Il satiro danzante ha
chiuso un concerto straordinario, un bis (ma non di più) concesso in
una serata che ha regalato al pubblico di Giulianova (TE) un Paolo
Angeli in forma strepitosa, nonostante un tour estivo faticoso e la
crisi di fame che lo ha torturato la sera precedente facendolo
boccheggiare. Lo avevamo ascoltato a Grottammare più di un anno fa
grazie a “quelli” di Note di Colore, che riescono a proporre
sempre eventi piccoli quanto straordinari e di grande qualità. Ieri
sera, sarà stato il mare (a destra), i pescherecci alle spalle,
l'odore di salsedine e l'aria tipica di un molo portuale, ma la
location giuliese ha caricato il chitarrista sardo come non ci
saremmo mai aspettati. Angeli era felice di suonare e di dialogare
con gli spettatori raccontando aneddoti sulla sua terra, compreso
quello incantevole dell'incontro sulla spiaggia con Peter Gabriel.
Così, fra un aneddoto e un brano, la serata è corsa via veloce,
impregnata com'era delle note a cascata di un chitarrista che abbiamo
finalmente scoperto in tutta la sua pregevole tecnica.
26/08/14
24/08/14
AMARChORD Duo: Ljuba De Angelis (chanteuse) - Filippo Poderini (chitarra acustica) alla “Rosa dei venti”. Lecce - San Benedetto T. - Bologna - Parigi
LECCE
- SAN BENEDETTO T. - BOLOGNA - PARIGI: mi ricordo… sì, era - mi
pare - lo scorticato cartello metallico della carrozza ferroviaria
sulla quale salivi per andare “solo” a Bologna. Ci incontravi la
gente di Puglia, che ancora a Bologna non la smetteva di guardare dal
finestrino. Certo, mica andavano a Parigi. Sarebbero tutti scesi a
Milano, o Torino, massimo in Svizzera. Ma tu fantasticavi di come era
facile andare
a Parigi, bastava non scendere mai… ah Montmartre, ah la Senna… e
la Tour Eiffel, e i concerti di Aznavour, di Léo Ferré…
Questo
tanto tempo fa, perché già da prima del 2004 quel lungo treno non
c’era più (o comunque a San Benedetto non fermava). Da Lecce a
Parigi, con la modernità, c’andavi a
palla allazzata con
Ryanair, e da San Benedetto a Bologna ovviamente in macchina, sulla
A14. Per cui, nel fatidico 2004, quando a Bologna la chitarra
acustica dell’umbro (poi naturalizzato leccese) Filippo
Poderini“
s’intreccia” con la voce della sambenedettese (poi naturalizzata
parigina) Ljuba De
Angelis,
chissà com’è andata.
22/08/14
Gli uccelli*, ovvero Matteo Renzi e i Gufi. Il grande Aristofane insegna
È
nota l’avversione di Matteo
Renzi per
la specie dei Gufi.
Meno noto è che l’astuto boy-scout ha cercato di neutralizzare
l’influenza esercitata dagli odiati volatili sulla pubblica
opinione e di acquistarne il favore convincendoli con subdoli
stratagemmi della possibilità di riacquistare un presunto potere
regale sottratto loro dagli dei nella notte dei tempi, e di creare
nello spazio aereo che è il loro regno una potente città
fortificata, dal fantasioso nome di “Nubicuculia”, sospesa tra il
mondo degli uomini e quello degli dei, dalla quale poter dominare
sugli uni e sugli altri.
Questi
alcuni significativi momenti, fortunosamente intercettati, dei primi
approcci con un autorevole rappresentante dei rapaci, e della
trattativa successivamente intercorsa.
*Libero
saccheggio da Aristofane, Gli Uccelli, 414
a.C. (trad. Alessandro Grilli)
Renzi
Per
Eracle, e questa che bestia è? E quel piumaggio? Apollo, proteggimi
tu, che becco spaventoso!
Gufo
Mi
prendi in giro per il mio piumaggio e per il becco? Non mi sai dire
niente di più gentile? Eppure anch’io, o straniero, ero un uomo.
Ma dimmi un po’, tu chi sei? E qual bisogno ti ha spinto da queste
parti? Perché volevi incontrarmi?
