27/03/21

“Insaccano il fumo con il ventilatore” ma sono superpremiati

“Insaccano il fumo con il ventilatore” ma sono superpremiati
“Da 8 a 17 mila euro in più per i dirigenti comunali di San Benedetto” *
Anche in tempo di Covid!
 

        “Insaccano il fumo con il ventilatore”: è il pittoresco detto popolare che capto per caso in viale De Gasperi da un gruppetto di indigeni anziani scappati di casa (distanziati così-così, mascherina a mezz’asta…) che commentano gesticolando l’articolone dell’impassibile Alessandra Clementi sul Corriere Adriatico. Ah, mi tocca comprare il giornale.
        “Insaccano il fumo con il ventilatore” dicono gli scappati di casa. Ma ai 6 dirigenti del Comune non bastano gli stipendioni (vedi tabelle nell'articolo C.A.): “normale” allora che si spartiscano il superpremio annuale “di risultato” (!), “tesoretto” di ben 63.209 euro
Mediamente più di 9.000 euro a testa, però alla fortunata dirigente, particolarmente dotata giacchè avrebbe due teste (Catia/Politiche Sociali, Talamonti/Lavori Pubblici), spettano ben 2 premi: quasi 18.000 euro.
 
        “Insaccano il fumo con il ventilatore”, questo sarebbe il lavoro dei dirigenti - secondo gli scappati di casa, of course - ma è vero che faticano tanto, eh. Su di loro poi incombe una rigida commissione interna che valuta ogni loro performance in base alle percentuali di raggiungimento degli obiettivi fissati nei piani annuali di gestione, e che assegna punteggi, dà pagelle, stila classifiche. Competizione vera. Ma guarda un po’: tutti vicini ai 100 punti, quindi tutti promossi e premiati con migliaia di euro, spicci in più per il “primo della classe”, forse una coppa. Nessun rimandato o bocciato. Al massimo, affumicato…   
        “Insaccano il fumo con il ventilatore”. Per dirlo, i nostri scappati di casa certo li conoscono, ‘sti dirigenti, mica come me. Devono essere proprio bravi, perchè prendono ricchi premi tutti gli anni. Pure l’anno scorso e quest’anno, in tempi di Covid. Anzi quest’anno gli importi sono considerevolmente lievitati. Dunque una ragione deve pur esserci. Infatti c’è: la legge prevede il superpremio e loro la applicano.
        E cosa vuoi che gliene importi, a chi si fa le leggi pro domo sua, di cose astruse e fumose (ops) che si chiamano etica pubblica e decenza. Non sta agli illuminati dirigenti comunali sapere che fuori dei vetri (sporchi) della Civica Residenza c’è una crisi economica che galoppa al ritmo stesso del Covid, che mettersi in saccoccia migliaia di euro per presunti meriti - maddechè? - è uno schiaffo ai drammi individuali e collettivi che si consumano fuori dai loro ben arredati uffici, e somiglia tanto alla collaudata filosofia dell’io so’ io e voi non siete un cazzo del sordiano Marchese del Grillo.
        In altri tempi, in altri luoghi, si ritroverebbero i forconi sotto il palazzo. Macchè: qui passa tutto liscio, i cittadini abituati colpevolmente a mandar giù ogni cosa, ingoiano anche questa; i giornalisti riportano impassibili notizia e cifre e non alzano manco un sopracciglio.
        In altri tempi, in altri luoghi, rinunciare al “tesoretto” - alla “torta” - o devolverlo tutto a favore di categorie già svantaggiate e che il Covid ha messo in ginocchio, rimedierebbe in parte all’indecenza di leggi, norme, disposizioni degne di regimi borbonici e di apparati feudali.
        Ma si chiama etica pubblica, e i Nostri sanno tenersene ben lontani.
 
*  I “Superpremi di risultato”, per legge, li elargiscono tutti i Comuni d’Italia - grandi e piccoli - che hanno  dirigenti. Se si considera San Benedetto un Comune-medio, viene fuori la cifra di 500 milioni di euro.
 
