15/12/18

L'amore è uno stregone

PAOLO CONTE
Cinquantanni di azzurro

Teatro Europaditorium Bologna
11 dicembre 2018    h21

Lamore è uno stregone

… l’amore è uno stregone un fuoco
isterico magnifico
carezza di una mano che semplifica
           (“Elegia”- P. Conte, 2004)


       La vecchiaia può portare anche un po di follia, dice in unintervista recente. Vero, se come la sua - classe 37 - è abitata dal genio; se vi troviamo intatti la poesia e lironia, la fantasia e il realismo magico di un indomito novecentista errante per il quale il tempo forse non esiste; se quella sua musica distilla ancora sullattualità frettolosa melodie e ritmi saldamente radicati nellidentità culturale europea del ventesimo secolo. 

        I suoi 50 Anni di Azzurro sono anche qui, condensati in questora e mezza, nel teatro al completo, nella voce sghemba dello chansonnier, fra il pubblico che alla prima nota riconosce ogni brano nei geniali arrangiamenti e si abbandona alle sue vibrazioni o lappoggia a momenti del proprio vissuto.

        E tutto il meglio è già qui, in quel percorrere stili e generi e ricomporli in lampi di prestigiatore. Forse perché è anche pittore, Conte disegna in testi e in note il suo reale e il nostro: sciabolate di luce, ellissi di parole, abbozzi che aprono allimmaginario e sembrano piantarti lì in sospeso, come certi gatti o certi uomini / svaniti in una nebbia / o in una tappezzeria; lascoltatore è servito, a quel filo può agganciare la sua toponomastica privata, srotolarne un capo e riavvolgerlo a piacimento, ritrovarvi commozioni e allegrie, un tempo fatto di  attimi / e settimane enigmistiche

        Sul grande palco niente effetti speciali, niente dei barocchismi con cui i mediocri di successo farciscono il nulla. La sobria sapienza delle luci basta a dar risalto ai musicisti superlativi alle sue spalle, ai solisti che a turno lo affiancano in preziosismi senza ostentazione; lui, è il maestro che sembra suonare in un club per pochi amici, la voce ruvida e scoscesa che conosciamo, trascolorante dal recitativo al canto e viceversa, lo sberleffo gracchiante ma elegante del kazoo (il buffo strumento che dopotutto è rimasto la mia orchestra preferita); e lorchestrazione sontuosa che nel conclusivo Diavolo Rosso si dilata in una frenesia di percussioni e corde, in superbi assolo di sax e poi di violino e poi di fisarmonica ad evocare voci dal sole e altre voci altri abissi di luce / e di terra e di anima 

Musicisti talmente storici e in tale simbiosi che non stupirebbe se oltre a suonare vivessero anche insieme, e che in quindici formano un orchestra vera e completa.

        Le parole dondolano pigre tra poesia e prosa, sublime e quotidiano, o rapide volteggiano nel recuperare il cielo ad alta quota, maliziose occhieggiano dietro la porta del pomeriggio

La musica le contiene in tanghi e milonghe dalleleganza di zebra, in blues che virano in tango, rumba oallegria del tango, e in jazz naturalmente (Sono un ragazzo del dopoguerra, la generazione degli amanti del jazz); ne fonde il meglio in accordi, arrangiamenti, tempi e risonanze, evoca più che descrivere, e sempre va a smuoverci qualcosa nel profondo. 

        Poesia allo stato puro, è stato detto della musica di Conte; ma anche che non cè bisogno di chiamarlo poeta e di dargli questa pesante aureola in più  E certo non servono etichette al multiforme troviere che in musica disegna il colore di unepoca, e di questa il quotidiano e laltrove, il tinello marron e le palme inquietanti e inquiete, la provincia universale coi suoi umori e i suoi miraggi devasione, dove i ballerini aspettan su una gamba / lultima carità di unaltra rumba

        Che siano enigmatici ed ellittici o realisticamente ancorati allo spazio fisico - un tram, un albergo, un taxi più un telefono più una piazza - nei testi affiorano memorie e attese, il duplice binario del sogno e del quotidiano su cui la vita corre, deragliando a volte. 

        Ci si incontra - ci si ama forse - ma  sempre lamore balena come distanza da colmare, viaggio da intraprendere o fuga - Via via, vieni via di qui / niente più ti lega a questi luoghi - È gioco dazzardo - perché volersi e desiderarsi / facendo finta dessersi persi - è sogno o intuizione come la notte, come il Mocambo; lamore è uno stregone: cerca rifugio nella lontananza, lo sovrasta il presagio della delusione - certe parole sanno di pianto / sono salate, sanno di mare E latto damore è un eros effimero, lampo fuggitivo senza storia.

        È sobrio e caldo il congedo di Conte dal suo pubblico che in piedi lo applaude; una comunicazione intima e profonda ha pervaso tutto il concerto, ogni parola in più sarebbe di troppo. Bisognerebbe tutelarlo come patrimonio dellumanità un incontro così, assaporato nello spazio accogliente e arioso di un teatro, in composto entusiasmo senza scalmanati chiassosi feedback da star a pubblico.

        Ci resta quella musica, la sua, quei cinquantanni di azzurro chepuoi portarti in tutti i viaggi come un libro prediletto di poesie.

Sara Di Giuseppe - 13 dicembre 2018


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