19/12/20

MA SIAMO SICURI?...

        “L’esponente caratteristico delle alte sfere odierne è intellettualmente mediocre, qualche volta in maniera consapevole, ma pur sempre mediocre”
        
(Ch.Wright Mills, 1956)
 
 
        Storicamente accade che nelle grandi famiglie ci sia prima o poi il figlio o l’erede scemo, o più d’uno. Vedi gli Agnelli eccetera. I Guzzini a loro volta furono casalinghi e illuminati, e il loro marchio fu iconico. Poi fatalmente può arrivare il discendente che derazza, anche senza eguagliare le res gestae di un Lapo.
        Senonchè per un curioso fenomeno tutto italiota, la patente d’imbecillità congiunta all’appartenenza a grandi e mercantilmente blasonate famiglie qui fa curriculum e forma carriere.
Così si arriva, come il Guzzino in questione, a ricoprire almeno la presidenza di Confindustria Macerata (per ora). Da qui alla sparata infelice il passo è breve: la voce dal sen fuggita - “Se qualcuno morirà, pazienza” - fa il giro del Belpaese che s’indigna come un sol uomo, e prima che sia riuscito a ingoiarsi la lingua, il Nostro si vede costretto a lasciare la carica, chiedere scusa e bla bla.

        E un po’ forte di certo lo è, uscirsene a dire che pazienza un po’ di morti (più importante salvare l’economia, è il mercato bellezza, questo più o meno l'illuminato guzzinian retro-pensiero).

        Ma siamo sicuri che il guzzino nostro non sia stato solo meno prudente e falso degli altri? Siamo sicuri che quel che lui ha avuto la balordaggine di lasciarsi sfuggire di bocca, gli altri - cioè (quasi) l’intera galassia imprenditoriale, nonchè una certa opinione pubblica qualunquista reazionaria e retriva - non l’abbia sempre pensato?
        Confindustria non poteva far spallucce, la faccia(ta) è tutto in certi ambienti, ma davvero pensiamo che in generale i nostrani imprenditori si lascino impensierire più dal costo in vite umane di questa catastrofe che dal costo della stessa in termini di fatturato?

Sono i meno penalizzati, loro: ristori, dilazioni e casse integrazioni (intascati da molti anche senza averne bisogno) non sono mancati eppure essi sono i primi a frignare (“è poco, non ci basta”) e vien fuori l’anima profonda di un’imprenditoria incapace - non ci sorprende - di guardare oltre il proprio particulare e i conti in banca.
Eccezioni ci sono, ma poche.
 
        Indigeribile è l’ipocrisia degli scandalizzati e degli indignati: anime belle della politica, degli affari, del giornalismo, e non è un caso che il giovin guzzino abbia quasi rubato la “battuta” a compar Toti, sgovernator di Liguria e diretto discendente delle logiche da barattiere del Caimano: anche per Toti, tempo fa, “pazienza i morti”…

        Che tutto ciò possa accadere, e che addirittura una parte dell’opinione pubblica - seppur piccola, speriamo - trovi veniale il peccato (magari perché questi personaggi “danno lavoro”) significa aver smarrito l’unico orizzonte possibile, che veda l’uomo sempre come fine e mai come mezzo; ed essere a un passo da quella “società ottusa” nella quale non più l’uomo è misura di tutte le cose - come nell’antica filosofia - ma sono le cose ad essere misura dell’uomo,
“senza che vi sia un limite al suo essere strumentalizzato e sacrificato in nome delle cose stesse” (P.Ercolani, Figli di un io minore, 2019).
 
 
Sara Di Giuseppe - 18 dicembre 2020

17/12/20

Toponomastica sambenedettese da ridere

Non bastavano i cartelli delle vie scritti da somari patentati e forse laureati, con le iniziali dei nomi in minuscolo e spesso, addirittura, con in minuscolo nome e cognome del personaggio illustre cui s'intitola la via.

San Benedetto ci è abituata, non ci fa più caso, e che sarà mai se Ugo Foscolo lo scriviamo ugo foscolo, l’ignoranza è la nostra orgogliosa bandiera… 

Adesso però cominciano pure a fare la caricatura del nome! Prendi questa:
via m. ncenisio  (foto 21 ottobre 2020)
 
Un’indagine molto accurata ha accertato che, se metà dei cittadini non s’è accorta di niente, l’altra metà però si sganascia dal ridere. 
 
Infatti: attaccato al cartello di via m. ncenisio c’è lo STOP, e lì la gente si ferma, ride, ride ah ah ah e suona il clacson. Un successone, il buonumore fa sempre bene, specie in questi tempi tristi. Forse l’hanno fatto apposta. 

Dunque si pensa anzi si auspica che altre strade cambieranno, così potremo avere:

via   m. ncalieri
via   m. nfalcone
via   m. ntebello
via   m. ntefeltro
via   m. ntello
via   m. ntenero
via   m. nterenzo
via   m. ntessori
via   m. ntevergine
via   m. nterosa
via   m. ntecretaccio
          
………….
 
E  i maligni non dovranno pensare a refusi, sviste, crassa ignoranza, perchè si tratterà invece di una meritoria operazione-buonumore a basso costo e a prova di taccagneria: un cartello metallico nuovo, completo di staffa, costa € 28.50 +IVA, uno autoadesivo 5.95…
 
PGC - 17 dicembre 2020

14/12/20

Caro ambasciatore ti scrivo

Caro ambasciatore ti scrivo
così ti distraggo un po’

e siccome sei molto lontano
più forte ti scriverò…
 
        Caro ambasciatore d’Italia in Egitto Giampaolo Cantini, forse la distraggo un po’, Lei ha tanto da fare… ma poiché la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando, io spero ancora - ma quasi non spero più - che si tratti di una risolutiva svolta nel caso dell’assassinio di Giulio Regeni.
Lei, che vive al Cairo da più di 3 anni, sa meglio di tutti che si tratta di un maledetto imbroglio che “non deve” essere risolto. Da una parte, il presidente dell’Egitto Al Sisi che ci prende in giro fingendo di collaborare quando lui stesso è complice del delitto. Dall’altra, l’Italia che annaspa perchè chiede giustizia con la debolezza di chi non vuole o non può disturbare gli affari - legittimi o loschi - che legano i due Paesi.

Lei sta in mezzo. Ma Lei non è uno qualunque, Lei è importante.
 