PGC - 27 marzo 2021
 
 

24/03/21

99 e non sentirli


Come stai, Lisa?
I tuoi disegni allungano la vita, li chiamano disegni salvavita
Ricordano l’infanzia.
La tua matita da circo
disegnava eroi casalinghi, in fuga per un pic-nic
e orsi custodi, orsi musicisti, orsi in galleria
placidi draghi (che non cambiavano mestiere)
angeli fossili e in tutte le tasche, loro non crescono come i bimbi…
Poi rane, gatti, formiche, leoni buoni.
Sante matite per disegni innocenti o precari
senza zucchero, al massimo ghiaccio e menta
e colori svegli d’acquerello.
Disegni giovani, neanche trent’anni.
Eh, le tue matite ancora mi aspettano, appuntite…
ma è immaginabile e possibile che in qualche posto acrobatico ci vedremo
chissà, in una [abusiva] tua DOMUS marina, libera, “portofranco”
Vicina alle Stelline ti vidi che dormivi
Ora ti guardo in una polaroid

Giorgio  
marzo 2021


 

 

23/03/21

"Lisa e Orso", buon compleanno

Gli amici di Milano, Franco Toselli e Franca Bernardini, entrambi strettissimi amici e collaboratori di Lisa Ponti, ci ricordano che oggi, 23 marzo 2021, Lisa avrebbe compiuto 99 anni. Ne ha mancati, ai nostri occhi, appena due. È il suo compleanno insomma, e noi lo festeggiamo ricordandola con un suo amorevole ed elegante disegno rigorosamente in A4: "Lisa e Orso", che ci promettono che torneranno. Fantastico!

Auguri Lisa Ponti, anche da parte dei 'marinai senza paura', ma solo perché tu c'hai spronato.

Lisa Ponti, Lisa e Orso


18/03/21

“VITTIME DEL [PROPRIO] PRIVILEGIO”


 
“Diamo fuoco alle polveri”

 
“VITTIME DEL [PROPRIO] PRIVILEGIO

 
        Gli italiani sono costernati da che hanno scoperto, nel vasto catalogo vittimologico odierno - vittime di violenza, ingiustizie, emarginazione, soprusi ecc. - un’ulteriore categoria finora sconosciuta: le “vittime del [proprio] privilegio”.

Sono coloro i quali non lo vorrebbero, un determinato privilegio, proprio no, ma quando mai, ma quando m’è capitata ‘sta disgrazia… e invece no, il privilegio ce l’hai e te lo tieni e guai a te se non te lo godi. Straziante.
 
Il copyright della geniale definizione appartiene al sindaco di Polizzi in Sicilia che l’ha applicata a sé stesso e collaboratori, costretti a subire il privilegio di vaccinarsi prima degli altri - si pensi alla loro frustrazione! - addirittura in gennaio.
Scopriamo così che il privilegio, saldamente strutturato nel nostro paese, non è vissuto con piena soddisfazione da chi ne beneficia; al contrario, esso è piuttosto un non voluto fardello sulle spalle di singoli individui o gruppi sociali o categorie professionali.
 
Prendiamone una a caso, quella dei magistrati e degli avvocati. Si sono fatti in quattro, costoro, per respingere l’iniziativa con cui l'organismo apicale istituzionale che li rappresenta - il Consiglio Nazionale Forense o CNF - ha chiesto e ottenuto che si vaccinassero tra i primi scavalcando tutte le categorie che ne hanno diritto prima. 
“L’attività giudiziaria non può fermarsi”, è stato detto loro, ed essi - magistrati, avvocati, personale amministrativo delle cancellerie - han dovuto piegarsi all’interesse superiore della Nazione, usufruire a malincuore di siffatto privilegio, fingere di non sapere che in Italia l’attività giudiziaria anche senza Covid è più ferma del monumento ai caduti e quando si muove, il bradipo al confronto è un missile.
 
Analogamente s’è comportato l’Ordine dei giornalisti nel richiedere precedenza nei vaccini per gli impavidi eroi della tastiera; altre categorie si sono poi accodate, ma fra cotante vittime dei propri privilegi un moto unanime di ribellione serpeggia ormai al grido di “mai come De Luca, mai come il sindaco di Polizzi!”.
 
Stiano sereni però, tutti costoro: presto non saranno più additati al pubblico ludibrio per aver saltato la fila. 
Con un Generalissimo a guida suprema della campagna napoleonica, pardon vaccinale, in men che non si dica ogni singolo italiano eccetto i neonati in culla sarà stato vaccinato, e l’immunità di gregge par già di toccarla con mano.
L’ha detto il Generale Comm.Cav.Grand’Uff. Figliuolo. E il Generale Comm.Cav.Grand’Uff. Figliuolo è uomo d’onore.
 
