Il pomeriggio di ieri l’ho dedicato
alla mostra di pittura riproposta dall’amico e collaboratore di UT
(nel numero dedicato a “La tenerezza”), Marco Fulvi a Grottammare
Alta, Piazza Peretti, presso il negozio di antiquariato e prodotti
artigianali “L’Altro Spazio”, un luogo dall’aspetto
assolutamente inedito, quasi una galleria sui generis. In tre stanze
intercomunicanti appare una scenografia di grande suggestione, che
accoglie originalissime creazioni in un habitat di estrema
raffinatezza, come uno scrigno che si offra delicatamente allo
sguardo. Si entra ed una leggera penombra accoglie sulle pareti
turchine i ritratti di Marco, di un’umanità affidata a una tenace
memoria: tante “icone”, volti rivissuti in profondità, colti in
un loro momento irripetibile, quasi pronunciassero una sola, vergine
parola con lo sguardo teso a illuminare il loro carattere, ad
incontrare vis-à-vis chi arriva di volta in volta.
Sono immagini
che entrano immediatamente in dialogo con chi guarda, chiedono,
raccontano l’esperienza del colore, la pazienza millimetrale
dell’Artista e il momento irripetibile dell’ultima pennellata,
quella che lo congeda dal quadro e lo affida ad un divenire di cui
tutti restiamo partecipi.
La tecnica pittorica, tempera ad uovo su tavola, è
antichissima, e Marco dice di averla appresa a Firenze, da una suora
pittrice di icone religiose.
Ogni quadro si posa, si adagia nel
calore estetico ed estatico dell’ambiente, chiama elegantemente
narrando dell’ incontro tra sé e l’Autore, in una forma viva di
amore, lontana da ogni esibizione, promuovente una pittura classica
ma anche incredibilmente nuova, fiduciosa, misteriosa ma accogliente,
che invita a formulare parole ed elargire emozioni a chi visita
queste stanze piene di un onesto e prezioso antiquariato che per
qualche squarcio di tempo ci ha strappati alla quotidianità.
La scelta del ritratto è un esercizio amoroso,
nel talento della conoscenza.
Nel caso di Marco Fulvi è l’immergersi nella
storia, vista nel suo momento irripetibile, di chi passa con noi
sulla scena del mondo, compagno di strada, amico, conoscente o
sconosciuto la cui immagine è stata intercettata nel respiro della
sua esistenza.
Marco
dipinge visi come corolle tratteggiate al millesimo, basta guardare
la foggia dei capelli, la curva del mento, il lago degli occhi.
Un’infinita attenzione. Il desiderio di essere parte della sagoma
umana che gli sta davanti, o di riconoscerla nei tratti comuni: un
sopracciglio, l’arco delle labbra, l’orecchio, in una meditazione
che si fa attimo e corpo, presente che sfuma nell’istante
successivo, nel quadro magicamente coevi.
Ricreare la vita partendo da un’immagine è
un dono che ogni volta qui scaturisce, e tratteggiare le linee perché
l’immagine sia propriamente quella,
non un centimetro più
piccola, non un sfumatura di colore in più, è una forma di amore
silenzioso per la “figura” e per la pittura in sé, che qui si fa
idioma, si dirama in storia, si va approfondendo, sfacendosi nei
tratti minimi, esagerandosi nella fissità, come in un dato comune
consegnato ogni volta a una memoria millimetrata, che è il tramite
per un microcosmo ordinatissimo che siamo chiamati a “riconoscere”,
a incontrare.
Immerso
nell’unico colore dello sfondo, il volto prende corpo e luce dalla
fisiognomica ogni volta inedita, per cui abbiamo il piacere di
ritrovare magari un amico assorto nella sua posa incontrovertibile,
in unicità con se stesso tanto da diventare icona della sua storia,
contemporaneo a chi guarda per lo scroscio dei capelli o il tratto
della veste, captato in un sorriso che quasi lo trascende, lo
“strania”, oppure in un suo silenzio perplesso, dove forse si
disegnano gli ultimi momenti prima che la posa si realizzi, e
dall’atmosfera d’insieme scocchi il richiamo felice che ci induce
a sostare lungamente, in una domanda che sa già d’amicizia.
Enrica
Loggi
La mostra resterà aperta fino al 29
Marzo.
(Informazioni sull’Artista: www.marcofulvi.it)
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