Per
i fotografi, Scanno d’Abruzzo è da sempre un posto magico. La
storia della fotografia è passata di qua. Ma capitandovi un evento
sportivo unico come X
Terra Triathlon Off-Road,
quando proprio dentro e fuori il suo lago s’accendono le epiche
battaglie di strani “guerrieri” che per ore
nuotano-pedalano-corrono dando l’anima sotto un cielo d’Irlanda,
allora anche i fotografi compiono imprese. Infatti, ai bordi del lago
mi pareva d’averlo visto, un Daniele
Francavillese col
suo armamentario fotografico a cannoncino (protetto alla buona col
nylon dalla pioggia), aggirarsi furtivo o di bolina sul campo di gara
e puntare e “sparare” anche tra il fogliame. Ma certo che era
lui, la raffica di splendide foto è già in rete, la Grande Mostra…
c’è già. Quaranta
scatti primo-piano in bianco e nero, per ora. Istantanee scavate di
volti pensanti o sfiniti. Facce dadaiste. Immagini grintose,
dinamiche o al rallenty, silenziose e pacifiche. Foto essenziali e
pure, “depurate” cioè dai colori, dal rumore e dal linguaggio.
Bravo Francavillese.
Infatti
i colori sarebbero stati inutili optional, come la tumultuosa musica
sul traguardo sparata in ogni direzione e senza interruzione con la
potenza di migliaia di watt, e la martellante fonica
d’incoraggiamento (?) con la parola “guerrieri”
ripetuta ossessivamente 500 (cinquecento!) volte.
Così,
mentre ero lì, ho immaginato a lungo questa splendida gara
srotolarmisi davanti (“come
di un film la pellicola”)
a singoli fotogrammi, da rimontare poi a piacimento come un gioco, a
velocità buffe… Ho immaginato, intanto, più speakers sul terreno
(anziché uno solo e col guinzaglio del microfono), sparsi lungo il
circuito, ad incitare i concorrenti con zelo commovente come fossero
figli o parenti stretti, unicamente con l’aiuto di rudimentali
megafoni umani conici di latta (tipo Capossela in Canzoni
a manovella),
vagamente futuristi nell’aspetto ma affettuosamente primitivi…;
poi, senza l’assordante musica TUN–TUN-TUN da mp3, alle partenze
delle frazioni-nuoto, eleganti musicisti in carne e ossa
dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese (li ascoltammo giorni fa
accompagnare Richard Galliano a Chieti), su un quieto palco di legno
che suonano con maestria Mozart e Haydn. E agli arrivi (che durano
ore!) due-tre-quattro gruppi musicali rock-pop-jazz che si danno il
turno suonando pezzi scelti, non banali, rigorosamente acustici e
senza amplificazione. E prima, lungo i tosti tracciati della bici e
della quasi-maratona, “nella
luce del (primo)
pomeriggio”,
nel bosco ma senza spaventarlo, nelle salite e nelle discese a rotta
di collo, per le precipitevoli scalette di Scanno, sui sentieri
accidentati e scivolosi fino alle bestemmie, alcuni solisti sparsi
semi-nascosti o appollaiati nei posti più improbabili: almeno un
oboe, diversi violoncelli, qualche sax-tromba-trombone, violini
pochi, meglio le viole, alcune chitarre acustiche, perfino un
batterista, e un timpanista tiè. Ah, non manchi un contrabbasso.
Dimenticavo: al parcheggio-bici, dove arrivano gocciolanti
saltellando in equilibrio precario sfilandosi di dosso le mute, due
flauti e un clarinetto. Per sdrammatizzare. Ecco: buoni pezzi di
musica a piacere, a intermittenza, secondo i passaggi; brani e
canzoni a misura dei faticati concorrenti che transitano solitari o a
gruppetti: blues, tanghi, valzer, sarabande, rap senegalesi,
bossanova, andanti con brio, marcette, minuetti, pizziche, pure del
reggae, dal vivo battito in levare… ah, se ci fossero anche un
tenore, un soprano, un piccolo coro…
Musica
diffusa,
cioè. Corroborante perché di qualità e “discreta”. Dai
rimbombi ovattati. Di corta gittata. Ritagliata nel silenzio del
lago. Anzi minoritaria, rispetto al silenzio. Da poter udire “l’eco
del silenzio”. E sempre versandovi vicino poche
parole,
mai a casaccio, ché fanno male. La parola “guerrieri”
non vorrei sentirla, se non per sbaglio.
Lo
so che una gara con un corollario così non esiste, né si farà mai.
Ma non posso farci niente se mi è venuta in mente. La Grande Mostra
di Daniele Francavillese invece è una realtà. Virtuale, per ora.
PGC
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