“L’esponente caratteristico delle alte sfere odierne è intellettualmente mediocre, qualche volta in maniera consapevole, ma pur sempre mediocre”
(Ch.Wright Mills, 1956)
Storicamente accade che nelle grandi famiglie ci sia prima o poi il figlio o l’erede scemo, o più d’uno. Vedi gli Agnelli eccetera. I Guzzini a loro volta furono casalinghi e illuminati, e il loro marchio fu iconico. Poi fatalmente può arrivare il discendente che derazza, anche senza eguagliare le res gestae di un Lapo.
Senonchè per un curioso fenomeno tutto italiota, la patente d’imbecillità congiunta all’appartenenza a grandi e mercantilmente blasonate famiglie qui fa curriculum e forma carriere.
(Ch.Wright Mills, 1956)
Storicamente accade che nelle grandi famiglie ci sia prima o poi il figlio o l’erede scemo, o più d’uno. Vedi gli Agnelli eccetera. I Guzzini a loro volta furono casalinghi e illuminati, e il loro marchio fu iconico. Poi fatalmente può arrivare il discendente che derazza, anche senza eguagliare le res gestae di un Lapo.
Senonchè per un curioso fenomeno tutto italiota, la patente d’imbecillità congiunta all’appartenenza a grandi e mercantilmente blasonate famiglie qui fa curriculum e forma carriere.
Così si arriva, come il Guzzino in questione, a ricoprire almeno la presidenza di Confindustria Macerata (per ora). Da qui alla sparata infelice il passo è breve: la voce dal sen fuggita - “Se qualcuno morirà, pazienza” - fa il giro del Belpaese che s’indigna come un sol uomo, e prima che sia riuscito a ingoiarsi la lingua, il Nostro si vede costretto a lasciare la carica, chiedere scusa e bla bla.
E un po’ forte di certo lo è, uscirsene a dire che pazienza un po’ di morti (più importante salvare l’economia, è il mercato bellezza, questo più o meno l'illuminato guzzinian retro-pensiero).
Ma siamo sicuri che il guzzino nostro non sia stato solo meno prudente e falso degli altri? Siamo sicuri che quel che lui ha avuto la balordaggine di lasciarsi sfuggire di bocca, gli altri - cioè (quasi) l’intera galassia imprenditoriale, nonchè una certa opinione pubblica qualunquista reazionaria e retriva - non l’abbia sempre pensato?
Confindustria non poteva far spallucce, la faccia(ta) è tutto in certi ambienti, ma davvero pensiamo che in generale i nostrani imprenditori si lascino impensierire più dal costo in vite umane di questa catastrofe che dal costo della stessa in termini di fatturato?
Sono i meno penalizzati, loro: ristori, dilazioni e casse integrazioni (intascati da molti anche senza averne bisogno) non sono mancati eppure essi sono i primi a frignare (“è poco, non ci basta”) e vien fuori l’anima profonda di un’imprenditoria incapace - non ci sorprende - di guardare oltre il proprio particulare e i conti in banca.
Eccezioni ci sono, ma poche.
Indigeribile è l’ipocrisia degli scandalizzati e degli indignati: anime belle della politica, degli affari, del giornalismo, e non è un caso che il giovin guzzino abbia quasi rubato la “battuta” a compar Toti, sgovernator di Liguria e diretto discendente delle logiche da barattiere del Caimano: anche per Toti, tempo fa, “pazienza i morti”…
Che tutto ciò possa accadere, e che addirittura una parte dell’opinione pubblica - seppur piccola, speriamo - trovi veniale il peccato (magari perché questi personaggi “danno lavoro”) significa aver smarrito l’unico orizzonte possibile, che veda l’uomo sempre come fine e mai come mezzo; ed essere a un passo da quella “società ottusa” nella quale non più l’uomo è misura di tutte le cose - come nell’antica filosofia - ma sono le cose ad essere misura dell’uomo, “senza che vi sia un limite al suo essere strumentalizzato e sacrificato in nome delle cose stesse” (P.Ercolani, Figli di un io minore, 2019).
E un po’ forte di certo lo è, uscirsene a dire che pazienza un po’ di morti (più importante salvare l’economia, è il mercato bellezza, questo più o meno l'illuminato guzzinian retro-pensiero).
Ma siamo sicuri che il guzzino nostro non sia stato solo meno prudente e falso degli altri? Siamo sicuri che quel che lui ha avuto la balordaggine di lasciarsi sfuggire di bocca, gli altri - cioè (quasi) l’intera galassia imprenditoriale, nonchè una certa opinione pubblica qualunquista reazionaria e retriva - non l’abbia sempre pensato?
Confindustria non poteva far spallucce, la faccia(ta) è tutto in certi ambienti, ma davvero pensiamo che in generale i nostrani imprenditori si lascino impensierire più dal costo in vite umane di questa catastrofe che dal costo della stessa in termini di fatturato?
Sono i meno penalizzati, loro: ristori, dilazioni e casse integrazioni (intascati da molti anche senza averne bisogno) non sono mancati eppure essi sono i primi a frignare (“è poco, non ci basta”) e vien fuori l’anima profonda di un’imprenditoria incapace - non ci sorprende - di guardare oltre il proprio particulare e i conti in banca.
Eccezioni ci sono, ma poche.
Indigeribile è l’ipocrisia degli scandalizzati e degli indignati: anime belle della politica, degli affari, del giornalismo, e non è un caso che il giovin guzzino abbia quasi rubato la “battuta” a compar Toti, sgovernator di Liguria e diretto discendente delle logiche da barattiere del Caimano: anche per Toti, tempo fa, “pazienza i morti”…
Che tutto ciò possa accadere, e che addirittura una parte dell’opinione pubblica - seppur piccola, speriamo - trovi veniale il peccato (magari perché questi personaggi “danno lavoro”) significa aver smarrito l’unico orizzonte possibile, che veda l’uomo sempre come fine e mai come mezzo; ed essere a un passo da quella “società ottusa” nella quale non più l’uomo è misura di tutte le cose - come nell’antica filosofia - ma sono le cose ad essere misura dell’uomo, “senza che vi sia un limite al suo essere strumentalizzato e sacrificato in nome delle cose stesse” (P.Ercolani, Figli di un io minore, 2019).
Sara Di Giuseppe - 18 dicembre 2020
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