Bastano, di costui, la fiera postura, le mostrine inchiodate sul petto, il rassicurante gergo militaresco culminante nell’adrenalinico grido di battaglia Dare fuoco con tutte le polveri applicato ai vaccini, a far presagire dopo il buio pandemico l’età dell’oro che dispiegherà su di noi l’agognata Pax Figliuola.
 
Non è forse Sua la folgorante disposizione che i vaccini eventualmente d’avanzo vengano somministrati a chi è disponibile al momento, cioè a chiunque passa (testuale), tipo io che portando il gatto dal veterinario vengo a trovarmi in zona?
 
Sono convinti, i soliti malevoli, che dove compaiono gerarchie militari nelle stanze dei bottoni ci sono guai sempre e comunque? che i papaveri della guerra sono comunque dannosi e del tutto inutili?
 che un alto grado militare a capo di una civile campagna medico-sanitaria è la materializzazione di un ossimoro oltre che oltraggio al buon senso?
  
In realtà basterebbe tenerli ben lontani, i papaveri, da ruoli decisionali che nella vita civile e nelle democrazie mature competono alla politica, la quale si fa carico a sua volta della volontà e dei bisogni dei cittadini.
E gli anonimi soldatini della truppa a loro sottoposti ben sarebbero felici di non giocare alla guerra per esser finalmente utili come valido supporto logistico/umanitario nelle emergenze.
 
Poi i generalissimi li si potrà benevolmente lasciar indossare le pittoresche mimetiche in città, reggere in equilibrio sulla testa il cappello a tre piani, attaccarsi sul petto un intero pallottoliere di mostrine, baloccarsi col militarese, gridare bumbum e fingere di dar fuoco alle polveri: so’ creature, so’ figliuoli, anche se hanno 60 anni.
 
 
Sara Di Giuseppe - 18 marzo 2021

 

12/03/21

…E la furbata degli AVVOCATIVACCINATI come i politici?...


…E LA FURBATA DEGLI AVVOCATI VACCINATI COME I POLITICI?...

 
     Interpretando a cazzo una circolare del Ministero della Salute, le Regioni Toscana, Sicilia e Campania (ma se ne sarà accodata qualcun'altra) - su richiesta dell’Ordine Forense, si capisce - hanno incredibilmente inserito tra gli “essenziali” bisognosi di vaccinazione prioritaria anti-Covid anche i “Professionisti della Giustizia”.
Gli avvocati con tutto il cucuzzaro, insomma.
 
     Già molti politici-avvocati di ogni partito e di ogni risma - parlamentari, presidenti, governatori, sindaci, assessori, consiglieri… - si sono furbescamente vaccinati “saltando la fila”, ma chi è “solo” avvocato rischiava di restar fuori da certe liste protette costituite anche di profittatori a vario titolo (cioè abusivi). Ora non più.
Nella Regione Marche, ad Ascoli Piceno per esempio, che succede?
Nel Tribunaluccio di via Angelini, i nostri avvocati (non certo ultra ottantenni) si stanno vaccinando AstraZeneca o Pfizer? E fuori, sotto la scalinata, ricevono gli applausi?
Me lo chiedo perché devo decidere come apostrofarli, d’ora in poi:
FURBETTI, FETENTONI, o GALANTUOMINI (quelli senza la punturina)
 
PGC - 11 marzo 2021

06/03/21

LA FATTORIA DEI GENERALI


LA FATTORIA DEI GENERALI *

 
… Dragòneon non si faceva vedere in pubblico se non una volta ogni due settimane. Quando poi appariva era accompagnato non solo dal suo seguito di cani (da riporto) ma anche da un gallo nero in uniforme da Generale, con l’intero medagliere sul petto, che marciava davanti a lui e si comportava come una sorta di trombettiere, emettendo un forte chicchirichì prima che Dragòneon parlasse.
 
[…]
 
Non si parlava di Dragòneon chiamandolo semplicemente per nome. Con stile formale, ci si riferiva a lui come “il nostro Capo”, e i maiali si divertivano a creare per lui titoli quali “il Padre di tutti gli Animali”, “il Terrore del Genere Umano”, “il Protettore dell’Ovile”, “l’Amico degli Anatroccoli” e così via.
Durante i suoi discorsi, Gazzettino parlava con le lacrime che gli scorrevano lungo le guance, della bontà del suo cuore, e del profondo amore che egli provava per tutti gli animali. Era divenuta una cosa abituale attribuire a lui il credito per ogni successo raggiunto e per ogni colpo di fortuna.
Si sentiva spesso una gallina dire a un’altra: “Sotto la guida del nostro Capo, il Compagno Dragòneon, ho deposto cinque uova in sei giorni”.
O due mucche, che si gustavano l’acqua dello stagno, esclamare: “Grazie alla guida del Compagno Dragòneon, che buon sapore ha l’acqua!”.
I maiali erano estasiati dall’astuzia di Dragòneon. (…) La superiorità della mente di Dragòneon, diceva Gazzettino, era rivelata dal fatto che egli non si fidava di nessuno.
 
