“Li
diletti figlioli dell’Università delli Orefici in Roma di
costruire ed edificare et di far fabbricare una chiesa, ovvero
cappella, sotto detta invocazione di Sant’Eligio, in strada Giulia
e in loco che per tale effetto si trovasse più comodo”. (“Breve”
di autorizzazione di Papa Giulio II della Rovere).
Il
concerto per chitarra di Antonio Molfetta si muove in un ambito
armonicamente tradizionale ma è, come il concerto della sera
precedente del violinista Paolo Perrone, ugualmente di nicchia e di
pregevolissimo spessore, costruito su un impianto programmatico
temporalmente logico e musicalmente coerente, con la solare pacatezza
di quel meraviglioso strumento che è la chitarra.
Antonio
Molfetta è uno di quei musicisti che ama presentare i brani che
suonerà; non sembri banale, essendo questo un uso apprezzabilissimo
dal quale imparare davvero qualcosa, che tu sia esperto o no; se lo
si fa, poi, anche simpaticamente, la condivisione del momento
musicale ne guadagna.
Paragonare - come fa il
maestro Molfetta - le ariose e mediterranee composizioni di Mauro
Giuliani, nella paludata Vienna, ad un terremoto musicale come
quello prodotto da Jimi Hendrix nel mondo del rock, denota il
musicista intelligente, non dogmatico, curioso ed assolutamente non
paludato. Per il suo tramite si entra facilmente in sintonia con
quanto suonerà: ed è questo la vera significazione della parola
interpretazione.
La
Rossiniana n. 1 è infatti questo: un capolavoro assoluto di
garbato equilibrio tra i profumi di mare, di frutta, di vino, di
festa tra amici, pienamente restituito dal tocco leggero e sicuro del
M°. Molfetta.
Dire che la
“Frescobalda”
(aria con variazioni) è il “solito” Frescobaldi non suoni come
bestemmia: è infatti il solito
capolavoro innovativo del solito
genio rivoluzionario; se Ligeti nella sua Musica
Ricercata (XI)
volle dedicarla al suo insegnamento fu perché nella sua musica, come
in quella di Bach, c’è la purezza del cantar-suonare armonioso che
evoca
gli affetti degli
ascoltatori, e
il rigore compositivo di chi padroneggia l’arte di mescolare
qualunque
elemento musicale. Lo stesso rigore esecutivo e gli stessi affetti
che ritroviamo dell’interpretazione del M° Molfetta. Coinvolgente
e attenta anche l’interpretazione di Ponce
(Sonatina meridional)
e Rodrigo
(Invocation et dance),
con quel tanto di astrazione, paradigmatica del ‘900, e quel “Sabor
de España”
immancabile
– e guai se così non fosse - nei compositori iberici: una sorta di
contrappunto tra intere forme musicali.
Nel
conclusivo “Light frameworks” anche l’ottima mescolanza
e sintesi di stili che connotano le composizioni di Jappelli, trovano
un’esecuzione di prim’ordine grazie alla delicatezza nel tocco
della chitarra e al sentimento di pacatezza che ne promana.
Grande il merito
dell’Università degli orafi nell’aver creato, con le serate
dedicate alle nicchie, le condizioni per fruire di straordinari
momenti musicali, preziosi quanto i lavori di arte orafa esposti
nelle vetrine, e di piacevole intimità, odorosa di legno antico,
tra interpreti e pubblico.
Due
serate, due gioielli d’oro fino come la cornice che li ha
incastonati.
D’altra parte, stare
a via Giulia da cinquecento anni vorrà dire qualcosa…!
Francesco
Di Giuseppe