        Ecco, in questa vergognosa storia senza fine io mi aspetto un’azione stupefacente proprio da Lei. Questa: faccia i bagagli e vada via di sua iniziativa, prenda il primo aereo per Roma, mandi a quel paese Al Sisi “in memoria di Giulio Regeni”. Noi verremo tutti all’aeroporto ad abbracciarla.
Ieri Corrado Augias, “in memoria di Giulio Regeni”, ha restituito a Macron la Legion d’Onore perché ha insignito della stessa onorificenza proprio quell’Abdel Fattah Al Sisi complice di efferati crimini. Un gesto di protesta inconsueto, ammirevole, coraggioso e forte.
Lei può e deve fare molto di più
, ne ha l’opportunità. Mica s’aspetterà d’esser “richiamato in patria per consultazioni” (ma quali..) come frettolosamente toccò al suo predecessore (campa cavallo, adesso…).
Riguardo al caso Regeni (ma non solo), il nuovo anno potrebbe addirittura essere peggiore di questo, altro che “trasformazione”. Cosa c’è da trattare con un figuro come Al Sisi? Aspettiamo ancora, e quanto?
I passi felpati della diplomazia non sono ammissibili in questo vergognoso affaire. Ci vogliono slanci morali, anche rischiosi, imprevedibili e impensabili, specialmente in un mondo appartato e prestigioso come il Suo. Che rumoroso scatto in più sarebbe, e che eco avrebbe, questo della Sua libera e sdegnosa partenza senza ordini dall’alto! 
I soprusi, i mezzi della Polizia Politica egiziana, gli imbrogli dei suoi governanti, già troppi, continueranno impunemente.
 Lei non può continuare a girare per il campo come un elegante arbitro inutile. STOP. Lei non gioca più.
        Caro ambasciatore Cantini, dia retta: prenda e vada via, dia le dimissioni dall’Egitto, adesso. La Sua categoria, sempre un po’ sotto traccia, risalirà nelle quotazioni e - silenziosamente - Le sarà riconoscente. E gli italiani - non succede spesso, per fondati motivi - penseranno all’utilità e soprattutto all’umanità di un bravo ambasciatore, per una volta fuori dal coro.


Pier Giorgio Camaioni - 14 dicembre 2020


 

CHE COSA È IL JAZZ.

Quando non sai cos'è, allora è jazz! Il jazz è uno di quei generi di cui ti innamori subito, a prescindere. Cominci ad amare quella canzone perché c'è qualcosa nel ritmo che parla di te, che racconta di te, che muove e smuove delle tue sensazioni, i tuoi ricordi, una manciata di pensieri, e nella gran parte dei casi non ha nemmeno bisogno di un accompagnamento vocale. 
È l'esempio di come la musica vada oltre, oltre ogni cosa. Di come la musica si faccia capire benissimo pur essendo solo aria e nell'aria. S'innalza con grinta ed arriva dritto verso la parte più intima di noi stessi, più propensa e vicina all'emozione riprodotta da quel ritmo.
 
Il jazz è amore, tecnica, passione, sperimentazione ed improvvisazione.  
È tra i generi musicali più belli al mondo. È un'arte a sé all'interno del mondo stesso - immenso - delle note. Ha un ritmo incredibile, si è sempre mescolato bene ad ogni tipo di genere musicale già esistente e - soprattutto - moderno.  Credo sia giusto che venga promosso e divulgato.

Negli anni ’70, la Milano non da bere che guardava verso l’Europa, era una fabbrica di alta cultura e si poteva suonare musica di alta qualità. Soprattutto Il jazz perché il jazz aveva bisogno di poco. Il jazz è una musica acustica perciò: sassofono, tromba, piano, qualche volta il vibrafono, una batteria, un amplificatore per il basso e già ci siamo! Quindi era molto più semplice organizzare dei concerti Jazz di alto livello nell’ambito dei locali. 

In quell’epoca i giovani non si dedicavano ad incontrarsi per un “Happy Hour”, ma lo facevano andando ad ascoltare la musica dal vivo! I locali erano pieni di ragazzi che andavano a sentire era il Jazz. I concerti rock, non erano programmati nei locali perché serviva un’attrezzatura tecnica impegnativa. A quell’epoca non c’erano i piccoli amplificatori portatili che ci sono adesso, quindi il rock che ha bisogno di molto volume sonoro rimaneva nell’ambito concertistico.  

Uno dei locali più importanti degli anni ’70 era il “Capolinea”, un capannone in via Ludovico il Moro, piazza Negrelli, in mezzo alla nebbia - perché allora c’era la nebbia. Lo frequentavano musicisti che bazzicavano nell’area milanese.

Al Capolinea i musicisti avevano il palco a disposizione per poter provare nel pomeriggio il repertorio che avrebbero suonato alla sera. Ci si incontrava verso le 16 e si continuava fino all’ora in cui era offerta una piccola cena e si poteva beneficiare delle straordinarie bruschette che nella mia memoria equivalgono ad una sorta di madelaine proustiana. Pane toscano, olio toscano, aglio, aglio, aglio, non so se toscano anch’esso ma sicuramente responsabile di qualche imbarazzo nell’avvicinarsi a persone che non ne avevano fatto uso…e poi una quantità di fumo inimmaginabile oggi, allora si potevano fumare le sigarette nei locali: si tornava a casa con gli abiti così intrisi di fumo che andavano lasciati sul balcone!

Dopo quella stagione preliminare il Capolinea si è allargato, hanno creato una sala grande, un po' fatiscente e creata intorno ad un albero il cui tronco delimitava il palcoscenico che era adeguatamente attrezzato ed è diventato il luogo dove venivano ospitati concerti importanti di jazzisti americani,...una lista lunghissima da Gerry Mulligan ad Art Blakey, da Paul Bley a Jim Hall, da Chet Baker a Charlie Haden, da Elvin Jones a Betty Carter, da Archie Sheep a Tony Scott, da un giovanissimo Wynton Marsalis a Dino Saluzzi e noi del Quintetto Free Jazz. Ma soprattutto il Capolinea organizzava il festival Jazz in Italy con i migliori jazzisti nazionali e con la partecipazione di una nuova generazione di musicisti che sarebbero divenuti illustri protagonisti della scena italiana e che erano già habituè della programmazione corrente del locale: Paolo Pellegatti, Luigi Bonafede, Larry Nocella, Massimo Urbani, Gigi Cifarelli, Michele Bozza, Marco Vaggi, Attilio Zanchi e Lucio Terzano.

Poi c’era il grande Jazz organizzato da Polillo e Maffei nei teatri milanesi, i quali, in quegli anni i grandi del jazz americano, da Duke Ellington a Ella Fitzgerald, da Ray Charles a Dizzy Gillespie, da Charles Mingus a Thelonious Monk, da Miles Davis a John Coltrane, da Ornette Coleman a Albert Ayler e altri ancora, in tournée in Europa facevano tappa a Milano. E ancora l’antologia del jazz dal canto gospel al Dixieland, dal blues al Ragtime, dal bop - bebop, fino al free jazz rappresentato da noi del quintetto free jazz svoltosi in tre giorni all’Università Statale di Milano. L’idea di fondo è stata quella di fornire agli studenti gli strumenti per capire come si è costruita la musica jazz. Quindi non fare della propria musica un non luogo ma il riflesso della propria identità espressiva.

Paul Valery diceva che non c’è nulla che non assomiglia a qualcosa e io sono molto d’accordo; una specie di elogio dello spazio, vale a dire: ascolto cento cose diverse e quando produco la mia cosa, utilizzo quegli elementi che ho selezionato nelle cose che ho ascoltato.

Credo che per la comunità queste riflessioni siano un’esperienza molto importante per aprire ancor di più la mente e capire la musica jazz.


Con tanta cordialità

Tonino Armata - 12 dicembre 2020


 


 

 

 

 

 

12/12/20

Cambiamoli di posto, così si calmano

Onorevoli (si fa per dire) deputati e senatori peggio che a scuola. Certo molti di loro mal le frequentarono o mai ci andarono, a giudicare da come si comportano negli austeri emicicli di Palazzo Montecitorio e Palazzo Madama.
 
