declinata oggi con una grammatica
che utilizza elementi più decisamente narrativi. Stilisticamente le
opere proposte sono molto eterogenee: si va dal found footage alla
sperimentazione nella fiction, spesso in forme ibride che si
collocano nei territori di confine tra finzione e documentario, senza
dimenticare il campo del disegno animato. Paradigmatico da questo
punto di vista è, oltre all’animazione gotica di Consuming
Spirits, realizzata dopo quindici anni di lavoro da Chris
Sullivan, il lavoro del filmmaker italoamericano John Canemaker (John
Cannizzaro Jr.), premio Oscar nel 2006 con il corto di animazione The
Moon And The Son, toccante ritratto autobiografico sulla
problematica relazione tra il regista e il padre di origine italiana,
con le voci di John Turturro ed Eli Wallach. Il regista, insieme a un
nutrito gruppo di altri filmmaker americani, sarà al festival per
presentare il film e tenere una master class sull’animazione
che così va a completare, in una sinergia tra le varie sezione, il
discorso fatto su quella di casa nostra.
La
retrospettiva sul cinema sperimentale-narrativo americano - una
rigorosa selezione di oltre trenta opere, lunghe e corte – si
prefigge di fornire un’ampia visione su un panorama culturale e
socio-politico in costante fermento, toccando temi particolari e
universali, ad esempio, per citarne solo alcuni, la nascita del
“Delta Blues” in The Great Flood di Bill Morrison, i
ritratti dei grandi fotografi afroamericani in Through A Lens
Darkly di Thomas Allen Harris o l’emergere delle periferie
americane nel trittico The Suburban Trilogy di Abigail Child.
E ancora: riflessioni filmiche su New York e sulla storia americana
(il grande veterano Jonas Mekas in This Side of Paradise e la
più giovane Penny Lane in Our Nixon rispettivamente su
Kennedy e Richard Nixon) o ancora il problema dell’identità post
9/11 come in The Time We Killed di Jennifer Reeves, oppure la
crisi dell’istituzione familiare in Pretend di Julie Talen e
quella dei rapporti familiari nell’opera prima di un promettente
figlio d’arte, Azazel Jacobs, in Momma’s Man. James
Franco, una delle figure leader dell’odierna Hollywood, ha
realizzato insieme a Ian Olds un originale lavoro, Francophrenia,
nel quale il backstage di una performance dell’affermato
autore-attore in una soap opera diventa thriller ansiogeno
sull’esplorazione della propria identità. E qui per ragioni di
spazio ci dobbiamo fermare, dimenticando tanti altri importanti
autori o affermati maestri: da Ken Jacobs e James Benning a Marie
Losier e Barbara Hammer, da Jay Rosenblatt e John Gianvito a James
Wentzy sino a un programma di “Indies” che hanno girato qui nel
nostro paese come Ken Kobland sulle Cinque Terre (Ideas Of Order
in Cinque Terre), Josh Gibson sulla Toscana (Light Plate)
oppure Rhinoceros di Kevin Jerome Everson sulla emblematica
figura di Alessandro de Medici.
Il
Concorso-Premio Lino Micciché propone, come di consueto, al giudizio
della Giuria professionale e a quella di giovani studenti, film
provenienti dai punti caldi della produzione cinematografica
mondiale. Tra i titoli selezionati, troviamo l’indiano Liar’s
Dice di Geethu Mohandas, il cileno Raiz di Matías Rojas
Valencia, il colombiano Tierra en la lengua di Rubén Mendoza,
il franco-americano Swim Little Fish Swim di Lola Bessis e
Ruben Amar (che apre le proiezioni in Piazza), l’estone Free
Range di Veiko Õunpuu, il curdo The Fall from Heaven di
Ferit Karahan e I resti di Bisanzio di Carlo Michele
Schirinzi, già frequentatore in passato della Mostra. Tra gli eventi
speciali in Piazza ricordiamo il film collettivo I ponti di
Sarajevo in cui hanno lavorato molti registi passati al nostro
Festival che, dopo l’anteprima a Cannes, sarà proiettato nella
notte tra il 27 e il 28 giugno in concomitanza con la presentazione a
Sarajevo e a distanza di cento anni esatti dall’attentato nella
città bosniaca che ha dato inizio alla Prima guerra mondiale.
L’Italia è rappresentata dagli episodi di due registi napoletani:
Leonardo Di Costanzo e Vincenzo Marra.
Curato
da Adriano Aprà, Bruno Torri e Vito Zagarrio, il 28° Evento
Speciale è incentrato sulla riflessione e sulla celebrazione delle
50 edizioni della Mostra. Tre le principali linee programmatiche
dell’Evento: una retrospettiva, una tavola rotonda, e un omaggio a
Lino Micciché che, insieme a Bruno Torri, ha fondato il Festival nel
1965, diventandone poi il direttore per 24 anni.
La
retrospettiva si compone di quindici titoli in edizione originale,
scelti tra le opere più importanti presentate durante le prime dieci
edizioni della Mostra pesarese. Alcuni titoli: Diamanti nella
notte (Jan Nemec, 1965), Rysopis (Jerzy Skolimowsky,
1965), L’uomo non è un uccello (Dusan Makavejev, 1966),
Made in USA (Jean-Luc Godard, 1967), Memorias del
subdesarrollo (Tomas Gutierrez Alea, 1968), Satellite (Mario
Schifano, 1968), Tropici (Gianni Amico, 1968), Notte e
nebbia del Giappone (Nagisa Oshima, 1960), C’era una volta
un merlo canterino (Otar Iosseliani, 1970, che verrà di persona
a presentare il suo film) e El espiritu de la colmena (Victor
Erice, 1973). Nella tavola rotonda (a cura di Bruno Torri) si
confronteranno figure storiche della Mostra e i nostri ospiti per
fare il punto sull’idea di nuovo cinema tra passato, presente e
futuro. Infine l’Omaggio a Lino Micciché si articola nella
proiezione di cinque documentari da lui realizzati e una scelta delle
sue apparizioni televisive più significative (in collaborazione con
Rai Teche); sarà inoltre proposto il recente documentario di
Francesco Micciché (curatore dell’omaggio): Lino Micciché, mio
padre. Una visione del mondo.
E
poi tanto altro ancora che il nostro spettatore scoprirà spigolando
nel cartellone della manifestazione, per esempio cinque sono gli
sguardi femminili dalla Russia tra fiction e documentario (Oksana
Bychkova, Natalja Meschaninova, Natasha Merkulova, Elena
Pogrebizhskaja) completato da un omaggio alla compianta Larisa
Shepit’ko, una autrice molto amata dalla Mostra, con la proiezione
dell’ultimo film da lei realizzato prima della prematura scomparsa
nel 1979, L’ascesa (1977). Oppure il programma per i
cinefili nottambuli che si danno appuntamento a Palazzo Gradari a
mezzanotte con cinque serate curate da Antonio Pezzuto, tra cui
quelle ormai tradizionali dedicate al LEMS (Laboratorio Elettronico
per la Musica Sperimentale) e ai video internazionali del Festival
francese “Signes de Nuit”.
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