[…]
 
Adesso c’erano alla Fattoria molte più creature, bestie sane e robuste, ma molto stupide. Nessuna di loro si dimostrò capace di imparare l’alfabeto oltre la lettera B. Accettavano tutto ciò che era detto loro ma non si poteva essere certi che ne capissero poi molto.
Pareva tuttavia che in un modo o nell’altro la Fattoria fosse diventata più ricca senza per questo rendere più ricchi gli animali, con l’ovvia eccezione dei maiali e dei cani.
 

C’era da compiere, come Gazzettino non si stancava mai di ripetere, un lavoro infinito per la supervisione e la conduzione della Fattoria, tutto ciò era della massima importanza per il benessere della Fattoria stessa, e molto di questo lavoro era di un tipo tale che gli altri animali erano troppo ignoranti per poter capire.  La felicità più autentica, diceva Dragòneon, consisteva nel lavorare duramente e nel vivere frugalmente. Eppure, nè maiali nè cani producevano del cibo col loro lavoro; e ce n'erano davvero tanti e con un ottimo appetito.   

Quanto agli altri, la loro vita, per quanto ne sapevano, era com’era sempre stata. A volte i più vecchi di loro frugavano nella loro fragile memoria e cercavano di stabilire se, prima dell’espulsione di Joseph the Count le cose erano state migliori o peggiori di adesso. Ma non avevano nulla a cui appigliarsi se non le cifre di Gazzettino le quali, invariabilmente, dimostravano che tutto andava di bene in meglio.
Si erano verificati eventi incresciosi, erano state diffuse idee sbagliate, ma ora tutti i dubbi erano stati spazzati via: c'erano non solo le metodologie più avanzate, ma una disciplina e un ordine che dovevano servire da esempio.

 [...]

Dragòneon era soddisfatto e dichiarò che aveva anche lui qualcosa da dire e, come tutti suoi discorsi, anche questo fu breve e diretto: anche lui, disse, era contento che il periodo dei fraintendimenti fosse passato. Per lungo tempo erano circolate voci che ci fossero elementi rivoluzionari nel modo di vedere suo e dei suoi Generali. 
Nulla di tanto lontano dal vero! Il loro solo desiderio era di vivere in pace e d’intrattenere normali relazioni d’affari coi loro vicini. 

La Fattoria, aggiunse, era un’impresa cooperativa. 
I titoli di proprietà che aveva nelle sue mani appartenevano congiuntamente a tutti i maiali. 
Certi cambiamenti messi in atto avrebbero certamente aumentato il livello di fiducia, e da quel giorno in avanti la Fattoria si sarebbe chiamata "Fattoria padronale".
Ci furono applausi entusiastici e un battere di piedi, e i boccali vennero vuotati fino in fondo. 

Agli animali, che osservavano la scena dal di fuori, parve che stesse accadendo una cosa strana - che mai era mutato nelle facce dei maiali? -  e si allontanarono quatti quatti. 
Ma non si erano allontanati neanche di venti iarde che si fermarono bruscamente. Dalla Fattoria giungeva un vociare tuonante. Sì, era in corso una lite violenta. C’erano urla, pugni battuti sul tavolo, sguardi taglienti pieni di sospetto, dinieghi furibondi. Le voci gridavano piene di rabbia e tutti loro erano uguali. Non importava ormai cosa fosse accaduto alle facce dei maiali. Le creature, da fuori, spostavano lo sguardo da maiale a uomo e da uomo a maiale e ancora da maiale a uomo; ma già era impossibile dire chi fosse chi.

