#Oppureridi:
l’aforisma di Morreall divenuto hashtag calza a pennello a questa
serata in cui un tango che non ti aspetti unisce l’umorismo, la
maschera, la parodia, alla seduzione antica di una danza che non è
solo “pensiero
triste che si balla”,
ma è anche divertimento, allegria, libertà.
L’apertura
è gradevolmente “seria”, con Lucrezia
Ercoli che
nel consueto stile misurato e competente intervista Massimo
Donà filosofo
(ma anche musicista ma anche jazzista) intorno al tango.
Dal filosofo/musicista apprendiamo le origini certe e le etimologie presunte, i ricorrenti rimandi all’Africa, le ibridazioni culturali etniche sociali, tutto ciò che nel tempo ha fatto, di questa forma artistica, condizione emozionale e modo di vivere, esercizio di concentrazione, filosofia ed eros, “malattia” per alcuni, e soprattutto caleidoscopica figura mai uguale a se stessa.
Dal filosofo/musicista apprendiamo le origini certe e le etimologie presunte, i ricorrenti rimandi all’Africa, le ibridazioni culturali etniche sociali, tutto ciò che nel tempo ha fatto, di questa forma artistica, condizione emozionale e modo di vivere, esercizio di concentrazione, filosofia ed eros, “malattia” per alcuni, e soprattutto caleidoscopica figura mai uguale a se stessa.
Pensiamo
ora d’esser sufficientemente preparati, noi profani e grazie a
Donà, allo spettacolo che seguirà: solo fino a quando gli
strepitosi Los
Guardiola, Marcelo
& Giorgia, eccellenze del tango internazionale ma anche attori e
mimi e clowns, non ci scaraventano dentro il TangoTeatro, dimensione
specialissima di tango che racconta se stesso e narra storie
sapientemente integrando musica, danza, mimo.
In
armonia con quell’Oppureridi che condensa il senso
del Festival, la loro creazione più recente “Tango Querido!”
è forma umoristica, dissacrante, perfino parodistica che
riplasma la materia viva del tango sposando la maestria dei danzatori
al rigore del mimo.La voce recitante di Chiara Pietroni crea
il raccordo di volta in volta poetico, filosofico, di costume, tra le
narrazioni tanguere.
Sono
“microstorie
ispirate a testi di tanghi famosi”
degli anni Venti, Trenta e Quaranta, immortalate da musicisti e da
grandi voci dell’epoca. Un’umanità variegata vi si anima,
fantasmi del passato e macchiette del presente: il suonatore
itinerante (figura oggi scomparsa, primo diffusore del tango nel
suburbio
di Buenos Aires) con la bambola meccanica e l’organito
che implacabile porta quella musica allora “proibita e indecente”
alle orecchie dei benpensanti che non vorrebbero sentire; il pícaro
rapace
che come uccello notturno plana sul candore indifeso della migrante
italiana fresca di sbarco; i
milongueros
frequentatori delle milonghe per “solos
y solas”
in cerca d’incontro, dove l’uomo rivolge a “la
mujer un gesto con la cabeza”
quando individua colei che fa al caso suo; il bailarín
de tango
migrante nella Parigi degli anni ’20, alla prese con una diversa
filosofia del tango e quindi della vita; la crudele condanna tanguera
(oggi semplicemente… femminicidio) della donna fedifraga che cade
sotto il coltello del partner tradito.
Altre
storie ancora s’intrecciano, negli 80 minuti di spettacolo che due
interpreti superlativi fanno apparire brevissimi. “Due
attori con la precisione dei mimi, la grazia e il portamento dei
ballerini e l’extraquotidianità dei burattini”:
ambedue disegnano la scena con essenzialità geometrica, poiché ogni
passo è nella danza ciò che la parola è nella poesia,
illuminazione che svela e ridefinisce il reale, quello esteriore come
quello più intimo. Marcelo
“indossa”
un volto di impareggiabile espressività, e nella sapienza dei
movimenti anche l’infinitesimo dettaglio ha un colore e un
linguaggio (la mano che poggia sulla schiena della partner come
sfiorasse la meraviglia antica di un vaso etrusco…); Giorgia
è
ardente farfalla su una scena in bianco e nero che nella plasticità
del suo tango anima - ora crudele ora con grazia seducente e ironica
- la parte femminile dell’eterna e sempre nuova commedia umana.
Sara Di Giuseppe
Sara Di Giuseppe
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