Daverio, al solito, fu splendido. Ma letteralmente ci bastonò, ce ne disse di tutti i colori, di come avevamo ridotto il nostro bel territorio, l’ambiente, le case, le strade, i luoghi pubblici, gli alberghi… “L’architettura qui non esiste”. Ci diede tutti voti negativi, più che negativi. Bocciatura solenne. Abbiamo applaudito sorridenti.
Il giorno dopo relazionai intitolando “Che è successo a San Benedetto?”, le precise parole di Daverio.*
Adesso Philippe Daverio ci ha lasciato. [Se ne vanno i migliori, i peggiori restano. Anche nel suo campo]
Noi oggi guardiamoci intorno e ammettiamolo: Daverio qui è passato invano, non l’abbiamo né ascoltato né capito.
Siamo perfino peggiorati, di brutto. Altro che Passepartout.
PGC - 3 settembre 2020
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* “Che è successo a San Benedetto?”
*BID Biennale Int. del Design PHILIPPE DAVERIO: Conferenza 18. 6.’10 h 17.30 Auditorium S. Benedetto Tr.
Non gli perdono, almeno io, l’ora di ritardo [mi dicono che Daverio c’è abituato, ad arrivare ore dopo]: se non altro perché, costringendomi nell’attesa a ri-osservare automaticamente l’architettura del posto, ancor più m’irrito e mi deprimo. E qua parlano di Design...
Né mi consolo quando lui quasi subito, ad inizio conferenza ci mette il carico stroncando l’estetica del nostro relativamente nuovo Palazzo di Giustizia. Per nostra/sua sfortuna c’è passato davanti poco prima d’arrivar qui. Inizia così, con un violento e raffinatissimo affondo contro la nostrana urbanistica fluida - “dove è caduta è caduta” - senza grammatica, in piena rottura di linguaggio nel suo rapporto col paesaggio.
“Che è successo a San Benedetto? ” se ne esce accorato, dopo 5 ore di macchina da Firenze.
E’ vero che la Toscana l’hanno troppo e leziosamente ricostruita che pare finita ieri sera, ma un po’ di cipressi ancora resistono. E’ vero che l’Umbria l’hanno saccheggiata a colpi di voluttuosi Bed & Breakfast e di spaventosi Centri Commerciali, ma le Marche almeno all’interno sembravano un po’ salvarsi, con alcuni passaggi esaltanti, tra colline parallele e spontanee, inseminate di non troppe case simil-coloniche rimesse a posto con sufficiente garbo e rispetto. Quasi come certo sud della Francia o certe lande tra Svizzera Austria e Baviera. Dai guai della moderna trasformazione post-bellica Daverio, dell’Europa, salva poco, pochissimo dell’Italia. Forse esagera. Certo non salva nulla di qua, della Riviera. E a ragione.
Dovrebbe parlare di Design, Daverio. Ma come se ne può parlare, se prima non si rimette mano al paesaggio, riordinandolo - “il paesaggio non è Dio, ma l’Uomo” - e non se ne riscoprono con umiltà la Grammatica e la Poesia? E’ una serissima questione sanitaria. Vivendo nel degrado visivo (oltre che sociale, politico, economico ecc.), magari tra mobili Aiazzone o, peggio, tra specchi e arredi finto-Luigi14, non puoi né pensare né concepire il bello. Ti abitui al brutto, cosa che col bello non succede: al bello non ci s’abitua, al brutto sì. E pure senza dolore.
Quindi, prima devi togliere le brutture, “magari col tritolo”. Solo dopo puoi riprogettare e ridisegnare, ma ricorda: la creatività si forma sul linguaggio, il linguaggio sulla grammatica.
Il Design viene dopo, è altra cosa. E’capacità di progetto sano e semplice che affonda sì nel talento, ma che oggi necessita anche di tecnologia, di comunicazione efficace, di ricerca… e di mercato. E poi basta con questo fallimentare Capitalismo da Concessione, si passi al Capitalismo Competitivo, si superino le vetuste contraddizioni tra Industria e Artigianato.
Per compiere in fretta (non c’è più tempo!) tutto questo processo “serve una RIVOLUZIONE ”. Punto.
Certo che si può fare. Oggi, nel pianeta, noi-Italia siamo una micronicchia, che per risorgere ha bisogno “solo” di un’altra micronicchia. L’1% che cerca un altro 1%. Non serve conquistare la Cina. Ma dobbiamo essere rigorosi, concentrati, implacabili, fino - magari fosse - alla confisca dei beni dei colpevoli (che conosciamo e sono tra noi) del massacro architettonico, ambientale, abitativo ecc. Cambiar registro.
Dopo Cesare Augusto, dopo Cosimo il Vecchio, ci può essere una 3ª volta in cui noi italiani (Daverio non lo è, lui è mezzo francese, per forza ama poco Dante Tasso e Leopardi, ma poi non ci credo, a lui piace giocare e provocare, ma che classe…), dalla formidabile e unica eredità culturale, ci riprendiamo la posizione di leader per campare meglio di adesso e meglio degli altri, che hanno altri DNA.
Grande Daverio…davvero. Doveva parlare di Design e ha parlato invece di Grammatica e di Linguaggio. Non di Poesia, non di Arte. Ha parlato di vita, di politica. No alla Repubblica Presidenziale e SI alla “Rivoluzione”. NO al capitalismo da concessione e SI a quello da competizione. SI all’Eredità Culturale e NO al Bene Culturale. SI al Museo di città diffusa, vivo, con strumenti che suonano e non mummificati (S. Cristina di Bologna), NO a Biennali imbarazzanti o a Maxxi di malefiche quanto furbe archistar…
Quanti PASSEPARTOUT, per guarire i guai. Poi ci sarebbe il Design, si capisce. Ma è un’altra storia.
PGC - 19 giugno 2010
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