Una rissa al giorno.
Basta una contrarietà perchè dai banchi curvi ad arco e in discesa si scaglino a falange, bavosi e urlanti, come posseduti da Belzebù. Fuori controllo, adulti difettosi che brandiscono parole estreme come armi di confusione di massa.

Superlavoro (peraltro strapagato) per i commessi chiamati a separarli, e questi talvolta sono bravi nel placcarli al volo. Non sempre ce la fanno con le buone - chè quelli là, pure se non hanno il fisico, guizzano scattano e sfondano come rugbisti delle Tonga - e allora gli tocca portarli via di peso a quattro di bastoni.
Sul raffinato pavimento di marmo siciliano restano sconce scie di scarpe spaiate, cravatte, brandelli di camicie, bretelle rotte, pezzi di telefonini, cartacce, mascherine con stemmi di chissachè... Hai voglia a scampanellare, Presidente, una di queste ce le prendi anche tu. È la politica di questi luridi tempi, bellezza.
 
Il fatto è che le postazioni degli onorevoli-si-fa-per-dire sono stabilite all’antica, con criterio geografico, sulla base dell’appartenenza politica “da sinistra a destra”: PD & C. intruppati tutti a sinistra, Lega - Fratelli d’Italia e destrorsi a destra, forzitalioti e frattaglia varia dalle parti del centro, buttati o più di qua o più di là.
 
Ci sono poi, dentro di ogni gruppo, posti privilegiati per i bravi e posti periferici per i somari (come a scuola), posti strategici ad alta visibilità per i caporioni o i presunti leader, posti agevoli per le donne, posti qualunque per mezzecalzette, matricole, gregari.

Ogni partito comunque tiene i suoi ben intruppati e ne deriva un paccuto cameratismo di squadra: si passano i compiti, bisbigliano, ciangottano, borbottano, gracidano, squittiscono, dormicchiano, chattano … pochi stanno attenti con le orecchie appizzate o “lavorano”.
Ma quando parte l’ordine, il branco esplode compatto come un unico corpaccione: s’alzano in piedi tutti all’unisono e strillano s’aizzano s’incazzano scattano (qualcuno sui banchi!) affilano coltelli e menano.
Ognuno “cerca in sé lo scimpanzé” e, garantito, lo trova.

Ed è l’iradiddio. Le scintille accendono i fuochi perché ognuno ha vicini-vicini i propri compari di partito, potenti amplificatori dell’improvvisata protesta - “massa critica”, come è di moda dire oggi a sproposito - che urla e si sbraccia senza, spesso, sapere il perché: importante è far casino a favore di giornali, tivù e scolaresche in visita. 
Con le zaffate di quell’aria schifida che arrivano fino a noi spettatori.
 
        Eppure un rimedio c’è, alla barbara indisciplina dei nostri - ahinoi - rappresentanti. Cambiamoli di posto, così si calmano! Come a scuola, quando si traslocavano ai primi banchi i Franti  (i somari, i ripetenti e i 7 in condotta) e agli ultimi i Garrone (i bravi, i secchioni e i ruffiani).
 
        Si modifichi il vecchio regolamento: dalla prossima Legislatura (ma anche prima, senza aspettare che ne caccino 345) i posti siano assegnati a sorte.

I presidenti di Camera e Senato, bendati, estrarranno i nomi come al Lotto, i commessi - a stipendio ridotto, che è meglio - gireranno la manovella del bussolotto con le palline. Davanti alle tivù, per la trasparenza.
 
Gli onorevoli-si-fa-per-dire verranno così sparpagliati nell’emiciclo, non incasellati secondo l’appartenenza politica ma mischiati a caso, come espulsi da un frullatore.
Così un invertebrato PD potrebbe ritrovarsi a sinistra un neo-primitivo leghista e a destra un velenoso renziano… una vecchia lenza forzitaliota coabiterebbe (all’inizio ringhiando) con un 5Stelle dai grilli in testa… un moribondo LEU verrebbe tenuto in vita dal vicino maramaldo Fratello d’Italia… mentre profughi Verdi, crucchi Volkspartei, valdostani dall’aria francese & spicci sarebbero seminati dove capita, tanto non contano
.
E ogni mese si cambia, altra estrazione. Ma niente premi, nessuno vince.
 
        Voglio vedere. Molti si sentiranno soli e indifesi, nè stringeranno facilmente nuove amicizie del cuore, ma cominceranno - forse - a incivilirsi un po’. 
Potranno soprattutto riflettere, frenarsi istintivamente a vicenda prima di diventare guitti da avanspettacolo, nostri rappresentanti di cui vergognarci.
 
        Va da sé che andrebbero estratti a sorte anche i posti nei Consigli Regionali, Provinciali e Comunali.
 
        Chissà che non diventiamo tutti migliori, a costo zero.
 
 
PGC - 12 dicembre 2020


 

03/12/20

La sicurezza, le telecamere, i primati, le castronerie

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 Questo luogo così poco pittoresco, privo di vegetazione e privo di anima risulta a conti fatti riposante, e alla fine ci si addormenta
 
(
Albert Camus, La peste, 1947)
 
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        È un maledetto periodo questo in cui, nel cercar ristoro dal leggere sempre e solo di Covid, ci capita di cadere dalla padella nella brace e d’imbatterci con implacabile alternanza: 
1) nelle esternazioni della nuova Giunta Regionale i cui membri si esibiscono a mezzo stampa con matematica turnazione; 
2) nei proclami di varia amenità di esponenti assortiti delle istituzioni locali.

Questi e quelle hanno in comune il menar vanto di sé, del proprio operato, del territorio, del partito, di nonna Papera e via lodando.
 
        Spicca fra le amenità ultime scorse il comunicato del Presidente della Provincia di Ascoli (tranquilli, qualunque cosa ci abbiano raccontato sulla loro abolizione, le Province sono vive e lottano con noi), il quale gongola - anche in foto - per essere la provincia di Ascoli ben piazzata in graduatoria per la qualità della vita.
        Senonchè i comunicati bisognerebbe almeno saperli scrivere - indipendentemente dalle castronerie che vi vengono scritte - e se tu leggi che la provincia di Ascoli Piceno conquista il primato nazionale nella graduatoria per reati e sicurezza” (testuale), capisci al di là di ogni ragionevole dubbio che la provincia di Ascoli ha più reati di ogni altra provincia. Cioè un poco commendevole "primato". Con buona pace di quel “sicurezza” messo subito dopo che se non è proprio un ossimoro, fa di sicuro una bella confusione.
Naturalmente il giornalista copia la velina così come gli arriva.
Ma sono i contenuti, più che la (in)capacità comunicativa a colpire.
 
Perché il comunicato è tutto uno sciorinar numeri e percentuali sul primato della provincia di Ascoli nei reati (eddai) e nella sicurezza, e sull’eccellente posizione del Piceno - secondo una graduatoria volante di Italia Oggi - per qualità della vita: dal numero di laureati fino all’immondizia, siamo tra i meglio sulla piazza e di questo il presidente di provincia ringrazia i cittadini, i sindaci, la prefetta Stentella, le forze dell’ordine, le istituzioni e tutto il cucuzzaro.
 