R.
Io?
Sono un mortale. Volevo incontrarti, primo perché una volta eri un
uomo come noi; ed eri pieno di debiti come noi; e ti piaceva non
pagarli, proprio come a noi; poi, perché ti sei trasformato in
uccello e ormai ragioni in tutto e per tutto come un uomo e come un
uccello insieme; e poi, perché vedo un grande progetto per la stirpe
degli uccelli, che vi darà il potere, se date retta a me. Potreste
fondare una città nell’aria, cioè nello spazio degli uccelli, che
sta a mezza strada fra il cielo e la terra; vi basta insediarvi in
questo posto e fortificarlo: si chiamerà “Stato degli uccelli”,
e da lì voi comanderete gli uomini e gli dei: comanderete gli uomini
come le cavallette, e gli dei li sfinirete per fame.
G.
Evviva!
Per la terra, per tutte le tagliole, le ragne e le reti! Non avevo
mai sentito un’idea carina come questa; sì sì, voglio fondarla,
questa città, se anche gli altri uccelli sono d’accordo.
Venite
tutti qui, stirpi degli uccelli dal collo flessuoso! E’ giunto un
giovane sagace e pieno di idee nuove e capace di opere nuove, un
sottile ragionatore! Venite tutti qua a sentire! E’ una volpe
sveltissima, uno che escogita, azzecca e che sistema, un fior di
parlatore!
R.
(Per
Apollo, che massa d’uccelli s’è radunata, da far paura! Ma…
non ce l’avranno mica con me? Ahimè, mettila come ti pare, ma
questi spalancano il becco e guardano proprio verso di me!)
G.
L’uomo
è creatura infida sempre e comunque, per natura: ma vi dico che
dalla terra degli uomini è venuto qui un giovane, e ci porta il
cespite di un’impresa formidabile! Sarà anche nemico per natura,
ma è venuto qua per insegnarvi qualcosa di utile. Ma parla tu
stesso, avanti, sei venuto qui per convincerci di un tuo progetto:
coraggio, parla! Un discorso collettivo, sicuro, giusto, utile e
dilettevole.
R.
Ebbene…
ehm… sì, ecco: sono a tal punto addolorato per voi che un tempo
eravate re…
G.
Noi?
Re? E di che? Questo proprio non lo sapevo, per Zeus!
R.
….E’
perché siete ignoranti e non avete studiato Esopo, che nelle sue
favole dice che l’allodola è l’uccello che esisteva prima di
tutti in assoluto: e se sono venuti al mondo prima della terra e
prima degli dei, non sono loro i sovrani di diritto, in quanto più
vecchi? E’ chiaro da molti indizi che un tempo non erano gli dei ma
gli uccelli, a regnare sugli uomini: ad esempio potrei cominciare dal
gallo, che è stato il primo sovrano e tiranno di tutti i Persiani,
ecco perché ancora adesso è l’unico uccello che incede come il
Gran Re, con la cresta tutta dritta. E all’epoca era così potente
che ancora adesso per effetto della sua potenza di prima, basta che
canti la mattina e tutti saltano in piedi per andare a lavorare:
fabbri, vasai, conciapelli, calzolai, bagnini, e pure chi vende
granaglie, tornisce lire o aggiusta scudi. Si mettono le scarpe e
via, che è ancora notte. Dopo di che fu il nibbio a prendere il
comando e a regnare sui Greci. Poi fu il cuculo a regnare sull’Egitto
e su tutta la Fenicia. E ogni volta che faceva cucù, tutti i Fenici
nei campi mietevano fave e piselli. Avevano allora un potere tale
che, anche se regnava un qualche Agamennone o Menelao, un uccello gli
si metteva sullo scettro per avere anche lui la sua parte delle
regalìe. Ma la prova decisiva è che Zeus, che regna in questo
momento, tiene sempre un’aquila sulla testa, anche se è lui il re;
e sua figlia una civetta; e Apollo, come un attendente, un falco. E
poi una volta nessun uomo giurava per gli dei, ma tutti per gli
uccelli.
