Libero adattamento di
Taketori Monogatari (Il racconto di un taglia
bambù), La storia della Principessa Splendente attinge
ad un’antichissima leggenda popolare giapponese degli inizi del
decimo secolo. Narra la storia di una
piccola creatura di appena tre pollici, trovata da un vecchio
taglialegna in un bambù che d’improvviso risplende nel buio della
notte incombente.
Povero e senza figli,
il vecchio ci vede un segno della grazia divina e la porta a casa
dalla moglie, fuori di sé anche lei dalla gioia. Ben presto la
deliziosa miniatura di donna, perfetta nel suo prezioso kimono, si
trasforma in autentico essere umano, una neonata grassottella che
zampetta e gattona col culetto al vento e ride con la bocca sdentata.
Miracolosamente la vecchia contadina sente il latte fluire nel suo
seno e la nutre, come una vera mamma. Tutto ora è all’insegna
della gioia, la bimba cresce a vista d’occhio, i monelli del
vicinato la chiamano “gemma di bambù” e la vita scorre felice
tra valli, prati e boschi a perdita d’occhio.
Una meravigliosa Heidi
giapponese è finalmente nata dalla fantasia di Takahata Isao,
uno dei Dioscuri di Studio Ghibli. ‘Un
giorno dovremmo fare una Heidi giapponese’
si erano detti lui e Miyazaki
Hayao
nei lontani anni settanta.
Ma
il tempo non passa invano e la piccola figlia dei prati rinasce ora
all’insegna dell’effimero, genio di un tempo in cui le fiabe
sopravvivono a fatica.
Figura
fantastica, si chiama Kaguya, “notte splendente”, viene dal regno
della Luna e diventerà la bellissima Principessa Splendente amata da
cavalieri e imperatori, ma inattingibile nel suo rifiuto di unirsi a
chiunque pretenda di comprarla con ricchezze e splendori, fossero
anche di corte.
Creatura
di sogno destinata a far esperienza delle cose umane, del male e del
bene, dell’amore e del dolore,
Kaguya
appartiene al ricco repertorio delle fiabe a carattere
eziologico che popolano quel terreno di sincretismo culturale privo
di confini temporali e geografici in cui s’incontrano, da millenni,
le civiltà più lontane e diverse.
I lasciti linguistici
dal cinese contenuti nel testo scritto che ne testimoniano la
diffusione, il carattere della storia che suggerisce parallelismi
comparativi con antiche leggende, anche di area mediterranea
(l’infanzia di Edipo presso la coppia regnante a Corinto, il
salvataggio di Romolo e Remo dalle acque del Tevere) la figura
dell’eroina, protagonista di gesta memorabili che trasfigurano in
leggenda, tutto ha contribuito a fare di Taketori Monogatari,
per più di un millennio, un racconto esemplare di quel repertorio
di miti e leggende che la fantasia popolare costruisce da sempre per
parlare della sua storia eterna.
Nel 2005 Takahata
Isao torna alla regia, esitazioni e dubbi sono stati notevoli, ma
dopo lunghi anni dall’ultimo lungometraggio, Hohokekyo tonari
no Yamada-ku (1999) finalmente decide.
Il progetto
“Principessa Splendente” apparteneva alla sua storia giovanile,
era nato molto prima:
“C'era
una volta, quasi 55 anni fa ormai, in una società chiamata Toei
Animation, un progetto per la realizzazione di un film di animazione
tratto dal classico “Il racconto di un tagliabambù”- racconta
Takahata nelle note di regia -Il
progetto aveva preso forma grazie a Tomu
Uchida, uno dei più grandi
registi dell'epoca. Alla fine il film non fu mai realizzato, ma parte
dell'idea originale del regista era che avrebbe dovuto trattarsi di
un nuovo tipo di sfida, per la quale tutti i dipendenti della
società sarebbero stati invitati a proporre delle sceneggiature.
Alcune di quelle proposte sono state più tardi raccolte in un
libricino ciclostilato. Io non proposi alcuna sceneggiatura. Ai nuovi
impiegati che desideravano lavorare al planning o alla regia veniva
di norma chiesto di proporre delle idee, ma la mia idea era subito
naufragata. Non avevo sviluppato alcuna storia; avevo invece scritto
una scena che sarebbe dovuta servire da prologo a questo strano
racconto. Nella scena la principessa e suo padre parlano, poco prima
della partenza di lei dalla luna.