 
*adattamento da: G.Orwell, La fattoria degli animali, novembre 1943 – febbraio ,1944
 
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Illustrazione di Antonello Silverini, in 
             G.Orwell
     La fattoria degli animali
     trad. Luca Manini
     Fanucci Editore 2021
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Sara Di Giuseppe - 6 marzo 2021

05/03/21

Padre, Figliuolo e Spirito Santo

 
Padre, Figliuolo e Spirito Santo


Doveva essere come una operazione bancaria di “alto profilo”. Segreta. Senza nomi.
Un’anonima Trinità di Governo dalle miracolose capacità operative, per condurci – noi tapini – fuori dal Covid e verso un “Nuovo Rinascimento”, con l’eliminazione delle scorie.
Una (santissima) Trinità di Governo dall’impronta militare, finanziaria, mercantile.
Certamente un super-drago, il Padre. Ma grigio, muto, invisibile, introvabile. Dalla sua Passat dai vetri scuri, ordina dispone e decreta col solo sguardo-laser. Gli altri due sarebbero rimasti misteriosi, se del secondo non fosse scappato il nome:
Figliuolo. E si fa pure notare: veste sempre - forse anche a letto - la rutilante divisa con tonnellate di mostrine e cappello a due piani con attico e superattico.
Mentre il terzo, una vecchia conoscenza in odore di santità fin dall’era del Caimano, già delegato ovunque a produrre guasti, ufficialmente non farebbe ancora parte di questa Trinità. Dopo missioni in Marche e Umbria, ora sta provvisoriamente con un piede in Lombardia (altra Trinità, un po’ più piccola), a terremotarne la Sanità…
Forse sarà lui lo Spirito Santo. Chi altro potrebbe volar alto-altissimo sulle Regioni, con le sue astronavi…
Eccola dunque la invocata Trinità di Governo Nazionale
il PADRE che tutto sa, ordina
il FIGLIUOLO, da intemerato generale, sta zitto e obbedisce. Militarizza. 
lo SPIRITO SANTO - quello lì che dovrebbe proteggerci - delegato ai miracoli… pardon ai macelli, vedremo.     
   
 
PGC -  4 marzo 202

02/03/21

“IL TANGO, UNA FORMA DI RESISTENZA UMANA”


 
“IL TANGO, UNA FORMA DI RESISTENZA UMANA”
[Meri Lao – Todo Tango, 2006]

 

“TANGO SUITE” – Omaggio a Piazzolla
FORM - Orchestra Filarmonica Marchigiana
e
Daniele Di Bonaventura (bandoneon, arrangiamenti e direzione)
TEATRO DELL’AQUILA – FERMO     27 febbraio 2021 h21


 
        Teatro dell’Aquila splendente ma desolatamente vuoto e muto per Covid, quando la FORM e Di Bonaventura attaccano puntuali con Gardel-cantor di tango.

Per l’occasione - il bandoneon è spesso in primo piano, nelle riprese televisive - Daniele ha scelto il più bello forse tra i suoi preziosi bandoneon degli anni trenta: magari è lo stesso con cui suonò in coppia col grande Frank Marocco al Faro marittimo di Pedaso nel 2011 (cfr. "Lo zio d’America", 4.8.2011), poi anche nell’Aula Magna del Convitto Nazionale di Teramo (2017) con lo String Ensemble della FORM per i 25 anni dalla morte di Astor Piazzolla, quasi lo stesso repertorio di stasera, centenario della nascita.
 
        Teatro deserto, dicevo. Ma i musicisti fanno come se fosse pieno: suonano con l’anima, perfino mandando sguardi nel buio a chi non c’è. E alla fine ringraziano col corale inchino le fredde poltroncine rosse in platea, l’arco silenzioso dei 5 ordini di palchi, ricambiano con occhi sorridenti gli applausi virtuali, concedono il bis “richiesto”… Sempre incapsulati come per punizione nelle nere mascherine d’ordinanza (meno i fiati, si capisce).

La scena irreale di un inquietante fantasy: le mascherine che trasformate in spade o simili prendono a combattersi e a sprizzar fiamme, o che ingigantendosi ingoiano musicisti e strumenti, bandoneon compreso, o che s’inseguono veloci come vele nere sul mare, o che diventano aquile – senza teatro – in volo nello spazio…
Colpa della malefica tivù che sto guardando, che non può più bonificarsi o riscattarsi, neanche se è eccezionalmente occupata da un concerto superlativo come questo.
Col telecomando-pistola posso impunemente uccidere un tango dopo l’altro per guardare imbolsito una partita o lo sci, o il peggio dei politici e dei giornalisti, o quei tigì sgrammaticati e ripetitivi.
La cultura si ammazza così, con noncuranza.
 
Ma come posso prendermela con la tivù, se i teatri sono chiusi per Covid? Provate a riaprirli, forse la gente ci torna, forse non è troppo tardi. Sono i luoghi più sicuri, i teatri, ci si infetta solo di cultura. E c’è sempre un posto libero , stando ben distanziati, senza patire.