Ecco
fino a che punto prima vi consideravano importanti e venerabili,
mentre adesso vi trattano come i figli della serva, vi catturano e vi
vendono dieci un soldo e una volta che vi hanno comprato vi fanno
arrosto e vi portano in tavola; e vi grattano sopra pure formaggio,
olio, silfio, aceto, poi anche un battuto dolce, bello unto, e ve lo
spargono sopra caldo caldo, come su carogne rinsecchite.
G.
Quante
cose tremende, terribili, ci hai raccontato! Ma tu sei giunto a
salvarci, per fortuna e per volontà del cielo: ora vogliamo vivere
così, affidando a te noi stessi e i nostri pulcini. Ma dicci cosa
dobbiamo fare, per noi la vita non ha più senso se non recuperiamo
ad ogni costo la nostra dignità di re.
R.
Allora
innanzi tutto i Gufi devono riunirsi in un’unica città, e poi
devono fortificare il cielo intero e tutta l’aria in mezzo con
mattoni cotti, come a Babilonia; poi si chiede a Zeus di restituire
il potere; se rifiuta e non viene subito a patti, gli si dichiara una
guerra sacra. Agli uomini dovete mandare questa ambasciata: d’ora
in avanti i sacrifici vanno fatti agli uccelli perché a regnare sono
gli uccelli; agli dei si potrà sacrificare solo dopo, inoltre a
ciascun dio va affiancato l’uccello che meglio gli si adatta.
G.
Ma
come faremo a farli diventar ricchi? Sai bene che questa è la loro
grande passione!
R.
Loro
vanno sempre in cerca di auspici: dunque gli uccelli gli faranno
trovare le miniere, e diranno agli indovini quali spedizioni
renderanno bene, ecc. E se gli affari andranno bene, essi si
sentiranno anche in salute, e gli uccelli gli allungheranno la vita
anche di trecento anni!
G.
Per
la miseria, eri il più odioso dei bellimbusti, ma adesso sei
diventato quello a noi più caro! Nessuno ormai ci impedirà di tener
dietro alla tua idea! Le cose più importanti gli uomini le devono
tutte a noi uccelli; un auspicio, un uccello augurale è la prima
cosa che andate a cercare per qualsiasi progetto, che si tratti di un
viaggio d’affari, d’un acquisto di beni, d’un matrimonio.
Insomma, se ci considerate degli dei potrete contare su di noi, vi
staremo vicini e vi daremo ricchezza e salute, pace e abbondanza,
allegria e gioventù, danze, feste e latte di gallina. Vi sfiniremo a
forza di regali, a tal punto vi faremo ricchi, tutti quanti.
Ma
prima di tutto bisognerà dare alla città un bel nome che sappia di
nuvole e di spazi celesti, una roba bella gonfia. Che ne dite di
Nubicuculia? Sì, magnifico, ho trovato proprio un nome bello
e grande. Sarà un lavoro splendido e imponente, il muro sarà così
grosso che ci potrà passare anche Prossenide di Sparalagrossa con
due carri tirati da cavalli come quello di Troia! E lo faranno gli
uccelli, tutto da soli! E se Zeus ci darà fastidio, chiamerò le
aquile flammigere e gli ridurrò in cenere la casa!
E
a te, Matteo, tutti i popoli rendano onore e ti incoronino per la tua
sapienza, per aver fondato nell’aria questa gloriosissima città!
Alata stirpe degli uccelli, tre volte beata, prospera in tutto,
accogli il tiranno nella sua casa felice. Eccolo che avanza. Mai
stella lucente brillò tanto nella sua corsa dorata, né mai
splendore raggiante del sole altrettanto rifulse. Un profumo
indicibile si spande in alto nel cielo, brezze leggere muovono il
fumo che si leva dagli incensi. Schieratevi in fila, fate spazio!
Volate intorno al fortunato e portategli fortuna. Grandi sorti
davvero arridono alla stirpe degli uccelli per mezzo di quest’uomo:
suo è il tuono che scuote la terra, le saette infuocate di Zeus, il
lampo terribile della folgore. Venite dunque alla festa! Alalà,
urrà, peana! Vittoria! Evviva il vincitore, dio supremo!
