Lo diciamo subito a scanso di equivoci, è stata una serata all'altezza delle aspettative che abbiamo da un po' quando seguiamo gli Invisibili. Ieri sera abbiamo respirato la ricerca, la voglia di stare in scena, la passione.
Gli spettacoli, uno alle 20 al Teatro dell'Olmo e uno alle 22 al Teatro Concordia, ci hanno regalato due performance ricche di suggestioni, di soluzioni originali, di quella drammaturgia che spesso si pone al servizio dello spettatore in modo populista perché il popolare è un'altra cosa. Abbiamo vissuto, insomma, una sorta di altalena delle emozioni che ci ha spinto a dire: il teatro è qui e ora.
Ma partiamo dal primo (spettacolo, ovviamente).
Ore 20, Teatro dell'Olmo. In scena il Teatro Rebis (Meri Bracalente, Sergio Licatalosi, Fernando Micucci) e i fumetti mai innocenti di Maicol&Mirco.
La drammaturgia, curata dallo stesso Rebis, è fulminante pur nella lentezza dei movimenti scenici e nei silenzi che ne sottolineano l'aderenza con il fumetto ispiratore. Gli Scarabocchi di Maicol&Mirco, come si sa, rappresentano il tutto e il nulla, la voglia di porre l'uomo "fuori dalla storia", il politicamente scorrettissimo. L'errore sintattico sarebbe stato quello di proporre in scena le battute dissacratorie e scabrose dei fumetti, invece no, Rebis le ha interpretate, interiorizzate e poi reso pubbliche. Ne è venuta fuori una piece che ha scatenato solo risate sommesse, quasi pudiche, perché il rapporto con l'inadeguatezza del vivere quotidiano, la depressione che, prima o poi, tutto invade, l'incapacità di una qualsiasi, razionale reazione e il desiderio di morire represso dalla paura, vengono fuori in modo lancinante e provocatorio, come la vomitata in scena di Fernando Amicucci che ha il merito di trasportarci immediatamente dentro la scelta drammaturgica di Rebis.
Soluzioni tecniche originali, come gli spari di una pistola imitati da palloncini bucati al momento, sono uno dei cento escamotage con i quali i fumetti di Maicol&Mirco sono stati affrontati, tutti validi, tutti sorprendenti, tutti piacevolmente innovativi.
Spendiamo una parola in più per Fernando Micucci, un hobbit (fisicamente parlando) che sembra provenire direttamente dalla saga del Signore degli Anelli. Micucci ha raggiunto una maturazione e una capacità di occupare la scena che non ci aspettavamo. Toccano a lui i momenti "peggiori" dello spettacolo, dal vomito, alle frenetiche corse (sul posto), dai balli alle incursioni nella morte alle "sconcezze" che per un attimo divide con Meri Bracalente.
Ma è solo un attimo, come lo sparo che lo autoabbatte fulmineamente al termine dello spettacolo. Esemplare lo striscione che entra in scena poco prima dell'applauso finale: "Fuori l'uomo dalla Storia".
Ore 22, Teatro Concordia. E facciamoci questo Giro del mondo in ottanta giorni.
In scena il "Teatro sotterraneo" (Associazione Teatrale Pistoiese), e Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Mattia Tuliozi.
Spettacolo elegante anzichenò, questo del Teatro Sotterraneo che, come leggiamo nelle note della brochure che accompagna gli Invisibili 2016, "fa parte di un progetto legato ai racconti di genere e alla narrazione popolare". Il celebre romanzo di Jules Verne, viene, di conseguenza, riadattato e attualizzato con l'introduzione di elementi contemporanei come gli aerei e gli "effetti speciali" che ne caratterizzano la proposta narrativa. La loro è una storygame, un gioco dell'oca ipertecnologico, un viaggio scandito da tessere che richiamano il Monopoli, dove non si vincono né comprano ville, case e alberghi ma tappe successive. Questo gioco, ovviamente, è interattivo e chiama il pubblico a una partecipazione attenta e costante alla messa in scena.
Sul palco un grande planisfero che, come un vidiwall rimanda animazioni e come una lavagna, diventa l'appendi-tappe. L'interpretazione di Sara Bonaventura e Claudio Cirri è aderente alla storia narrata; veloce, a tratti frenetica, rappresenta il modo che abbiamo oggi di comunicare, un modo che se rallentato perde di colpo senso ed efficacia.
Sempre nelle note (di cui sopra), si legge che il "testo di Verne si trasforma in ipertesto con rimandi che ricollocano il Giro ai giorni nostri", vero e magnificamente tradotto. Ecco allora l'apparizione di un aderente alla purezza della razza bianca, un membro del Ku Klux Klan che si materializza non appena si fa cenno alla multirazzialità e agli infiniti Sud del nostro pianeta; Mickey Mouse che diventa il simbolo dell'America vincente, il Panda che accompagna il trip di Passepartout alle prese con l'oppio, perché Phileas Fogg è qui con noi, stasera, e ci è sicuramente più simpatico dell'originale.
Belli i costumi, essenziale ma raffinata la scenografia, Mattia Tuliozi che, silente, interpreta un dj multimediale che dà suoni, effetti e immagini a una rappresentazione che dovrebbe girare tutte le scuole d'Italia, magari anche in più di 80 giorni.
Massimo Consorti