NÁRODNÍ DIVADLO - PRAGA
VALMONT
Balletto basato sul romanzo di P. Choderlos de Laclos
“Les liaisons dangereuses”
Coreografia
Libor Vaculík
Corpo di ballo del Teatro Nazionale di Praga
Musiche
Franz Schubert - Pēteris Vasks
Praga – Stavovské Divadlo (Teatro degli Stati)
10 maggio 2019 h19
PARTITA A SCACCHI
“Siamo sinceri: nei nostri intrighi amorosi così freddi e fatui, ciò che chiamiamo felicità è appena piacere”
(Lettera VI)
P. Choderlos de Laclos, Le liaisons dangereuses
Una grande opera letteraria, il polifonico romanzo epistolare di Pierre Choderlos de Laclos (1782) e la sua trasposizione nel linguaggio della danza: sfida coraggiosa che il coreografo-scenografo-regista Libor Vaculík accoglie e vince. ”Quando Petr Zuska (direttore artistico del Corpo di Ballo del Teatro Nazionale di Praga) mi ha proposto questa trasposizione ho pensato che fosse impazzito” scherza il coreografo, e l’eccellenza del risultato glielo permette.
Sapientemente frazionando e ricomponendo in “quadri” il meccanismo complesso dell’opera - grazie ad originali soluzioni scenografiche - la coreografia sviluppa l’azione con rigore drammaturgico, e del romanzo conserva la perfetta struttura di congegno ad orologeria che dispone e muove i suoi pezzi sulla scacchiera; il plot, vera apoteosi dell’arte della manovra, è scandito nei passaggi salienti dalle lettere affidate a voci fuori campo; la danza - superbo amalgama di classico, moderno e contemporaneo con incursioni fra i mostri sacri Balanchine, Forsyte, Kylián - disegna la geometria di una partita a scacchi in perverso equilibrio fra divertimento e vendetta, gioco e intrigo: nessun vincitore, alla fine, ma solo una catastrofe senza catarsi.
Il caleidoscopio di broccati, decorazioni e parrucche rococò è, nella prima parte, cornice e sfondo alla fatuità di un mondo di apparenze e libertinaggio; nella seconda, solo il bianco e nero della scacchiera e il gioco di luci e ombre presagio di tragedia. Così, i movimenti sinfonici di Franz Schubert e le dissonanze del compositore Pēteris Vasks sono il tessuto musicale dell’azione nel suo precipitare dalle iniziali manierate lievità all’intrigo cinico e dissoluto.
Il gioco seduttivo condotto secondo il codice libertino dalla Marchesa de Merteuil (una sofisticata, perfetta Alina Nanu) e dal suo degno e manipolato amante, il frivolo seduttore Visconte di Valmont (un intensissimo Giovanni Rotolo, italiano di Polignano a Mare, primo ballerino del Corpo di Ballo del Národní Divadlo) si traduce in una danza tecnicamente impegnativa che disegna con maestria la complessità delle relazioni, la linea sinuosa lungo la quale si dispongono il capriccio e l’imprevisto, l’irrompere della passione che smentisce il credo libertino, il “movimento involontario” dell’amore che turba e scompiglia il disegno preordinato; il testo coreografico esalta personalità e virtuosismo dei singoli: non vi è coralità nella creazione di Vaculík che al contrario scolpisce una galleria di singoli ruoli e caratteri, ciascuno sbalzato in robusto altorilievo sulla scena.
Accanto alla coppia Merteuil-Valmont, tutti gli altri protagonisti - l’infelice Madame de Tourvel, la dolce giovanissima Cécile de Volanges, l’appassionato cavaliere Danceny - formano un “concerto di solisti”: ciascuno vi danza il proprio dramma, che da intimo si fa epico nel comune precipitare - per vie diverse - dentro la tragedia finale. Un registro stilistico che richiede ai ballerini qualità tecnica, rigore, eleganza, ma anche doti interpretative - quasi “attoriali” - non comuni perché il grande tema umano che il romanzo affida alla parola si trasferisca nel linguaggio del corpo, demandando ad esso l’espressione dei moti interiori e l’urgenza degli snodi narrativi.
Gelosia, vanagloria, brama di prestigio, volontà di dominio, sete di vendetta e tutto quanto attiene all’affermazione perentoria dell’ego, si disegnano plastici nel microcosmo che M.me de Merteuil manovra da malefico demiurgo. “Ci sono individui che non si fermano davanti a nulla. E sopravvivono” - commenta L.Smoček - drammaturgo e direttore di scena.
Un tema poderoso, filtrato dall’intensità evocativa degli stilemi coreografici: per questa via, il romanzo di denuncia della nobiltà francese settecentesca scende nella danza ad incontrare il nostro presente, a farsi metafora di ogni dinamica – individuale o collettiva, di ieri o di oggi – che manipola e asservisce, che fa dell’uomo soltanto un “mezzo” e mai un “fine”.
E la vocazione autodistruttiva di una società - l’aristocrazia settecentesca - ignara di un mondo che al di là di quei confini dorati è in irreversibile mutazione, è davvero - fatte le dovute proporzioni - così lontana da noi? Le coreografie di Vaculík ci dicono di no: il finale chiaroscurato da cui sono spariti crinoline e broccati, la luce fioca delle lampade che vegliano la salma di Valmont, le fiamme che dalle lettere gettate nel braciere si innalzano ad avviluppare ogni cosa ci trasferiscono da un’epoca e dalla sua vicenda storica alla universalità e atemporalità del simbolo.
Sara Di Giuseppe - 15 maggio 2019
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