Sgonfiata però l’euforia pettoruta e un filino campanilista nel legger di noi così virtuosi, ecco affacciarsi i soliti fastidiosi dubbi.
 
Del genere: è perché siamo al primo posto per la sicurezza, che San Benedetto va a spendere 930.000 (novecentotrentamila!) euro in telecamere di sorveglianza (e poco meno gli altri Comuni)?
 
È perché siamo tra i primi per qualità della vita che tre Comuni della costa - anche Grottammare e Cupra, come da accordi presi a fine 2019 fra i tre tenori, ops  sindaci, e la prefetta Stentella - istituiscono con gran rullar di tamburi, come cosa di cui vantarsi, i “Gruppi di controllo di vicinato” alias gruppi di spioni, alias ronde, di marca fascioleghista e di sinistre evocazioni?
 
Che orgogliosi sbandierano questa sorta di STASI* del Piceno - o di OVRA per restar nell’orgoglio patrio - senza che né stampa né associazioni benemerite né opinione pubblica né chiesa né benpensanti e bellagente abbiano un moto di disgusto, un sussulto potente di nausea per questa scellerata, perniciosa cretineria istituzionalizzata?
  
È perché siamo ben piazzati per qualità della vita (ma sarà vero?) che tolleriamo politici ignari che sicurezza può essere soltanto civiltà (istruzione, cultura, scuola, legalità, partecipazione, esempio, buon governo…); istituzioni che dimostrano il proprio fallimento quando affidano ordine sociale e moralità pubblica agli spioni, ai “cittadini segnalatori” appostati dietro il buco della serratura, o - apoteosi del tragicomico - a costose telecamere di sicurezza e di sicurissima inutilità (non foss’altro perché non sappiamo nemmeno cambiare le lampadine ai lampioni, figuriamoci far funzionare quelle…)
 
Quando è successo che ci siamo addormentati? che abbiamo accettato come normali anzichè meritevoli di camicia di forza, le scelte dissennate di bande di politici disturbati, ignari non solo di democrazia e civiltà ma anche di comunissimo buon senso?


*la Polizia segreta nell’ex DDR  

 
Sara Di Giuseppe - 3 Dicembre 2020 


 

29/11/20

“LE VITE DEGLI ALTRI”, ma non è un film

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"A ciascun pianerottolo (...) il cartello con la faccia enorme riguardava dalla parete. Era una di quelle fotografie prese in modo che gli occhi vi seguono mentre vi muovete. IL GRANDE FRATELLO VI GUARDA, diceva la scritta appostavi sotto."

(G.Orwell, "1984")
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Era una minaccia vera il “Controllo di Vicinato”, infatti adesso ce l’abbiamo e San Benedetto diventa un popolo di spioni. Perché un “popolo”? 

Spiego:
 
-    La città viene divisa in 13 aree (o “Gruppi di Controllo di Vicinato”).
 
-    In ognuna di esse sono stati individuati 25 Coordinatori, per un totale di 325.
 
-    Ogni Coordinatore è l’interfaccia tra i “cittadini segnalatori” e le Forze di Polizia. Quindi: se mediamente in ogni area ogni coordinatore ha anche solo 5 cittadini-segnalatori avremo un totale di 1625 spie
Se mediamente ne ha 8, saranno 2600 spie3900 se mediamente ne ha 12. E così via.
La crescita diventa esponenziale (altro che quella del Covid). Proprio un popolo.


Poiché qui a San Benedetto ogni area grossomodo corrisponderà a un popoloso quartiere, verosimilmente non saranno pochissimi i cittadini benpensanti che correranno ad arruolarsi nei rispettivi “Controlli di Vicinato”, occhiuti organi di sicurezza comunali che presteranno attenzione a quello che avviene nella propria area di competenza nella vita quotidiana.

Avremo chissà quanti cittadini-segnalatori a controllare “le vite degli altri”, dei vicini, degli amici e dei nemici, “per favorire la coesione sociale e la partecipazione” (sic). Quando uno di loro, secondo la sua coccia, vede o sente qualcosa di sospetto, fa la spia, fotografa, filma, ZAC, avverte il superiore. Col telefonino, mica siamo ai tempi della STASI. Come sotto le armi, ma qui il superiore si chiama coordinatore. In pratica i “Controlli di Vicinato”, peggio delle Ronde che almeno le vedi, terranno la popolazione sotto il giogo subdolo di un controllo reciproco che soffocherà la libertà di ognuno.
 
Se non fossimo in democrazia (lo siamo?) potremmo parlare, anche gerarchicamente, di unità terrestri paramilitari. A capo dei - per ora disarmati - 325 coordinatori (quasi un Battaglione) ci sarebbe un paraMaggiore, a capo delle migliaia di spie semplici (quasi o più di un Reggimento) un paraTenente Colonnello o un paraColonnello, nelle città grandi addirittura un paraGenerale.


    A proposito, perché le vere Forze dell’Ordine non dicono niente? Perché tollerano che gli si affianchino intere marmaglie “cooperanti” di spioni abusivi e non vanno invece ad arrestare i politici che partoriscono impuniti queste pensate pericolose?
 
Sarebbero paraculi se fossero complici...

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 "...A sei anni (...) era entrato a far parte delle Spie, a nove comandava il suo plotone. A undici aveva denunciato uno zio alla Psicopolizia perchè l'aveva sorpreso a parlare di certe cose che gli erano parse tradire una tendenza criminale".

(G.Orwell, "1984")
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PGC - 29 novembre 2020

 

25/11/20

BERTOLASO RELOADED

E tanto crebbe la fama della sua santità e la divozione a lui che quasi niuno era che in alcuna avversità fosse, che ad altro santo che a lui si votasse;  […] e affermano molti miracoli Iddio aver mostrati per lui e mostrare tutto giorno a chi divotamente si raccomanda a lui”.
 
G. Boccaccio, Decameron – Giornata 1ª, Novella 1ª: “Ser Ciappelletto
 
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    Rieccolo dunque: Bertolaso reloaded, il Barone di Münchhausen de noantri, a cavalcioni della sua palla di cannone che torna ad attraversare regioni e calamità per posarsi dove può fare più disastri di quelli che domineddio ci manda di suo.

Fulgido consulente operativo per l’emergenza Covid-19 in Lombardia, Marche e oggi anche Umbria: disgrazia supplementare, che quando a noi italici ne piomba una tra capo e collo - sia terremoto, alluvione o pandemia, Salvini o Meloni - dobbiamo sempre, per quanto sembri impossibile, aspettarci il peggio. Cioè “lui”.
Che oggi vuole traslocare malati e medici, armi e bagagli e masserizie, dall’Umbria a Civitanova Marche nella “sua” (e di Ceriscioli) Astronave fantasma, il Covid Hospital da 18 milioni di euro aperto e chiuso a giugno, riaperto a ottobre, come faremmo senza…

Eventuali perdite di pazienti sballottati lungo i 150 chilometri e passa - scavalcando gli Appennini - tra Perugia e Civitanova saranno ascritte a danno collaterale: siamo in guerra, bellezza.
 
