31/05/22

DONNE E MADONNE ARMATE

 


        Donne e Madonne armate. E…“chiacchierate”, sia l’inoffensiva matrioska col kalashnikov de “La Pace Manifesta”, sia la gigantesca madonna ortodossa col lanciamissili portatile anti-carro Javelin FGM-148 (ovviamente americano) dipinta sulla bianca kommunalka di 8 piani di Kyiv (Kiev). 


Anche se è evidente che dicono “la pace non si fa con le armi”. 


Le armi che imbracciano sono - ma non dovrebbe esserci bisogno di spiegarlo - un ardito paradosso: non certo la smania d’usarle, comunicano, semmai l’esatto contrario perchè “la guerra non finirà finchè gireranno armi”.


Ma visto che continuiamo, ubbidienti e imperterriti, a mandare al governo ucraino sempre più armi e sempre più potenti, succede che molti dei farisei a cui - sotto sotto o apertamente - questo va bene, si scandalizzino per la presunta manipolazione delle donne (e delle madonne). Prigionieri felici nelle loro convinzioni di arcaico perbenismo del tipo:

-          Okkei, benissimo le armi, ma alle donne no (non ci capiscono… le odiano… come il jazz )

-          Le donne sono le vittime, loro non sparano, sono sparate (uomini e bambini non pervenuti)

-          Che volgarità mettere le armi sulle donne, quando le donne - in quanto donne, si capisce - per la pace saprebbero fare di più e meglio senza (ma va?)…

Eppure bastano i centotrenta manifesti d’autore della mostra “La Pace Manifesta” a San Benedetto, a far capire che la matrioska col kalashnikov (così come la verde madonna ucraina col lanciamissili amerikano) denuncia l’uso indecente di tutte le armi da parte di tutti, uomini e donne, alla pari

Perché siamo al punto che si parla più con le armi che con le parole e queste, quando ci sono,  sono armate, aizzano una “crudeltà politica” generalizzata e senza senso. 100 giorni di guerra e non si vede la fine.


Andrea Rauch nella sua prefazione (“GUERRA & PACE”) al catalogo sostiene che “non si può più prescindere dall’agire” (alla Gino Strada, se possibile): e agire è muoversi seriamente - non militarmente - per togliere definitivamente l’ossigeno con cui le guerre respirano. Quell’ossigeno sono le armi


Presentando i 130 manifesti-per-la-pace (by MAGMA) in mostra, silenziosamente lo gridano la “nostra” matrioska col kalashnikov e le altre “donne e madonnearmate”, che non vedono l’ora di uscire dal paradosso necessario per stanare i saccenti guerrafondai per procura. 

 

PGC - 31 maggio 2022



29/05/22

“Sono storie”

KOBILINSKY / DI BONAVENTURA  DUO   [“Notre Dame”]

Krzysztzof Kobylinski - pianoforte    Daniele Di Bonaventura - bandoneon

Ascoli Piceno  Cotton Lab     20 maggio 2022  h21




Non so se il meraviglioso rosone del CD sia proprio di Notre Dame de Paris, penso di sì. In ogni caso riassume perfettamente l’anima architettonica delle musiche di Kobylinski/Di Bonaventura: jazz radiale come fatto col compasso, che parte da poche note apparentemente casuali (forse lo sono) del pianoforte o del bandoneon. Note normalissime di pari importanza, economiche, quasi sempre timide e silenziose, ma cristalline, che sembrano emergere dal centro di un grande rosone all’alba quando c’è ancora scuro, ma via via che la luce cresce ne irraggiano altre in tutte le direzioni, vettorialmente, secondo grafiche perfette e leggere, a crescita infinita. Ricami (musicali) imprevedibili, complicati, colorati come nelle cattedrali (più gotiche che romaniche), suoni che crescono e mutano come i cristalli di neve, tra loro simili ma diversissimi. 


