Il Teatro dell’Olmo, nell’ambito
dei Teatri Invisibili di quest’anno, ancora una volta ci riserva le
sue magie. Nello spazio quadrangolare circondato da sipari neri ieri
sera abbiamo trovato a vegliare due microfoni e una fisarmonica. Il
tempo di aspettare l’ultimo spettatore e lo strumento di Sergio
Capoferri avrebbe incontrato una mano sensibilissima, e lo sguardo di
Piergiorgio Cinì avrebbe dato il via alla musica sommandosi alle
parole in un’alternanza ricca e delicatissima, mentre il tema
“Frontiere” avrebbe incontrato la voce, la classe, la
compostezza, l’emozione di Piergiorgio, che aveva fatto suoi i
versi e le prose di poeti e scrittori, dividendo tra loro il suo pane
che è pane da sempre: l’interpretazione. Nella voce di Piergiorgio
si cala l’indicibile, nelle sue assonanze e dissonanze trova posto
la dignitosa commozione, una maestria che è diventata perfetta negli
anni, e che riesce a porgerci i temi, le trame con estrema
discrezione, senza mai forzare: anzi, via via che la recitazione
prende il volo, questa voce che abbiamo imparato ad amare nel tempo
si flette, si moltiplica, si conferma, si nega magicamente. Ieri sera
portava con sé la memoria delle tragedie umane nel Mediterraneo ma
anche un punta di humour tragico, che ha fatto di questa versione il
caleidoscopio generosissimo di un impegno umano, della sua forza e
insieme del senso d’impotenza dell’Arte a risolvere la vita, e la
mestizia che ne scaturisce. Intanto le parole correvano sul filo
della musica e sul filo del nostro sogno cosciente, nell’ombra di
un continuo smarrito stupore davanti al mistero della sofferenza e
alla fiducia in una speranza che, verso la conclusione, spunta come
un fiore di campo dall’anima desta della scrittura.
Il tutto
veicolato dalle note a volte esili, a volte travolgenti, sempre
struggenti di uno splendido Sergio Capoferri. Musica e parole
vegliano lo spazio dell’Olmo come un arrivederci, come la promessa
di sciogliersi per noi in un altro volo.
Enrica Loggi
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