Tuttavia l’assessore marchigiano-ex poliziotto prestato alla Sanità regionale (Marchigiani, state sereni…) ha tanticchia storto il naso: tra un inno e l’altro all’idrossiclorochina, intonato per settimane a tonsille spiegate e fanfara della stampa maggiordoma, ha avuto un sobbalzo e ha esternato. Per attrezzare il modulo, ha detto con lungimiranza e acume, “dovremmo sottrarre medici, internisti e anestesisti da (voleva dire ad) altri nostri reparti”. Apperò.
 
Argomento deboluccio, confrontato all’altruistica motivazione del “consulente volontario” Berty von Münchhausen, di dar senso ai 18 milioni dell’astronave fantasma da lui battezzata mesi fa in amoroso tandem con Ceriscioli; astronave gemella di quella milanese - le Bertolase, si chiamano - voluta e inaugurata con quell’altro spostato di (s)governatore lombardo.
 
E se Terni e Perugia hanno - ce l’hanno! - strutture pubbliche che aspettano solo d’essere riconvertite per aggiungersi rapidamente ed efficacemente a quelle già funzionanti, senza che ci si debba muovere di centinaia di chilometri? Bubbole. Una genialata come questa fa curriculum, per il forse candidato sindaco di Roma (ahi Roma, vituperio delle genti, non pensavi che ti potesse andare peggio, eh?).
 
Lui però lavora gratis - per passione, dice - e lui è uomo d’onore, bisogna credergli. Così è stato sempre, dalle emergenze rifiuti, incendi, Sars, siluri nucleari, giubilei, terremoti (nazionali e non), G8, Africa- in-via-di-sviluppo… per non dire dei bei tempi della spensierata banda del Caimano (quelli eran giorni, sì, ci si divertiva davvero).

E intanto - perché non si sa mai, non si sa mai, e bisogna pur pensare alla vecchiaia - è consigliere di Milanosesto Spa, società che riqualificherà Sesto San Giovanni - 1,5 milioni di mq - e gestirà “il più grande business immobiliare d’Italia”*

Lombardia, sta’ serena.

*(Il Fatto Quotidiano, 22.11.’20)
 
 
Sara Di Giuseppe - 25.11.2020


 

16/11/20

Da Aylan a Joseph...

Cinque anni son trascorsi
da Lesbo al mare di mezzo
grigio piombo
lurido profondo cimitero
senza pace
dove bambini senza futuro
vengono a morire al freddo e
al gelo dell’indifferenza
collettiva. Postuma.
I lose my baby
un grido di dolore solitario
senza utopia di risoluzione.
Piccolo Joseph
figlio putativo
senza padre celeste
sei nato
vissuto e morto
senza alcun risorgimento
in una bara adeguata di fretta
decorata dal cuscino
della nostra vergogna.
Quale vergogna?


Michaela Menestrina

 

N.d.R.  
Il link di seguito è a descrizione del fatto di cronaca trattato dalla poesia di Michaela:
https://dilei.it/editoriali/mi-chiamavo-joseph-avevo-sei-mesi-e-ieri-sono-morto/758182/ 
 

 


12/11/20

L’Assessore alla Idrossiclorochina

        Era nell’aria, che la “felliniana surreale parade” a mezzo stampa dei nuovi destrorsi assessori regionali marchigiani non sarebbe finita presto. E infatti.

        Dopo l’Assessore alla Coturnice 59-a-14, dopo l’Assessora-Istruzione-e-Cultura in deficit di congiuntivi e sindrome da esterno ergo sum, è il turno dell’Assessore all’Idrossiclorochina, ovvero Assessore alla Sanità.
        Giunto all’incarico regionale da luminosa carriera nella Polizia di Stato e nell’ambito investigativo - in ambedue com’è noto si acquisiscono solide competenze medico-scientifiche, preziose per il Servizio Sanitario Pubblico - e forte di curriculum extralarge (sindaco di Cingoli, senatore forzista marchigiano eletto in… Sardegna, docente universitario, e via largheggiando), giusto qualche giorno fa il Nostro esterna (ergo est) la volontà di chiedere all'AIFA la validazione dell’idrossiclorochina, nonché dell’ozono (e del plasma dei guariti dal virus) come protocolli anti-Covid: bocciatissime, tanto l’idrossieccetera quanto l’ozonoterapia, da numerosi autorevoli studi internazionali e bloccate dall’ OMS come non solo “inutili ma per molti aspetti anche dannose nella profilassi anti Coronavirus”
[A quando l'infuso di prezzemolo fra i protocolli anti-Covid?]
       Si dichiara, il Nostro, seguace di Trump, e convinto della validità della profilassi anti-virus propagandata dallo psicopatico, che infatti poi è stato ricoverato per Covid.
 
        E dunque. Questa nostra sciagura istituzionalizzata che sono le Regioni, dagli strapoteri ampliati e consolidati nei decenni, la cui catastrofica indegnità la pandemia ha messo impietosamente a nudo (ma che nessuno, anche in passato, poteva fingere di non vedere) si arricchisce oggi nelle Marche di nuovi soggetti, abili strateghi nella distribuzione di poteri e cariche da dove le mani possano posarsi ovunque,  mentre competenze, qualità, intelligenze sono ingombranti optionals.


Potrebbero farci sganasciare dal ridere, questi personaggi con le loro esternazioni ergo sunt, se di ridere avessimo ancora una qualche voglia.
D’altronde neanche il papero(ne) americano - di cui qualcuno tra questi si proclama seguace – diverte nessuno, col suo gatto morto e giallo in testa, con la diagnosticata sindrome psicotica del “narcisista perverso”, con la sua licenza di sparacchiare ovunque e comunque.
 
        Ci ammaleremo, è probabile, di sconforto e tristezza: per la qualità delle nostre vite mortificata dalle scelte di politici locali - eletti, va detto con stupore e inquietudine, da una maggioranza di votanti! - che affidano qualcosa di sacro come la res publica, di costituzionalmente inviolabile come il diritto alla salute, a meccanismi da intramontato manuale Cencelli; i cui risultati sono proprio come Trump, anche lui con i suoi allarmanti 71 milioni di voti: una barzelletta macabra che non fa ridere nessuno.
 
 
Sara Di Giuseppe - 11
Novembre 2020


07/11/20

VETRINE & VETRINE


          Evviva, dopo l’assessore regionale caccia-e-pesca-sportiva che legifera sulle coturnici da ammazzare 59 a 14  (59 gli eroici sparatori, 14 le crudeli coturnici); dopo altre regionali esternazioni da cui è arduo estrapolare alcunchè di utile sulle magnifiche sorti e progressive del territorio, ecco l’ascolana leghista assessora-all’istruzione-e-altro reclamare la vetrina con un comunicato-stampa che muterà le sorti e la storia dell’universo scolastico marchigiano.
Chiede, l’assessora fresca di manicure, che “si faccia chiarezza(bella espressione, non s’era mai sentita) sull’obbligo delle mascherine nella scuola primaria sancito dal DPCM del 3 novembre: si dice allarmata, (epperò!) da quella norma generica e poco comprensibile (a lei).