      Kobilinski e Di Bonaventura sono come i mastri rinascimentali dei rosoni, che sceglievano forme e colori delle tessere di vetro e col piombo le montavano, in accordo coi rigidi costruttori delle colonnine radiali esterne raccordate con archetti e rosette. Così nasce la loro Opera Jazz Notre Dame, ma non basta: le dita che comandano i tasti devono anche inventare ed esprimere echi, ombre, tratteggi, effetti, vibrati, per raccontare bene la “storia” [e sempre in maniera diversa, sennò non sarebbe jazz]. 


      È anche una questione di fisica meccanica: dal vivo - e per fortuna anche dal cd - si avvertono i legnosi ticchettii del bandoneon, i tocchi di pedale di Krzysztzof, i respiri e i sospiri del mantice, mentre loro ascoltano e rispettano l’immenso lavoro nascosto degli strumenti, e assecondandoli ne sono ispirati (!).


      Al Cotton, stasera è musica pianeggiante, geograficamente di bella campagna con un po’ di collina. Discese, morbide salite e risalite, silenzi. “Sono storie” scorrevoli, forse commedie di Polonia o di Marche, da interpretare con gusto e fantasia. Ma non è mancato - quasi in sordina - anche un piccolo tango (dall’incedere poco aggressivo) e con sorpresa perfino un originale 5/4 che più che un ricamo di rosone m’è sembrato una forte storia di città, dalla tessitura intricata seppur ricorrente, senza fine.


     Eh, “sono storie”, il jazz è fatto di storie: compiute, incompiute, inventate.  Al bar, Daniele poi me lo conferma.


PGC - 23 maggio 2022





17/05/22

LA GUERRA MANIFESTA AI PINI

8 pini di 44 anni verranno uccisi il 18 maggio. ZAC-ZAC, non BANG-BANG. 

Niente pace, neanche per i pini.


      San Benedetto, piazzetta del mercatino comunale di viale De Gasperi: “Riqualificazione e messa in sicurezza, nuovi stalli di sosta, nuova pavimentazione con asfalto, più 16 nuove essenze arboree che verranno piantate nel territorio comunale”. [Chissà dove, magari in un burrone]


Questa dovrebbe essere la volta buona, attacca così l’allegra velinona del Corriere Adriatico (anche oggi abbiamo scritto qualcosa, meno male, sarà stato il compiaciuto Corriere-pensiero). “Colpa dei ritardi per l’approvvigionamento dei materiali, a cominciare dal bitume per gli asfalti”, spiega il ligio assessore, sennò a Pasqua era tutto fatto.


È che a San Benedetto e dintorni la “guerra ai pini” non la si manda per le lunghe, si taglia e basta. E’ stato sempre così, con tutte le amministrazioni, anche quando governavano i “Verdi” di seconda generazione. Tanto i residenti non protestano, zitti e Mosca. Anzi gli va bene. Anche in questo caso: ci guadagnano una decina di parcheggi, più l’asfalto liscio senza le gobbe delle radici dei pini: nessun anziano inciamperà e andrà all’ospedale, nessun bimbo morirà travolto da un ramo di pino assassino (quando si dice la sicurezza)… e i pericolosissimi aghi di pino, che possono accecarti? Solo addio ombra, addio disastrate panchine, addio piccola oasi. Che volete che sia. Commercianti felici. Voti sicuri. 


È l’atroce guerra per il territorio, bellezza. Solo che i pini non possono scappare, non possono rifugiarsi nei bunker dei palazzoni di viale De Gasperi, nè possono difendersi (mai avute armi - difensive, oh yes - in omaggio…). Finiranno anche loro in una fossa comune, o bruciati, ma senza fosforo. Per 8 pini non servono neanche i carri armati, basta una motosega russa (più probabilmente cinese). Il Comune ce l’ha pronta.


