Autoctophonia Festival
Grottammare – Paese Alto
“Teatro Ospitale” – Casa delle Associazioni
Iª Edizione Estate Luglio-Agosto 2019
“Il fabulatore incantevole”
a cura di TeatrLaboratorium Aikot27 e Gruppo Aoidos
27 luglio 2019 h 18.15 e 21.15
IL BASSISTA
“Memorie di un musicologo perverso”
di e con
Vincenzo Di Bonaventura
Grottammare – Paese Alto
“Teatro Ospitale” – Casa delle Associazioni
Iª Edizione Estate Luglio-Agosto 2019
“Il fabulatore incantevole”
a cura di TeatrLaboratorium Aikot27 e Gruppo Aoidos
27 luglio 2019 h 18.15 e 21.15
IL BASSISTA
“Memorie di un musicologo perverso”
di e con
Vincenzo Di Bonaventura
SECONDA FILA, TERZO LEGGIO
Macchina attoriale nella pienezza dell’accezione beniana – e dunque attore solista ma anche regista, sceneggiatore, musicista, tecnico del suono ecc. – Di Bonaventura annulla ogni distanza fra sé e il pubblico, porge allo spettatore una riscrittura scenica a cui aderire con tutto il coinvolgimento emotivo, sensoriale, neuronale, di cui si è capaci.
Oggi un apparato fonico d’antan ma poderoso - ben 13 casse-armadio, più aggeggi di variegata pittoresca tecnologia - crea il tessuto acustico di una “partitura” complessa e visionaria, “Il contrabbasso” di Patrick Sϋskind (1981): alluvionale flusso di coscienza che del protagonista - terzo leggio nella seconda fila dei contrabbassi dell’Orchestra di Stato - svela il microcosmo di “manovale della musica”, coagulo di frustrazione e impotenza intorno al feroce amore/odio per l’ingombrante, monumentale, antropomorfo, cannibalizzante strumento musicale.
Sublimato dalla grazia dell’ironia, il poderoso monologo è insieme allucinata dichiarazione d’amore per la musica, perorazione della centralità pur misconosciuta del proprio ruolo di contrabbassista, inno a quello che ”nelle sue quattro corde racchiude la potenza di un’orchestra”, il più “femminile” degli strumenti con le sue curve che invitano all’abbraccio; ed è al tempo stesso perturbante metafora dello smarrimento e dell’insignificanza dell’intellettuale in un universo di prevaricazione ed esibizionismo; della condizione dell’artista sempre in bilico tra arroganza e fragilità; della solitudine dell’uomo-massa, specie se colto e sensibile, vaso di coccio tra vasi di ferro.
“Se c’è una cosa inconcepibile è un’orchestra senza contrabbasso (…) un’orchestra comincia a esistere solo quando c’è un contrabbasso”: alle nevrotiche considerazioni sulle gerarchie orchestrali, sul ruolo degli altri strumenti (…E il primo violino, come si sentirebbe il primo violino senza contrabbasso? Nudo, come un imperatore senza i vestiti!...), sull'inutilità del direttore (lasciamo il direttore sbacchettare, il direttore è un’invenzione del 18°secolo…) si alternano spezzoni delle melodie di Brahms, di Schubert, amate con lo stesso ardore con cui Wagner è odiato (“Se ci fosse stata la psicanalisi ci saremmo risparmiati quel mostro di Wagner…”): ah la Seconda di Brahms! ah l’Incompiuta di Schubert! ah il tuono dei cinque contrabbassi all’unisono - che ne trema l’orchestra - per il brivido della straussiana Salomè affacciata sull’orrenda prigione di Johanaan!...
Ma la stessa monumentalità del meraviglioso strumento incombe ossessiva sul microcosmo privato del musicista e - quel che è peggio – nell’orchestra lo rende invisibile a Sarah, affascinante soprano e amorosa ossessione: lo sguardo di lei non è mai rivolto al contrabbasso di fila, ma lei c’è sempre, “con quella voce, quell’organo divino”, invade i sogni notturni, a volte “mi appare anche di giorno”…
D’altra parte come ignorare che non c’è niente di più opposto di un soprano e di un contrabbasso? Il contrabbassista è il primo a saperlo, non esiste una musica scritta per loro; alla Biblioteca musicale, forse, solo “due arie per soprano e contrabbasso obbligato” poi un nonetto di Bach… poca cosa; e poi lei esce con un cantante italiano…
Infine è chiaro a tutti, come no, che “In realtà non si è nati per il contrabbasso (… ), ci si arriva per vie traverse, per caso e per delusioni” e lui c’è arrivato per vendetta e rivalsa: contro il padre che non lo voleva artista, e contro la madre artista, per vendicarsi della quale si dedica allo strumento più ingombrante, goffo, “il meno da solista che ci sia”: e per deludere l’uno e l’altra ed “assestare a mio padre una pedata nell’al di là” diviene “proprio un impiegato: contrabbassista nell’Orchestra di Stato, terzo leggio”.
Non può che tracimare, e lo farà, l’energia accumulatasi nell’intreccio di frustrazione, orgoglio, rabbia, delusione, come un fiume sotterraneo pronto ad esondare con violenza: ed ecco lo spettacolare “grido del suo cuore innamorato” - SARAH! - esplodere nel bel mezzo dell’orchestra, mentre questa sospende il respiro in attesa dell’inizio e “le tre figlie del Reno stanno là come inchiodate dietro il sipario chiuso”… L’effetto sarà “colossale”, c’è da immaginarselo.
Ed è appunto solo immaginazione: il resto è struggente ripetitivo delirio, “ a volte immagino di vedermela davanti, molto vicino, come il contrabbasso in questo momento…”.
E’ soprattutto un’ode alla musica questo testo teatralissimo, struggente e ironico, che risucchia lo spettatore in un vortice di emozioni, sensazioni, deliri. Con qualcosa di felliniano - e pertanto di straordinariamente poetico - nella parabola tragicomica del protagonista. E mai fabulatore fu più “incantevole” dell’attore-solista che oggi gli presta la sua voce e la prodigiosa memoria. E che come un magnifico contrabbasso racchiude in sé la potenza di un’intera orchestra.
Sara Di Giuseppe - 29 luglio 2019