Sara
Di Giuseppe
17/08/14
“Alleg(o)rie”, la mostra di Gianluigi Capriotti in Palazzina Azzurra. La Divina Commedia sotto i mari
Non
ho potuto accaparrarmi nessuna “cartolina” di queste ALLEG(O)RIE
di
Gianluigi Capriotti, come invece avevo agilmente fatto all’altra
sua indimenticata mostra“VAN
DOG” una
quindicina di anni fa, sempre qui alla Palazzina Azzurra. Forse
Gianluigi ne ha stampate poche e sono andate via come il pane, o
forse proprio non le ha fatte. Ma può anche essere che io abbia
frequentato un po’ meno la mostra, d’altra parte la Palazzina
Azzurra senza Adelchi non è più la stessa…
13/08/14
Il Laboratorio Teatrale Re Nudo a Grottammare: “All’alba un palpito di mare”. Noi siamo solo andata
“E
faceva spavento, respiro di quella belva che era il mondo, il suono
del mare…”:
l’incipit del racconto di Sciascia - Il
lungo viaggio -
saluta il sole già saldo sulla linea dell’orizzonte con il gruppo
di migranti siciliani, ignoranti e ingannati, convinti di arrivare in
America
(duecentocinquantamila-lire-metà-alla-partenza-metà-all’arrivo al
trafficante) e sbarcati dopo undici notti di “traversata” a Santa
Croce Camerina, Sicilia (“Si
buttarono come schiantati sull’orlo della cunetta perché non c’era
fretta di portare agli altri la notizia che erano sbarcati in
Sicilia”).
11/08/14
Presentazione di UT Il Viaggio. Mercoledì 13 agosto ore 21.30, Ragn'a Vela
UT/2/2014/8°anno
Il viaggio
quarantaquattresimo numero di UT
mercoledì
13/08/’14/21.30
day / month / year / hour
Circolo Nautico “Ragn’a Vela"San Benedetto del Tronto (Lungomare Sud – tra conc.71 e 71bis)
Saranno presenti personalmente o con i loro testi e opere:
Francesco Accattoli, Theocharis Bikiropoulos, Georgia Chaidemenopoulou,
Emily Forlini, Enrica Loggi, Alceo Lucidi, Mariagrazia Maiorino, Americo Marconi, Alessandra Morelli, Michele Ortore, Gino Piergallini, Giuseppe Piscopo, Ivan Pozzoni, Ambra Simeone, Dante Marcos Spurio, Nima Tayebian,e... il trio di UT.
*Prenota una o più copie di UT ‘Il viaggio’ rispondendo a questa mail fino al giorno della presentazione.
Potrai averla a € 10,00 anziché € 15,00.
Vedi tutti i numeri precedenti al
http://www.ilmondodiutblog. blogspot.it/p/le-copertine. html
Francesco Accattoli, Theocharis Bikiropoulos, Georgia Chaidemenopoulou,
Emily Forlini, Enrica Loggi, Alceo Lucidi, Mariagrazia Maiorino, Americo Marconi, Alessandra Morelli, Michele Ortore, Gino Piergallini, Giuseppe Piscopo, Ivan Pozzoni, Ambra Simeone, Dante Marcos Spurio, Nima Tayebian,e... il trio di UT.
*Prenota una o più copie di UT ‘Il viaggio’ rispondendo a questa mail fino al giorno della presentazione.
Potrai averla a € 10,00 anziché € 15,00.
Vedi tutti i numeri precedenti al
http://www.ilmondodiutblog.
03/08/14
Montanelli in retrospettiva nelle parole di Paolo Di Paolo
Vi
sembrerà strano ma è così: un ragazzino poco più che diciottenne,
fresco di diploma, si scopre improvvisamente uomo e alla svolta di un
secolo. Un giovane, appassionato di giornalismo e di scrittura,
prende congedo da uno dei più controversi ed appassionati
intellettuali e giornalisti del Novecento: Indro Montanelli.
Montanelli
lo aveva guidato alla scoperta del suo secolo ed aveva tessuto
attorno alla sua ingenua visione del mondo una rete possente di
rimandi, riferimenti, esiti, interpretazioni sul mondo. Non con il
metodo delle certezze acquisite o delle prese di posizione
ideologiche, neanche delle opinioni “fatte” e ricevute, quelle
buone per ogni stagione, dietro le quali – spesso – si nascondono i piccoli “acquisti” di visibilità legate alle convenienze.
