a Ripatransone (18 e 19 gennaio 2020)
“La bravura dei cani”
“Il grande errore di ogni etica è stato sinora quello di immaginarsi di avere a che fare soltanto coi rapporti tra uomo e uomo. Invece il vero problema riguarda la sua attitudine verso il mondo e verso tutta la vita che entra nel suo raggio di azione . Un uomo è morale soltanto quando considera sacra la vita come tale, quella delle piante o degli animali altrettanto di quella dei suoi simili”
Albert Schweitzer
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Fra le dichiarazioni rilasciate dagli organizzatori della nobile manifestazione ripana, la più grottesca e sinistra è quella secondo cui “obiettivo della caccia alla volpe non è uccidere volpi ma testare la bravura dei cani nello stanarle”. Così dicono, rimanendo seri.
E - se ci fosse rimasto il dubbio d’aver capito male o di stare sognando - così proseguono: “Le volpi vengono stanate dai cani, che poi le inseguono, e dai cacciatori. C’è anche la possibilità di uccidere l’animale ma è una scelta che viene fatta in rari casi”.
S’indignerebbero pure i cani - lo faranno quando sapranno leggere, solo questione di tempo - nel vedersi, come noi, trattati da diversamente intelligenti, ma intanto: qui raccontano ancora la balla spaziale dei cacciatori-tutori dell’ambiente, a cui fingono di credere solo i cacciatori stessi, i politici a caccia (ops) di voti e le numerose categorie variamente interessate all’appetitoso business, con buona pace di civiltà, umanità ed etica, merce con la quale - come con la cultura secondo qualcuno - non si mangia.
Tutti noialtri continuiamo a chiederci se costoro ci sono o ci fanno. Perché a siffatte anime belle – quelli che per fini elettorali, quelli che ci guadagnano, quelli che gli piace tanto tanto sparacchiare – torna comodo ignorare realtà confermate da evidenze scientifiche e da rigorosi studi ambientali ed etologici, e cioè:
1) l’assoluta inutilità del controllo mediante uccisione di alcune specie presuntamente in sovrannumero (cinghiali, volpi ecc.) la cui eliminazione non abbassa minimente il tasso riproduttivo, per un naturale meccanismo auto-regolativo della specie stessa;
2) l’esistenza e praticabilità di efficaci e incruenti mezzi di contenimento - spostamento in altra sede, sterilizzazione ed altri - alternativi all’uccisione;
3) l’alterazione prodotta dalla riduzione di alcune specie necessarie - come appunto le volpi - all’equilibrio dell’ecosistema; senza contare le tonnellate di piombo rilasciate ogni anno nell’ambiente dalle migliaia di cacciatori come cacio sui maccheroni.
L’elenco può continuare.
“Colpisce soprattutto la presunzione con cui l’uomo si muove per risolvere problemi all’ambiente creati da lui stesso. Nessun dubbio, né riflessione, sui metodi alternativi alla caccia” (Cristina Franzoni, in Bailador n.42).
Eppure, di fronte a così sconsiderata barbarie, nelle polemiche di questi giorni sulla manifestazione ripana sembra che per i responsabili - e per la stampa che generosamente ne accoglie le esternazioni in lenzuolate cubitali e acritiche - tutto il problema consista nella disputa sull’effettivo numero delle volpi uccise nella due giorni di mattanza: “solo” due secondo gli organizzatori, da quaranta a cinquanta e più secondo altri… Discutono di due o quaranta, quando anche una volpe ammazzata è una volpe ammazzata di troppo!
E si parlano addosso, con pensoso filosofico ragionare (tipo: è tutto legale, s’è sempre fatto, mbe’?) nella posa plastica dei santimartiri arrostiti sulla graticola dell’odio sociale.
Come se fosse etico, morale, umanamente accettabile, inseguire essi stessi e far inseguire dai cani le volpi terrorizzate, braccarle nella tana coi loro cuccioli, decidere poi se lasciarle sbranare vive dai cani o ammazzarle sparate, o magnanimamente lasciare che muoiano da sé, di terrore.
Come se questa non fosse ferocia legalizzata, al pari di ogni forma di caccia e più ancora perché alla cretineria unisce l’incrudelimento.
Come se fosse normale l’adesione delle istituzioni a un tale macello, e per il sindaco del luogo partecipare - così affermano i giornali - alla presentazione degli intemerati eroi iscritti alla gara di mattanza, salvo poi lui, il sindaco - ma non il giornale – smentire d’esserci stato.
La bravura dei cani - quella vera, fatta della dignità e fierezza che sono inscritte nel loro codice genetico - sarebbe allora quella di ammutinarsi contro i padroni - lo faranno, è questione di tempo - e, con repentina inversione ad “U” buttarsi, in tutt’uno con le cugine volpi, all’inseguimento degli sparatori, in un elettrizzante dantesco contrappasso. Si apriranno scommesse su chi correrà più veloce.
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“L’uomo tratta questi esseri in cui vivono anima, sensibilità e intelligenza, con tutta l’inimmaginabile ferocia di cui le sue mani sono capaci”. [G. Ceronetti – “Aquilegia”, 1988]
Sara Di Giuseppe - 26 Gennaio 2020