Ma subito dopo si spara sui piedi quando, con evidente incongruenza, osserva - lei stessa! - che “d’altra parte il Ministero dell’Istruzione specifica: La mascherina può essere rimossa in condizioni di staticità (bambini seduti al banco) e con la distanza di almeno un metro…” ecc.
 
Dunque è chiaro anche al mio gatto: i bambini devono portare la mascherina, ma seduti al banco e alla giusta distanza possono levarsela. Il Decreto del Governo sancisce un obbligo ragionevole, il competente Ministero ne definisce poi condizioni, circostanze e limiti che consentono, legittimamente e in sicurezza, la possibilità di deroga. E fine.
 
Ciononostante: Ritengo del tutto sbagliato imporre ai bambini l’obbligo delle mascherine anche al banco!”, tuona e s’accora l’assessora. E dajie!
 
Cosicchè, delle due l’una:
 
- l’ assessora-istruzione-e-cultura non è in grado di leggere, comprendendolo, un testo semplice - come è, una volta tanto, la nota del Ministero collegata al DPCM - 
Fenomeno largamente diffuso, che non ci rassicura in nessun esponente pubblico, figuriamoci in una responsabile regionale di Istruzione e Cultura;
 
- l’assessora soffre di ansia da vetrina, patologia comune a numerose infestanti categorie di esponenti pubblici; i soggetti che ne sono colpiti esternano compulsivamente sul nulla a favore di microfono e  manifestano durevole compromissione delle sinapsi preposte alla percezione del ridicolo.
 
Per il caso in questione non si esclude la presenza concomitante di ambedue le sindromi.
 
          Certo si è che la stampa potrebbe educatamente, prima di scapicollarsi a pubblicare, far notare all’autore/autrice le palesi incongruenze/scempiaggini ed equipollenti. No, eh?  
 
          Intanto: chissà se sarà conclusa qui la felliniana surreale parade di personaggi da “esterno ergo sum”. È lecito dubitarne, l’Assemblea Regionale è numerosa.

 
Sara Di Giuseppe - 7 Novembre 2020

 La foto appartiene al legittimo proprietario ed è utilizzata al solo scopo di corredare il testo

 

04/11/20

IL POST “SPORCO”


        Anna Casini, consigliera regionale, sulla stampa locale: “Perché continuare a “sporcare” entrambi gli ospedali? (Ascoli e San Benedetto, n.d.a.) Non perdiamo tempo, San Benedetto torni ad essere Ospedale Covid”.

 
Evidentemente, consigliera Casini, lei vive in quella fantastica marziana nuova astronave che vuol continuare a tenere “pulita”, mentre vuole (ancora) “sporcare” l’Ospedale di San Benedetto e mai quello di Ascoli.
 
Bel linguaggio, bel pensiero, bel carattere, bella scelta, bella politica. E la spara anche grossa, senza vergogna.
 
        Adesso non faccia come il ligure Toti (e come fan tutti quelli come voi), non dica che il suo post è stato frainteso, che un “collaboratore” ha scelto male le parole…
Non scusi se stessa, non accusi noi di aver capito male, perché lei è stata chiarissima. Post sporco non si lava.
 
 
PGC - 3 Novembre 2020

02/11/20

Gigi Proietti uno splendido Signore

 

E si è infilato nella lista, senza avvisarci, uno splendido Signore: 
Gigi Proietti.
 
Nel 2011, all’università di Verona, ci fu una serata in cui ci raccontò un po’ della sua vita. Lui è sempre stato grande e modesto, bello e rassicurante, probabilmente non si prendeva sul serio, ma professionalmente parlando lo era eccome, serio e bravo e maestro per chi voleva intraprendere la sua professione di mattatore a tutto tondo.

Poteva e ha potuto insegnare a tutti, suo è stato un dono, un privilegio che ha restituito senza risparmiarsi soprattutto ai giovani. Il teatro Tenda a Roma: con il suo sorriso sornione che accusava, senza pronunciarsi direttamente, la mancanza di muri avvolgenti e solidi per il teatro. Ha accettato un tendone e ne è diventato il re.
Un mattatore sempre provvisorio, al pari dell’esistere, al ludibrio dei guizzi del tempo culturale sospeso, ma indispensabile, pieno di dignità e naturalmente positivo.
 
Grazie Gigi, sono felice di averti conosciuto. Eravamo in molto più di mille e ci hai fatto ridere, sensazione magnifica, ci hai fatto riflettere, sensazione indispensabile, ci hai fatto provare consapevolezza, sensazione che si allontana sempre più.

Ma tu hai un posto speciale nel mio cuore.
Per sempre.

Buon viaggio a Te.


2 novembre 2020 - Michaela Menestrina


 

29/10/20

La Regione e la coturnice

“… E a forza di sterminare animali, s'era capito che anche sopprimere l'uomo non richiedeva un grande sforzo.”
        [Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, 1509]


        Ci s’è impegnata, la nuova Giunta Regionale Marchigiana. Comunicatone-stampa di questi giorni per informare la popolazione in trepida attesa che la temibile coturnice* ha i giorni contati.

“Presenza stimata di 315 capi in epoca post-riproduttiva” - recita il comunicatone - dei quali si prevede il “prelievo” (sic), dal 31 ottobre al 29 novembre, di 14 capi (sic) nell’Ambito territoriale di caccia Val di Chienti, essendo in quello pesarese “la caccia alla specie già vietata dal calendario venatorio”.
Ben 59 (letto bene: non cinque, non nove, ma cinquantanove) i cacciatori selezionati, esaminati, autorizzati - dopo aver pure partecipato a un corso! - alla caccia grossa. Con cani, perché molti di loro - prosegue il comunicatone - “sono appassionati cinofili” (qui il lettore è sopraffatto dall’emozione).
 
Considerazioni.

Com’è noto, le disgrazie non vengono mai sole (vedi il terremoto e Bertolaso, vedi il Covid e Bertolaso). 
Così non solo noi italici dobbiamo tenerci questa grossa disgrazia a cielo aperto che sono le Regioni, ma ci imbattiamo pure in figure surreali come un “Assessore alla caccia e pesca” (sic): che sembra un film di Woody Allen invece è vero.

Ed ecco che la luminosa Nuova Giunta Marchigiana sforna per suo tramite questo adrenalinico Piano Annuale per la gestione della coturnice grazie al quale - dal/al - 59 eroici sparatori, selezionati per comprovate doti di coraggio e sprezzo del pericolo, possono ammazzare sparati 14 “capi”.
Ci dice altresì che la coturnice
è “specie cacciabile con particolari precauzioni” (sono soddisfazioni, per le bestiole); e poi - pensa! - il Piano dell’ATC–MC2 è approvato pure dall’ISPRA, me cojioni!
Poi impacchetta il tutto e spedisce alla stampa locale che più veloce dell’alato Mercurio, diffonde la buona novella.
 
Insomma, che vogliamo di più dalla vita. Abbiamo questo mega organismo legislativo che è l’Assemblea Regionale, a cui paghiamo stipendi spropositati, che ci ammorba di campagna elettorale nei mesi preziosi che avrebbe dovuto utilizzare - e come quasi tutte le altre Regioni non l’ha fatto - per approntare/potenziare/razionalizzare le difese anti Covid. E che partorisce l’inimmaginabile: un “assessore alla caccia e pesca” (sic) che a sua volta, assistito amorevolmente dalla Giunta commossa, dà alla luce con doglia l'atteso primogenito, il Piano Annuale per la gestione della coturnice.