Niente di tutto questo nella libertà di pensiero, e di spirito,
nell’onestà intellettuale caparbiamente difesa, di Montanelli. Un
uomo in grado di polarizzare enormi dibattiti, di avvincere e deludere,
dividere e riunire l’umore scostante e sfacciatamente conformista
degli italiani.
La
morte appresa al telegiornale, intorbidita dalle immagini gravi e
incancellabili dei fatti di Genova del 2001 – Montanelli scompare
lo stesso giorno della tragica morte di Carlo Giuliani, durante gli
scontri con la polizia, in una delle pagine più nere della nostra
storia repubblicana – spostano le lancette della vita del giovane
Paolo Di Paolo in avanti.
Si
capisce allora come il libro – da poco uscito per Rizzoli –
incentrato sulla vita di Montanelli dell’ormai affermato scrittore
Di Paolo, non sia né una biografia – troppo poliedrico il
personaggio per riassumerlo in una rassicurante traiettoria – né
un saggio – troppo sentita la vicinanza all’uomo, con le sue
contraddizioni, per tentarne un’analisi distaccata – né un
inutile, inservibile panegirico, date la dimensione della figura di
Montanelli densa “di ombre”. Piuttosto un diario – la scansione
a ritroso degli eventi che lo legano a Montanelli ne è, forse, la
riprova – o anche il racconto – non troppo coinvolto però,
tanto da non divenirne un’agiografia – sul polemista
incessante, il critico inesausto del costume italiano, il liberale
irriducibile ad ogni scontato buon senso che sa di arrendevolezza di
fronte alle mille manifestazioni del potere.
L’allora
aspirante scrittore Di Paolo fu attratto dallo stile caustico ed
ironico, dalle verve giornalistica, la precisione e la compatezza
formali degli scritti di Montanelli. Divenne un lettore fedele nel
tempo delle rubriche sul Corriere della Sera – le famose “Stanze”
– dove nel frattempo il giornalista di Fucecchio era tornato, a
seguito della breve esperienza, durata un anno, de La Voce, fondata a
85 anni, quando altri non saprebbero fare altro che rassegnarsi alla
vecchiaia, e dopo la lunga parentesi, invece, de “Il Giornale” –
altro quotidiano “corsaro” da lui fondato prima dell’ingresso
di Berlusconi nella gestione societaria. Lo colpiscono la freschezza
di sguardo, l’imprevedibilità e l’immaginazione mobile del
giornalista, l’intransigenza di chi sa, al tempo stesso, mettersi
all'ascolto. Di culture altre, della diversità di pensiero,
laddove esso sia scevro dalle scorie dei condizionamenti ideologici.
Ricordiamo qui i suoi incontri con Giovanni XXIII e Giovanni Paolo
II, lui ateo convinto.
Di
Paolo comincia a scrivere a colui che era divenuto,
indiscutibilmente, una voce autorevole del giornalismo e ne riceve
delle risposte altrettanto originali e simpatiche, sopra le righe.
Fino al momento dell’incontro con gli studenti di un liceo di
Milano, dove Montanelli allunga una carezza al giovane ardimentoso
che gli si era fatto avanti.
Insomma
una visione di Montanelli, quella di Di Paolo, che, senza pretese di
esaustività, ne fornisce un ritratto dai colori palpitanti e, direi,
preciso, non solo per rendere conto di Montanelli ma anche per
testimoniare di un secolo, controverso e denso di fatti, come appunto
il Novecento. Ossia “vedere un uomo di talento alla prova del suo
secolo. Vedere come ci si guadagna spazio nel mondo – con quanta
ostinazione, con quanta costanza, con quanta energia, e, mentre il
mondo cambia, cambiare senza tradirsi.”