L’altra sera al Teatro del’Aquila, per esempio: se nei 124 palchi avessero messo solo una persona per palco e in platea poche decine ben sparpagliate, ben 200 persone avrebbero goduto e imparato parecchio di tango.
Che, come scrive Meri Lao per esperienza diretta, è pure “una forma di resistenza umana”.
Ri-aprire i teatri è come vaccinare. E ne abbiamo, di tanghi, per resistere e guarire.
 

PGC - 2 marzo 2021

01/03/21

Daniele in un teatro vuoto

 


Daniele in un teatro vuoto

F.O.R.M.
Orchestra Filarmonica Marchigiana
e
Daniele Di Bonaventura
bandoneon, arrangiamenti e direzione

in
“TANGO SUITE”
Omaggio a Piazzolla
 
TEATRO DELL’AQUILA – FERMO
Sabato 27 febbraio h21


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Qualcosa qui non accade
come dovrebbe.
Qui c'era qualcuno, c'era
poi d'un tratto è scomparso
e si ostina a non esserci
.
 
Wisława Szymborwska - “Il gatto in un appartamento vuoto

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       “Arrampicarsi sulle pareti / strofinarsi tra i mobili … / pian pianino / su zampe molto offese” per quell’assenza inusitata che continua, che non si spiega, che addolora.
È quello che farebbe un gatto, in quella platea silenziosa, come rassegnarsi a tanta solitudine?


È un gatto, il bandoneon di Daniele che elegante si muove, sinuoso s’inerpica e discende, scivola e s’incurva, graffia i velluti delle poltrone vuote, dei palchi spenti, riflette gli ori del teatro magnifico che pare incredulo trattenere il fiato. L’orchestra lo insegue e decolla, i musicisti in tutt’uno col soffitto e il pavimento: e per un’ora non c’è più alcun vuoto, ogni angolo è musica, è volo di strumenti, armonie di archi sapienti e percussioni in gioco col prezioso bandoneon, voce struggente del tango.
 
Ed è Argentina ed è il “nuevo tango” di Piazzolla, è omaggio nel centenario della nascita al genio che con linguaggio ribelle reinventò la musica del tango e sfidò una tradizione intoccabile, vi innestò jazz e musica colta e la sua Argentina lo chiamò El Gato perchè del felino ebbe l’ingegno e l’abilità, la grazia e l’incantesimo.
Musica audace, erudita e sanguigna che si fa dialogo sensuale e complice fra Daniele – quest’oggi tanguero encantador nella sua Fermo – e gli eccellenti musicisti, in nero come tangueri anch’essi.

A Carlos Gardel, cantor di tango, iniziatore del tango cantato e voce patrimonio dell’umanità, è dedicato il primo trittico: struggimento di terra lontana e disincanto d’amore, forse presagio di quella morte aerea e di una vita troppo presto troncata; il Piazzolla meno frequentato ci viene incontro in  Piazzolla’s Tango Suite, contaminazione di sapori d’Argentina e del mondo, dove ogni brano ha dentro una storia e ogni storia è vita vera che si fa musica: il barrio violento, la fame, le gangs, e poi New York, Elia Kazan, Gershwin…” tutto questo si ritrova nella mia musica, come nella mia vita, nel mio comportamento, nelle mie relazioni
 
Ed è il Di Bonaventura compositore a chiudere, con la sua contemporanea Tango suite, il viaggio vertiginoso che ha attraversato continenti e storia: Valzer, Milonga, Tango chiamano a raccolta gli strumenti intorno al bandoneon e le armonie si fondono docili al suo funambolico instancabile respiro.
Un pubblico invisibile applaude caloroso, al termine, e Daniele scherza con spirito monello annunciando il bis, richiesto a gran voce in sala…

E sarà il leggendario “El choclo” (La pannocchia di mais) di Angel Villoldo “giullare fuori di secolo”, esponente della “guardia vieja” del tango, a salutare con noi l’affettuoso teatro che lasciamo ancora una volta stasera, dopo tanta bellezza, al suo silenzio e alla sua solitudine.
 
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Io direi che il tango e la milonga esprimono in maniera diretta qualcosa che i poeti, molte volte, hanno voluto fare con le parole: la convinzione che combattere può essere una festa
”.
J.L.Borges
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Sara Di Giuseppe  - 28 Febbraio 2021