 C’è di che esser fieri e di che star tranquilli: con Regioni così e con politici così, non temeremo alcun male.
 
Intanto voi, coturnici marchigiane, steteve accuorte! Il 31 ottobre è vicino.
 
 
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 *
La vecchia Europa è l’unico luogo dove vive e nidifica la coturnice. Lunga circa 35 cm per un’apertura alare nell’ordine del mezzo metro, questa specie presenta un piumaggio particolarmente ricco di tonalità cromatiche. La coturnice è pure bella.
Le femmine depongono fino a 15 uova in luoghi protetti, solitamente cespugli o anfratti nella roccia, mentre i pulcini vengono alimentati prevalentemente con gemme, bacche, germogli – in pratica tutta la vegetazione commestibile d’alta quota – oltre a insetti e larve.
In grado, secondo gli antichi greci, di tenere alla larga maghi e spiriti maligni, la coturnice si trova a proprio agio in pendii soleggiati e pietrosi. Per secoli in simbiosi con agricoltori e pastori, resiste sulle montagne italiane in quel che resta del proprio habitat originario. Agile e piuttosto combattiva di solito si muove sul terreno, ma non trova difficoltà a rifugiarsi sulle cime degli alberi in caso di imminente pericolo.



 
Sara Di Giuseppe - 29 ottobre 2020

 La foto appartiene al legittimo proprietario ed è utilizzata al solo scopo di corredare il testo

21/10/20

Ispettore Callaghan, il caso Geneviève è tuo

ovvero
Lo strano caso della targa sparita

 
       Si tinge di giallo la vicenda-Geneviève. Sparisce nottetempo la targa appiccicata sul moncone del fu motopeschereccio, recante i nomi dei Sette Santi Fondatori, pardon, dei Sette Amministratori Comunali - dal sindaco in giù - che fortemente hanno voluto il fasullo costoso monumento e tanto si sono adoprati  perché anche di loro medesimi resti imperitura memoria.
 
       Sugli autori della sparizione gli investigatori non escludono, al momento, alcuna pista. Tuttavia, pur trovandosi ormai vicini alla soluzione data la consistenza degli indizi, hanno deciso di affidare la conclusione delle indagini al rude Ispettore Callaghan, del quale sono noti i metodi a volte poco ortodossi ma sempre risolutivi.

Perché il tempo stringe, e i sospetti che gravano sui sette amministratori autocitati/autocelebrati, a cominciare dal sindaco, gettano un’ombra sinistra su questo peraltro fulgido Comune.
   
Gli indizi a carico dei Nostri sono pesanti, ahiloro, e la pista sembra condurre dritta proprio in Comune. C’era il movente e c’era il modo.

       Il movente, intanto: accortisi, per averlo letto in giro (improbabile ci siano arrivati da soli), che la monumentale cazzata li ha coperti di ridicolo (non che mancassero corposi precedenti, eh) i sette nani pardon amministratori, potrebbero aver goffamente tentato di rimediarvi facendo sparire la targa incriminata
       Potrebbero infatti aver scoperto, con attonito stupore, che autocitarsi su una targa-ricordo appiccicata (da loro) su un “monumento” (si fa per dire) non è solo il Guinness della vana-gloria, ma che – per un più di ridicolo - la targa appariva, più che celebrativa di loro medesimi, commemorativa di cari estinti (essi stessi? copertisi di glorie marinare? immolatisi in eroico naufragio?).
Via dunque la targa, avanti un’altra: al posto della prima, un temino di ringraziamento da terza elementare di scolari del maestro D’Orta. Come sempre risultando la toppa peggiore del buco, la risata stavolta è oceanica come la pesca che si sta celebrando.
 
       Il modo, poi: gli autori di sì audace blitz hanno agito sicuri, e chi più dei Nostri poteva farlo, nella certezza che non sarebbero stati “disturbati” dai tutori dell'ordine?
 
       Insomma gli indizi sono pesanti e occorre fare chiarezza, Callaghan dovrà sbrigarsi.
 
       Perchè, oltretutto, quella targa ormai è preziosa e ambita, forse ha già preso il volo, abbiamo due aeroporti vicini, anche se sono della mutua… E quella targa è unica, nessun Comune ha mai fatto una cazzata del genere.
Già le sue quotazioni sul Bolaffi salgono di giorno in giorno, e c’è chi pagherebbe qualsiasi cifra per averla: un collezionista, un Museo degli Orrori, Sotheby’s a Londra, il Banco dei Pegni, il Vaticano… 
Addirittura, se è nelle mani di ladri senza scrupoli, potremmo trovarci a dover pagare riscatti milionari!                         
 
Insomma sbrigarsi.  Dài ispettore Callaghan: il caso Geneviève è tuo.

 

Sara Di Giuseppe - 21 ottobre 2020

Lunedì 19 ottobre ore 19:32 (ph Isp. Callaghan)

 
 

 
 
 

19/10/20

Nuovo Cinema Geneviève

         Si chiama Nuovo Cinema Geneviève, il “nostro” Cinema Paradiso sambenedettese sul mare, però funziona solo di notte e danno sempre lo stesso film: una triste sfilza di nomi di barche morte proiettata su uno “schermo” di ferro sghembo blu-scuro. Niente immagini, niente movimento, muto. Per lo spettacolo non si paga biglietto né occorre essere sedia-muniti, si sta in piedi, dura come un “corto”… Se piove, ti bagni, se dalla strada un SUV imbizzarrito sbanda e ti accoppa, amen.

         Una genialata: al moncone di prua di un ingombrante rugginoso barcone da pesca mezzo-rottamato/mezzo-salvato, aggiungi un luccicoso involucro di soldi pubblici e di sponsor santi subito, infiocchettalo con metrate di appiccicosa retorica sempre a portata di microfono et voilà, il pacco è pronto: il Monumento che mancava. Appena inaugurato in pompa magna - e in tempi di Covid! - Nuovo Cinema Geneviève è già un successo. Con il costruendo adiacente mini-anfiteatro sarà pure teatro. Clap – Clap.

          Ma è un film fasullo, come il suo Cinema. Questa Geneviève non è rappresentativa dell’autentico mondo peschereccio sambenedettese. La sua storia è corta e debole, a tratti oscura. Gli stessi nomi delle barche di quella gloriosa epopea sono sbagliati, alcuni; altri sono abusivi; altri mancano del tutto. Come se un Alfredo locale, scimmiottando l’Alfredo di “Nuovo Cinema Paradiso”, avesse fatto dei “tagli”, per paura o per ignoranza o per tutte e due.
 
  Così è improbabile che i tenaci superstiti del negletto popolo dei pescatori sambenedettesi, trovandosi casualmente - non invitati - in platea, si emozionino, si commuovano, si inorgogliscano al ricordo del loro tempo faticato, malamente e goffamente riavvolto “come di un film la pellicola”, pure senza rispetto e senza poesia.
 
