Potrebbe continuare con ancora più successo la mostra di pittura “Eschatology” di Mario Vespasiani - appena conclusasi questo 19 novembre al MUMI [Museo Michetti] di Francavilla a Mare (CH) - se le due monumentali opere lunghe ben 10 metri potessero essere esposte – magari per un tempo limitato – nel vicolo più stretto d’Italia della sua bella Ripatransone.
Non sarebbe un’inutile “provocazione d’artista”.Lo “scontro-danza dei due pavoni in un paesaggio fortemente contrastato” su una parete, “l’immenso sfondo montuoso con l’apparizione di figure simboliche, umane e di animali, leggendarie e geometriche” sull’altra (vicinissima, quasi attaccata) parete del vicolo, inciterebbero come non mai lo spettatore ad una “partecipazione fisica e mentale”.
Dato che Eschatology è una dottrina che indaga addirittura il destino ultimo dell’individuo, dell’intero genere umano e dell’universo, e Vespasiani la interpreta qui alla sua maniera - senza risparmio di energia e mezzi e con estremo sfolgorio di colori, traendo ispirazione da intime convinzioni filosofico-religiose - l’aspetto “dimensionale” è importantissimo.
Infatti al MUMI potevi passeggiarci, “davanti” a queste due grandi opere, guardarle da lontano, contemplarle da qualche diagonale. C’era il vuoto intorno, nulla le disturbava.
Ma perché adesso non fare l’esatto contrario e vedere l’effetto che fa? Perché non presentare questi due grandi quadri di grande pensiero - per i quali il più grande volume espositivo potrebbe concettualmente addirittura non bastare - in uno spazio minimo che più minimo non si può, ma famoso e carico di storia (dove, tra l’altro, Mario è di casa)?
Se lo spazio è un po’ “relativo” come il tempo, se intorno all’arte proviamo a comprimerlo - a farlo tendere a zero come si dice in matematica - l’effetto emozionale non potrebbe essere “infinito”?
Nel vicolo più stretto d’Italia (43 cm, 38 in qualche punto!) due grandi quadri di 10 metri curiosamente uno di fronte all’altro - tanto da rendere quasi impossibile il passaggio fisico dei visitatori - forse farebbero non solo da calamita per i curiosi, ma acquisterebbero altri significati, profondi e ancora inesplorati, di grande complessità, di portata emozionale non misurabile…
Poi: metti a Ripa una giornata uggiosa, con quella nebbia un po’ così quell’espressione un po’ così… L’evanescenza che Mario con maestria ha infuso in queste due opere si trasferirebbe, dal nostro caro vicoletto, in ogni pensiero vagante nella piazza e vi resterebbe inciso. Sarebbe un altro record.
PGC - 21 novembre 2019