È
che il Mirabassi lo chiamano “il
Cobra”
-
come dice Valerio Corzani, per via di quegli avviluppanti guizzi
mentre suona - mentre Taufic è brasiliano. Spiegato il titolo. Mi si
dirà che i cobra-serpenti bazzicano poco il Brasile preferendo
l’Asia e l’Africa. D’accordo, questo infatti è un esemplare
unico (e per niente velenoso, anzi) della specie cobra-musicista,
che ama i sambisti, i tropicalisti, i bossanovisti, Caetano Veloso ed
Elsa Soares, i gemelli Santoro violoncellisti, la musica del mitico
Nord-Est, quelli del giardino botanico di Rio, quei pazzi (del Sud mi
pare) che con le chitarre suonano Bach alla brasiliana…
E di questa fresca “trasformazione” sarebbe responsabile proprio Roberto Taufic, che avendo suonato con tutti i più bravi del Brasile, ha nelle sue 6 corde anche l’insieme delle atmosfere dei “musicisti indipendenti” tra il Corcovado e il Botafogo, delle funamboliche e popolari “orchestre volanti”, delle squillanti BrassBand di strada, oltre che del pop sperimentale carioca e di ogni altra anima delmelting pot di ritmi di sapore amazzonico.
E di questa fresca “trasformazione” sarebbe responsabile proprio Roberto Taufic, che avendo suonato con tutti i più bravi del Brasile, ha nelle sue 6 corde anche l’insieme delle atmosfere dei “musicisti indipendenti” tra il Corcovado e il Botafogo, delle funamboliche e popolari “orchestre volanti”, delle squillanti BrassBand di strada, oltre che del pop sperimentale carioca e di ogni altra anima delmelting pot di ritmi di sapore amazzonico.
È
stato, in scioltezza e disinvoltura professionali, un colorato
cocktail-concert di musiche di continenti diversi, dalle componenti
magiche sempre ben distinte, come in sospensione, sul palcoscenico di
questo affettuoso “Teatro del Pavone”, ma guarda che nome a tono!
Roba
da Brasil, ma non solo. Sempre con eleganza e afflati di jazz, cui
Gabriele Mirabassi ci ha abituato da tempo. Qui nella sua Perugia
poi, accompagnandosi anche con quelle tipiche (del cobra) acrobazie
morbide e senza angoli, ci è parso ispirato e felice come non mai.
Tanto che abbiamo immaginato che da dietro le quinte spuntasse
d’improvviso l’altro suo corregionale Luciano Biondini con la
fisarmonica Victoria a bottoni. Che trio. Ricordando il loro vecchio
Cd “Fuori le mura” (2003) penso a come avrebbero suonato, in
tre,“Modinha
Brasileira”,
“Gorizia”,
“Um
a zero”…
Nel primo, Gabriele si sarebbe messo di bolina, strambando ogni
tanto, nel secondo avrebbe fatto riposare il cobra che è in lui, nel
terzo si sarebbe arrampicato sui palchi. Nessuno sarebbe scappato.
Taufic avrebbe forse rotto qualche corda, sorridente, senza batter
ciglio.
Ma
questo rapido concerto fuori orario (che belle, le programmazioni in
diretta-radio, senza ritardi, senza indugi, quella leggera ansia in
controtempo…) ci è piaciuto anche per le “parole”. Di solito
gli artisti, i pittori, i musicisti, nelle “interviste” sono un
disastro. Quasi come i calciatori i ciclisti i piloti e i tennisti.
Questi due no. Sarà anche stata la naturale bravura di Corzani, ma
abbiamo goduto di una conversazione sciolta e brillante,
coinvolgente, mai scontata, mai auto celebrativa. Questi macinano
idee, con leggerezza e con ironia: cobra-Mirabassi che sembra un tipo
statico e grigio e invece non lo è, Taufic che gioca a fare il
turnista di fila e invece quando i ruoli si scambiano è un campione
solista. La loro aria nomade li rende interessanti come una carta
geografica. Li abbiamo visti guardarsi, inventare, faticare, ansimare
e placarsi. Chiudono disegnando gocce.
Pier Giorgio Camaioni
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