    Solo la “Produzione” e il “Regista” del film, involontariamente ispirati dalla vicina - e a loro indigesta - “Scultura di parole “ di Ugo Nespolo, potranno saccheggiandola mormorare:
 

LAVORARE
LAVORARE
LAVORARE
PREFERISCO
IL NUOVO CINEMA
GENEVIÈVE  


PGC - 19 ottobre 2020


 

16/10/20

"Immuni"

Scarica immuni e (forse) ti salvi

 

Quasi nessun Comune-Provincia-Regione (senza il quasi?) si è impegnato a comunicare la possibile utilità di immuni.

Avrebbero potuto e dovuto farlo. Magari solo con degli adesivi, a costo zero. Invece fanno spallucce, dicono che immuni non serve, che non funziona, che ruba la privacy, che scarica la batteria…

Non si sono neanche attrezzati per farla funzionare. Ignoranza, presunzione, diffidenza, indolenza. 


Ah, i politici! 


PGC - 16 ottobre 2020



15/10/20

La (mancata) sbronza di GENEVIEVE

        L’hanno fatta bere pochissimo, la povera Geneviève. Due le bottigliette di spumante dello sponsor, altro che champagne, ma per lei solo qualche impacciato spruzzo sulla vernice fresca del moncone restaurato. Di solito, ai vari delle navi e delle barche è una festa fracassare la bottiglia (una magnum almeno) lanciandola con forza sulla prua. Qua invece c’è paura e ignoranza.

        Il fatto è che questi ben poco sanno di mare, ancor meno di storia, sono politicucci, sindacucci, assessorucci, lustri militarucci, albergatorucci, pretucci, forse non sanno neanche nuotare. 

Per loro l’importante è spettacolarizzando inaugurare, radunare popolo (anche in tempi di Covid, chi se ne frega, basta far finta di distanziarsi), una cerimonia vale l’altra, capacissimi di inaugurare in pompa magna pure un solo metro di marciapiede, sempre evento memorabile è. Fondamentale mostrarsi in favore di telecamere e giornalisti, sorridenti, eleganti, sicuri e soddisfatti, raccontare con paroloni quanto hanno lottato e “fortemente voluto” e sono stati bravi, non mancando mai di ammonire col sopracciglio alzato o irridere chi la pensa diversamente. Poi, ma anche prima, mandano veline ai giornali. Controlleranno che abbiano ben ubbidito, ovvio.

       Un pezzo di Geneviève è stato salvato dal diventare “tondini di ferro”, e va bene. Ma morta lì: non può diventare, Geneviève, il simbolo della pesca oceanica della marineria sambenedettese perché la storia non è così.

        La sua è piccola storia, a tratti ingloriosa, a tratti poco edificante, a tratti penosa per gli opachi traffici che l’hanno vista ignara protagonista (altro che simbolo di marineria): se i Nostri avessero non dico studiato ma solo chiesto in giro, lo saprebbero.
 
E la sua vicenda successiva parla anche di ottuso sperpero di denaro pubblico.
 
(I pescherecci, quelli “veri” e gloriosi, e di legno, li hanno invece lucrosamente rottamati e/o usati per fochere!)

Perciò Geneviève non può proprio diventare monumento, e parcheggiarsi (fuori contesto) in mezzo al traffico vacanziero quasi sulle strisce blu (e dopo aver scacciato i cani dal proprio legittimo spazio). E’ volgare e offensivo, come quasi tutte le scelte di questo Comune.
 
Anche Geneviève lo sa, lei non ha colpa. Anzi, per la tristezza voleva prendersi una sbronza.

Manco quella. 
 
 

PGC - 15 ottobre 2020 


 

06/10/20

SULLA VIA DEL TRAMONTO

Non è un film e neanche il titolo di un libro 'rosa' dai risvolti drammatici, ma un report visivo di una mia passeggiata all'imbrunire (oggi 6 ott. 2020), in compagnia di Balù. Lui annusava il terreno, io osservavo lo stesso, ma dall'alto. Quello che vedevo mi ha sollecitato e ho preso lo smartphone. Questo è il piccolo album fotografico dopo circa un'ora e mezza di cammino. 

Credo che 'l'inizio inchiesta' sia promettente, e anche se fossero lo zero virgola per cento i cittadini poco 'accorti', faranno sempre migliaia di pezzine verdi in giro per la città e in acqua e altrettanti 'burini' in circolo. 

Aggiungo una cosa soltanto, che è più una precisazione: l'avrei raccolte tutte queste mascherine, solo se fossi stato equipaggiato con dei sacchettini (anche a mani nude), ma non li avevo. Sarà per il prossimo giro. 

Un'altra cosa: a Sben è più facile imbattersi con le colonnine dell'Enel, del gas, del telefono, dei pedaggi e delle cassette postali che con dei cestini porta rifiuti. Devo dire che spesso incenso di puzza il percorso che va dalla merda del mio cane al primo cestino disponibile segna-miglio. 

A seguito di queste piccole e modestissime osservazioni, ho pensato che alle prossime consultazioni comunali presenterò / proporrò una lista civica: la CDS, Cura ambientale, Decoro urbano, Senso civico. Credo che per una città turistica come Sben basti questo progetto, e poco più, per far vivere meglio i cittadini e far arrivare, e tornare, i preziosi 'bagnanti' che tanta economia sostengono. Il 'poco più', di cui sopra, è riferito alla gestione di qualche stipendio pubblico e carriera politica. Cose di poco conto... e poca fatica. 

Bene! Voglio essere ottimista sul numero di mascherine che si troveranno a terra, perché penso che l'un percento di noi (cittadini burini) può essere scovato e ripreso con la vigilanza dei vicini e soprattutto dei congiunti. 

Comunque, anche oltre questo recente fenomeno dei DP dispersi in ogni dove, la CITTA' è veramente sempre più SPORCA. Ma do' stanno 'sti spazzini operatori ecologici? Forse saranno più dirigenti in P.A. che responsabili del decoro urbano?! Intere strade e aree pubbliche da mesi lasciate a "fratello Sole e sorella Luna" con l'aiuto di Eolo e Giove. Mi sa che in Comune abbiamo dei grandi santoni che non sanno neanche pregare... 

 

PS: Ci sono due foto che non comprendono mascherine: una è il panorama serale in spiaggia e l'altra è un... Forse levato in acqua perché fastidioso? 

 

Francesco Del Zompo 


 

26/09/20

Avec le temps… Juliette aussi s’en va

 

Seguendo le tracce (mai sbiadite) dei passati Festival Ferré 

tra i manifesti scoppiettanti di colori forse il più bello è il suo.

Di qua Lei, smagliante menhir con gli occhi da gatta,

e di là un’esplosione di note musicali da combattimento

che cantano la vita e la morte

con malinconica poesia, vibrante politica, ossigenante utopia ed eleganza francese.

Festeggiammo insieme i suoi “giovanissimi” quatre-vingts

incredibilmente a San Benedetto! 

Quando c’era ancora il Ferré, e c’era il Calabresi,

il “nostro” Theatre de la Ville di Parigi 

dove JULIETTE GRECO ha cantato per l’ultima volta…   

Però col tempo sai  / col tempo tutto se ne va 

e anche Juliette s’en va 

Tout va (pas) bien     

 

PGC - 24 settembre 2020