Se
volevo raccontare ‘la vera storia della principessa Kaguya’, una
storia che non c'è nel racconto originale, non doveva esserci un
prologo al mio film. E affinché la principessa Kaguya fosse
raffigurata come qualcuno con cui il pubblico potesse simpatizzare,
sarebbe dovuta restare al centro.”(
dal pressbook
del film)
Dunque
una fiaba che resta tale, nulla si
perde della magia che solo una fiaba sprigiona, affidata com’è ad
acquerelli meravigliosi che disegnano scene di maestria e bellezza
ineguagliabile, mentre la musica di Hisaishi
Joe crea un tappeto sonoro ora
sontuoso, ora minimalista, al susseguirsi caleidoscopico di vicende e
immagini. Eppure ne avvertiamo la profonda complicità con un
presente vivo e pulsante, fatto di storie di uomini e donne reali,
protagonisti di un’epica quotidiana che il fiabesco non copre,
sembra anzi conferirle prospettiva migliore, come quei rotoli di
marmo che si avvolgono in bassorilievo intorno a pesanti colonne a
raccontare le incessanti guerre e i travagli dell’umanità.
Kaguya-hime no Monogatari, è racconto di una
luce, quella “della” notte che è luce “nella” notte, lo
svelamento affidato al mito che non spiega, rivela.
Il mistero resterà
impenetrabile alla ragione, contenendo in sè la luce accecante della
bellezza e l’oscurità delle tenebre.
Kaguya è il nome della
neonata, portatrice di luce in quanto epifania di bellezza nel mondo.
Divenuta una
giovane donna meravigliosa, protagonista di vicende in cui male e
bene, gioia e dolore si distribuiranno con la cadenza consueta delle
cose terrene, in una notte di luna piena farà ritorno nel suo
regno, accompagnata da un corteo di esseri celestiali.
Ma
perché è scesa su questa terra? Perché si è incarnata, ha
sofferto, ha amato?
Sappiamo
che fu punita e mandata quaggiù per una trasgressione compiuta nel
suo mondo incontaminato. Ma come può accadere che in un mondo
incontaminato ci si macchi di una colpa?
E
perché quella che doveva essere una punizione suscita in lei tanto
dolore nell’atto dell’allontanamento e del ritorno alla casa
celeste? Perché di notte la Principessa Splendente guarda con
malinconia struggente la luce della madre Luna? È l’enigma
inesplicabile del mito, che illumina e nasconde nello stesso momento
in cui si mostra, fa balenare l’amore e il desiderio e ne rivela
l’inattingibile lontananza, fa nascere domande destinate a non aver
risposte “chiare e distinte”, prediligendo i territori profondi
della psiche.
Giunse una donna per
vivere in questo mondo. In ogni momento della sua breve vita lei
cercò lo splendore nel riso, nelle lacrime, nella gioia e nella
rabbia.
Kaguya è donna e
creatura irreale insieme, Takahata ne fa una delle figure
femminili più complesse che l’arte abbia generato, l’esilio
sulla terra le appartiene come donna, ma il ritorno sulla luna la
riporta al ruolo di essere fiabesco. Le due nature si integrano in
lei in perfetta simbiosi, è donna e dea, ma nella sua avventura
terrena è stata esperita una tale gamma di emozioni, sentimenti,
legami intrecciati tra lei, le forme della natura e il mondo degli
uomini, che non basterà lo splendido mantello alato dell’oblìo
che i messaggeri celesti le pongono sulle spalle quando torneranno a
riprenderla con il carro della Luna. Mentre si allontana sul
magnifico convoglio fatto di soffici nuvole e musica celestiale,
Kaguya si girerà a guardare indietro, verso il globo terrestre che
si allontana, sempre più minuscolo, “immerso nell’eterno
vento”.
La voce di Kazumi
Nikaido, monaca buddhista della prefettura di Hiroshima, entra
sui titoli di coda, è il tema della principessa Kaguya, testo
scritto e musicato da lei a cui Takahata ha voluto affidare la
chiave di lettura finale, quella più che mai necessaria dopo il
disastro di Tohoku del 2011, quando terremoto e tsunami sembrarono
metter fine a tanta parte della storia dell’uomo.
“Dare valore alla
vita nel nostro mondo, imparare a convivere con quello che ci
portiamo dentro, a costo di dolori e problemi da affrontare”.
E’ il messaggio di un
grande artista di 78 anni che crede nelle fiabe.
INOCHI NO KIOKU
(Quando ricordo questa vita)
La
gioia che ho provato quando ti ho toccato è stata molto, molto
profonda
ed è filtrata in ogni angolo e in ogni piega di questo corpo.
Anche se sono lontana e non capisco più nulla, perfino quando arriverà il momento in cui questa vita avrà fine.
Tutto ciò che c'è ora
E' tutto il mio passato
Ne sono certa, ci incontreremo ancora, in qualche luogo pieno di nostalgia.
ed è filtrata in ogni angolo e in ogni piega di questo corpo.
Anche se sono lontana e non capisco più nulla, perfino quando arriverà il momento in cui questa vita avrà fine.
Tutto ciò che c'è ora
E' tutto il mio passato
Ne sono certa, ci incontreremo ancora, in qualche luogo pieno di nostalgia.
Paola Di Giuseppe
Nessun commento:
Posta un commento