Restaurava con genio e passione bici di ruggine dai freni a bacchetta, produceva acquerelli d’incantata bellezza, disegnava a mano libera - con cura affettuosa del particolare - volti, paesaggi, macchine d’epoca, aeroplani, barche a vela, paesi piceni e croati…
Progettava creando, con quel gusto inconfondibile che per decenni ha generosamente sparso sul territorio, ma il suo talento non è stato apprezzato come meritava.
Si son “dimenticati” pure che è morto: un paio di giorni fa, un lieve chiarore ad est gli ha detto di andare a riposare…
Ci piaceva come scriveva. Gli chiedemmo un pezzo per UT, “La Notte”, e ce lo inviò con l’acquerello che ne “conteneva” il testo. Ne facemmo l’editoriale: era la “sua” notte, vista e narrata dalla casa in collina di Grottammare.
Dall’ultimo suo rifugio di Castorano (che non abbiamo fatto in tempo ad andarci), l’ultima notte di Franco forse non è stata molto diversa, ed è stata solo sua. Ma non ne avremo mai l’acquerello.
*
Da UT (n°5, 2013) “La Notte”, editoriale
La notte di Pirzio
Il giorno è di tutti, la notte è solo mia. Io gliel’ho confessato e così lei è diventata possessiva e gelosa, non mi lascia più in pace. Alle tre, qualche volta prima, mi sveglia e mi tira giù dal letto, mi dà tregua solo quando sente i miei passi strascinati muovere il ghiaietto di via Berlusconi (chi conosce questa storia sa di cosa parlo) mentre mi avvicino al capanno officina dove restauro biciclette dal nobile freno a bacchetta, o gli altri passi più sordi che mi accompagnano allo studio dove dipingo. Mi siedo davanti ai colori e lo spazio si restringe e si trasforma e si riduce a un microcosmo dove il tempo rallenta e che ha un solo protagonista… me. Ma non è così. Fuori un predatore notturno, forse un allocco o un barbagianni, chiama con un brivido sinistro e la porta aperta mi fa sentire passi felpati di faine e di volpi. La notte mi sostiene e mi culla, guidando i miei gesti. Poi mi molla e colpi incontrollati di sonno mi sbattono la testa sul tavolo e sull’acquerello, lasciando segnacci sulla carta che mi distruggono il lavoro delle ore precedenti. La notte guarisce le fatali rovine degli scempi architettonici, e una finestra accesa nel buio copre la struttura che la ospita. Notte sul mare o da incubo, dove coste che sembrano lontane sono invece pericolosamente vicine, e coste vicine sono faticosamente lontane. Notti con la luna piena lontana, ma così vicina da far leggere la carta nautica. Notti buie come la pece in cui sembra navigare nel nulla… e venni in luogo di ogni luce muto che mugghia come fa mar per tempesta se da contrari venti è combattuto… Poi un lieve chiarore appare ad est e ti dice di andare a riposare… che alla notte ci penso io, te la farò ritrovare vergine fra poche ore… Buonanotte.
Franco Pirzio
PGC - 14 febbraio 2018
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