Cambiare senza tradirsi: ecco la chiave di lettura dunque. Dall’adesione al Fascismo, alla sua rinuncia, dalla parentesi in Africa al seguito delle sguarnite truppe italiane nel ’35 alle Guerra di Spagna, dai fatti di Ungheria e la relativa denuncia della repressione sovietica, vissuti da inviato in prima persona, al processo ideologico subito dal “reazionario”, nel 1968, dal nemico giurato di Berlusconi alle tirate sugli italiani – “rimarremo quello che siamo: un conglomerato impegnato a discutere con grandi parole di grandi riforme a copertura di piccoli giochi di potere e di interesse”. Nonostante queste parole d'amore sul suo paese – in cui Montanelli aveva ora smesso di credere e da cui amaramente si congedava a conclusione della sua imponente, anti-accademica impresa sulla “Storia d’Italia” – volle, invece, salutare il suo pubblico di lettori, affezionatissimo e fedele al suo stile inconfondibile, con la lapidaria fase, dettata in punto di morte, in un ospedale di Milano alla nipote: “Giunto al termine della sua lunga e tormentata esistenza, prende congedo dai suoi lettori ringraziandoli dell’affetto e della fedeltà con cui lo hanno seguito”. Il lettore come punto di partenza ed arrivo della sua parabola professionale, la famiglia di adozione, il punto di riferimento irrinunciabile al pari della sua inseparabile “Lettera 22”, da cui sgorgava, puro e severo, il suo pensiero. Il pensiero di un italiano autentico.
Cambiare senza tradirsi: ecco la chiave di lettura dunque. Dall’adesione al Fascismo, alla sua rinuncia, dalla parentesi in Africa al seguito delle sguarnite truppe italiane nel ’35 alle Guerra di Spagna, dai fatti di Ungheria e la relativa denuncia della repressione sovietica, vissuti da inviato in prima persona, al processo ideologico subito dal “reazionario”, nel 1968, dal nemico giurato di Berlusconi alle tirate sugli italiani – “rimarremo quello che siamo: un conglomerato impegnato a discutere con grandi parole di grandi riforme a copertura di piccoli giochi di potere e di interesse”. Nonostante queste parole d'amore sul suo paese – in cui Montanelli aveva ora smesso di credere e da cui amaramente si congedava a conclusione della sua imponente, anti-accademica impresa sulla “Storia d’Italia” – volle, invece, salutare il suo pubblico di lettori, affezionatissimo e fedele al suo stile inconfondibile, con la lapidaria fase, dettata in punto di morte, in un ospedale di Milano alla nipote: “Giunto al termine della sua lunga e tormentata esistenza, prende congedo dai suoi lettori ringraziandoli dell’affetto e della fedeltà con cui lo hanno seguito”. Il lettore come punto di partenza ed arrivo della sua parabola professionale, la famiglia di adozione, il punto di riferimento irrinunciabile al pari della sua inseparabile “Lettera 22”, da cui sgorgava, puro e severo, il suo pensiero. Il pensiero di un italiano autentico.
Alceo Lucidi
La grande Mostra Fotografica di Daniele Francavillese. I “guerrieri” del lago
Per
i fotografi, Scanno d’Abruzzo è da sempre un posto magico. La
storia della fotografia è passata di qua. Ma capitandovi un evento
sportivo unico come X
Terra Triathlon Off-Road,
quando proprio dentro e fuori il suo lago s’accendono le epiche
battaglie di strani “guerrieri” che per ore
nuotano-pedalano-corrono dando l’anima sotto un cielo d’Irlanda,
allora anche i fotografi compiono imprese. Infatti, ai bordi del lago
mi pareva d’averlo visto, un Daniele
Francavillese col
suo armamentario fotografico a cannoncino (protetto alla buona col
nylon dalla pioggia), aggirarsi furtivo o di bolina sul campo di gara
e puntare e “sparare” anche tra il fogliame. Ma certo che era
lui, la raffica di splendide foto è già in rete, la Grande Mostra…
c’è già. Quaranta
scatti primo-piano in bianco e nero, per ora. Istantanee scavate di
volti pensanti o sfiniti. Facce dadaiste. Immagini grintose,
dinamiche o al rallenty, silenziose e pacifiche. Foto essenziali e
pure, “depurate” cioè dai colori, dal rumore e dal linguaggio.
Bravo Francavillese.
