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“Noi eravamo immersi in una totalità apocalittica”
(Boris Pahor, Necropoli, ed. Fazi 2008)
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Rieccoli, quelli che furbescamente confondono e mescolano la Giornata della Memoria della Shoah al ricordo di tutti gli altri crimini contro l’umanità (alla stregua, ma più vergognosamente, di chi ad ogni 25 Aprile tenta di fare della Festa della Liberazione dal nazifascismo una generica “Festa della libertà”).
Ecco Acquaroli, marchigiano presidente di Regione, che scrive “La memoria è consapevolezza di tutti i crimini contro l’umanità” e la Shoah è “simbolo di tutti gli orrori, le sofferenze, le tragedie del mondo e della storia che hanno calpestato la dignità degli esseri umani”.
Ecco Piunti sindaco sambenedettese, ancor peggio col suo “Quante volte, nella storia recente, questo atteggiamento ha portato al ripetersi di esperienze ugualmente terribili” (!) ed evoca “le vittime dei gulag e delle pulizie etniche in Jugoslavia e in Ruanda…”
NO, cari i miei due signori, la Shoah non è stato né sarà mai un crimine contro l’umanità paragonabile ad altri genocidi e crimini del cui abominio è certamente disseminata la storia della belva umana in ogni epoca e ad ogni latitudine.
E la Giornata della Memoria non nasce per ricordare genericamente “i principi irrinunciabili della pace e della libertà, della giustizia e della solidarietà, in nome della salvaguardia e della dignità di ogni persona umana”.
Essa nasce per ricordare quello che è stato un UNICUM STORICO: uno sterminio studiato scientificamente, “pianificato a tavolino ed avvalsosi di un avanzato grado di tecnologia, cosa che non era mai avvenuta in precedenza”, odio organizzato, “raziocinato, strutturato con attitudine scientifica”.
La Storia, signori, non la si adatta alle proprie convinzioni ideologiche, non la si modella sulle proprie necessità di propaganda, magari plasmandola al fuoco della fiamma tricolore che occhieggia nel simbolo del partito di almeno uno di voi due.
Se a fuorviarvi sia, oltre a ciò, anche una probabile scarsa conoscenza della Storia e di ciò che essa ha scolpito indelebile su ogni pietra e zolla di questo infelice pianeta, o se chi scrive i vostri comunicati non è abbastanza attento e dovreste dirglielo, non fa gran differenza.
Perché ugualmente pernicioso è il messaggio che trasmettete, e che la locale stampa diffonde con zelante acritico copia-incolla: il vostro è messaggio di retorica a buon mercato, che non tocca le coscienze. Solo la VERITÀ può toccarle, solo può farlo il riconoscere la natura assolutamente unica di ciò che è stata una “pianificazione ragionieristica dello sterminio, la “più ciclopica azione di rastrellamento, deportazione e sterminio della storia”.
Mescolare come voi fate la verità storica di una macchina scientificamente pianificata al genocidio con “ogni altro delitto contro l’umanità”, è offesa alla verità, alla memoria, a “questa” Giornata della Memoria. Anche trascinare dalla vostra parte le parole di papa Francesco adattandole a generica condanna dei crimini commessi contro l’uomo è operazione scorretta e fuorviante.
Puro esercizio di retorica, perfino grottesco, è agganciare - per far colpo - il tema della Shoah all’attuale tragedia pandemica (è la perla che conclude il messaggio di Acquaroli).
Disonesto è contrabbandare quale messaggio sulla Shoah la “risoluzione del 2019 con cui il Parlamento europeo ha condannato tutte le forme di totalitarismo che hanno schiacciato i popoli europei”.
“Giornata della Memoria - così scrive ancora lei, Acquaroli, o chi per lei - non può essere patrimonio di parte ed è nostro dovere evitare che possa essere utilizzata come qualcosa di strumentale”.
NO caro signore, la Giornata della Memoria è invece proprio quello, è “patrimonio di parte”, possesso inalienabile di quella parte di umanità che ha vissuto la Shoah sulla propria carne - chiedere alla Senatrice Segre, anche se non la sopportate perché non vi vota - e patrimonio di quanti ritengono primario dovere l’alimentarne e tenerne vivo il ricordo.
A strumentalizzare la Giornata della Memoria siete soltanto voi.
Provo vergogna per voi.
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“... Perciò egli vorrebbe che la dannazione e i suoi segni restassero indelebili, eterne e mai rimarginate cicatrici sul corpo dell’umanità e della storia; sanarle, coprirle, integrarle nella continuità della vita sarebbe un ulteriore oltraggio alla vittime e una - sia pur involontaria – amnistia concessa a una realtà che deve restare inconcepibile”
(Claudio Magris, Prefazione a “Necropoli” di Boris Pahor)
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Sara Di Giuseppe - 28 gennaio 2021