Il grande cruccio del “nostro” Paolo De Bernardin era quello di non sapere a chi consegnare quel suo “Tesoro”: dischi a migliaia, raccolti in decenni di amorevole ricerca, di ascolto, di studio e lavoro. Temeva, a ragione, che potesse andare irrimediabilmente disperso.
Chi poteva capirne il grande valore storico e culturale?
Chi avrebbe saputo catalogarlo e proteggerlo?
Chi disponeva di spazi adeguati, da attrezzare non certo come un museo?
Chi avrebbe coraggiosamente investito e disinteressatamente offerto alla collettività il privilegio di assaporare dischi da tutto il mondo, selezionatissimi, e certamente rari o introvabili?
Chi credeva realmente nella musica fatta non “solo” di Classica o di canzonette?
Chi, incitato da una passione infinita come la sua (quasi una malattia), avrebbe continuato la ricerca, arricchito e incrementato questo “Tesoro”?
Degli amici che lo ascoltavano, qualcuno gli dava vaghi consigli, qualcuno gli diceva brutalmente di vendere, qualcuno sminuiva la sua preoccupazione, qualcuno tirava via, gli diceva di non pensarci, per scaramanzia…
Così Paolo, quasi da solo, non poteva che percorrere le solite strade: Istituzioni, Comuni, Banche, Fondazioni, Teatri, Conservatori, Istituti Musicali, Editori, collezionisti sensibili e affidabili (non famelici e spietati)… Ma nessuno ha capito il “regalo” che gli si proponeva. Finchè, l’altro giorno, a Paolo è scaduto il tempo.
Ora il suo Tesoro indivisibile e senza prezzo è in pericolo.
Gli amici, che non seppero o non vollero aiutarlo a trovar soluzioni, vigilino - almeno adesso - sulle mani adunche e ignoranti sempre in agguato.
PGC - 11 giugno 2018
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