Infatti
i colori sarebbero stati inutili optional, come la tumultuosa musica
sul traguardo sparata in ogni direzione e senza interruzione con la
potenza di migliaia di watt, e la martellante fonica
d’incoraggiamento (?) con la parola “guerrieri”
ripetuta ossessivamente 500 (cinquecento!) volte.
Così,
mentre ero lì, ho immaginato a lungo questa splendida gara
srotolarmisi davanti (“come
di un film la pellicola”)
a singoli fotogrammi, da rimontare poi a piacimento come un gioco, a
velocità buffe… Ho immaginato, intanto, più speakers sul terreno
(anziché uno solo e col guinzaglio del microfono), sparsi lungo il
circuito, ad incitare i concorrenti con zelo commovente come fossero
figli o parenti stretti, unicamente con l’aiuto di rudimentali
megafoni umani conici di latta (tipo Capossela in Canzoni
a manovella),
vagamente futuristi nell’aspetto ma affettuosamente primitivi…;
poi, senza l’assordante musica TUN–TUN-TUN da mp3, alle partenze
delle frazioni-nuoto, eleganti musicisti in carne e ossa
dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese (li ascoltammo giorni fa
accompagnare Richard Galliano a Chieti), su un quieto palco di legno
che suonano con maestria Mozart e Haydn. E agli arrivi (che durano
ore!) due-tre-quattro gruppi musicali rock-pop-jazz che si danno il
turno suonando pezzi scelti, non banali, rigorosamente acustici e
senza amplificazione. E prima, lungo i tosti tracciati della bici e
della quasi-maratona, “nella
luce del (primo)
pomeriggio”,
nel bosco ma senza spaventarlo, nelle salite e nelle discese a rotta
di collo, per le precipitevoli scalette di Scanno, sui sentieri
accidentati e scivolosi fino alle bestemmie, alcuni solisti sparsi
semi-nascosti o appollaiati nei posti più improbabili: almeno un
oboe, diversi violoncelli, qualche sax-tromba-trombone, violini
pochi, meglio le viole, alcune chitarre acustiche, perfino un
batterista, e un timpanista tiè. Ah, non manchi un contrabbasso.
Dimenticavo: al parcheggio-bici, dove arrivano gocciolanti
saltellando in equilibrio precario sfilandosi di dosso le mute, due
flauti e un clarinetto. Per sdrammatizzare. Ecco: buoni pezzi di
musica a piacere, a intermittenza, secondo i passaggi; brani e
canzoni a misura dei faticati concorrenti che transitano solitari o a
gruppetti: blues, tanghi, valzer, sarabande, rap senegalesi,
bossanova, andanti con brio, marcette, minuetti, pizziche, pure del
reggae, dal vivo battito in levare… ah, se ci fossero anche un
tenore, un soprano, un piccolo coro…
Musica
diffusa,
cioè. Corroborante perché di qualità e “discreta”. Dai
rimbombi ovattati. Di corta gittata. Ritagliata nel silenzio del
lago. Anzi minoritaria, rispetto al silenzio. Da poter udire “l’eco
del silenzio”. E sempre versandovi vicino poche
parole,
mai a casaccio, ché fanno male. La parola “guerrieri”
non vorrei sentirla, se non per sbaglio.
Lo
so che una gara con un corollario così non esiste, né si farà mai.
Ma non posso farci niente se mi è venuta in mente. La Grande Mostra
di Daniele Francavillese invece è una realtà. Virtuale, per ora.
PGC
02/08/14
Quella villa di Francesco Giuseppe nel bosco di Ronzone. Viaggio in montagna fra una crisi che si vede e autoctoni in libertà
Sono
andata a trovare la mamma in montagna. Ronzone è l'ultimo paese
della Val di Non, in Trentino, dopodiché il bosco. E nel bosco la
villa di caccia di Francesco Giuseppe, oggi Hotel Regina del Bosco.
Proprio un attimo prima del bosco c'è la fermata Belvedere, quella
che riporta a casa in mancanza di altri mezzi. Ieri alle 11.07, come
recita l'orario estivo affisso, partiva l'autobus per Dermulo,
crocevia con il treno Trento - Malè. S'ha da fare talvolta un
esperimento. Ho pensato di raggiungere Verona così. La crisi ha
raggiunto le vette del Trentino.
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