      Si potrebbe trattare per salvare la vita ai nostri 8 pini? Certo che no, conviene la “guerra manifesta”, come sempre. Dopo (o anche prima) basterà fare la faccia dispiaciuta e farfugliare vuote parole di circostanza, come sempre. E poi “ricostruire”, con zelo e male, come sempre.


      Cosa importa se avremo perso altri 8 pini mediamente giovani (anche se bruttini perché senza manutenzione, e mai stati potati!); il 19 maggio li avremo già dimenticati. Si dirà di aver vinto la guerra ai pini, ci sarà un’altra stupida inaugurazione, anche se la pace sarà fatta di lugubre asfalto.  

 

PGC - 17 maggio 2022  


IL CLUB DELLA SEGA COLPISCE ANCORA


La crociata contro i pini colpisce ancora, a San Benedetto. Anzi non s'era mai interrotta. 


Dopo le indimenticate gesta delle amministrazioni Kasparov 1 e 2, i cui assessori mani-di-sega (all’Ambiente, pensa un po’) furono per il verde cittadino peggio di Attila nei suoi anni migliori (uno si è perfino recentemente candidato sindaco. San Benedetto sta’ serena!); dopo i fasti dell’amministrazione Piunti coi rigogliosi pini condannati a morte per realizzare la pista ciclabile (oddio, pista ciclabile, si fa per dire) lungo il corso dell’Albula e i pochi superstiti che l’amministrazione Spazzafumo spazzerà via (un nome, un destino) per completare il progetto, tocca ora agli incolpevoli pini del mercatino comunale in Viale De Gasperi. 

Li segano domani. “Riqualificazione dell’area”: oggi si chiama così, nel paraculese amministrativo e  velinaro, ogni delitto ai danni dell’ambiente.

Lo sappiamo da decenni: dalle nostre parti chiamarsi PINO è una brutta disgrazia, il verde in genere è un colore che disturba, e il Club della Sega ha avuto ed ha nelle amministrazioni locali, sambenedettesi e limitrofe, adepti ferventi e numerosi.

 

Lo sanno i pini di Grottammare - specie lì in estinzione anzi già estinta - sistematicamente sacrificati da sindaci e assessori alle proprie elettoralistiche mene palmizie e ciclabili o alla loro psicotica idea di “sicurezza”; lo sanno le pinetine di Grottammare, desertificate a beneficio di chalet e dehors e giochi cretini per bambini.

 

Niente di nuovo sotto questi cieli: a San Benedetto, a Grottammare e non solo, amministrazioni digiune di cultura ambientale inseguono il residuo spelacchiato miserando verde cittadino, lo stanano ovunque esso sia per giustiziarlo con le motivazioni più sfacciate e grottesche.

Si salvano solo le inutilmente spettacolari palme - quando non le fa fuori il punteruolo - su artificiosi lungomari modello Dubai a beneficio di turisti di bocca buona.

 

Tutto nell’indifferenza dei cittadini, col plauso dei commercianti - unici beneficiati - e la supina, acritica amplificazione da parte della stampa. 

La stessa che annunciando lo scempio che giustizierà domani i pini del mercatino di Viale de Gasperi, scrive - anzi velina senza un dubbio o un sussulto - che al posto dei pini “Saranno reimpiantate essenze arboree (apperò, pensavamo si chiamassero alberi) di altro tipo: complessivamente nel territorio comunale saranno piantumate altre sedici essenze  (aridaje), il doppio di quelle rimosse” (excusatio non petita…).

 

Nel territorio comunale, capito bene?  

Ci prendono per scemi. 


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Normalmente tendiamo a non guardare, a non vedere le piante. Siamo completamente ciechi a questa forma di vita che pure rappresenta la protagonista indiscussa della vita del pianeta. Se pensiamo che tutti gli animali insieme rappresentano soltanto lo 0,3% della biomassa del pianeta e che le piante rappresentano invece l’85%, capiamo come ogni volta che si racconti una storia che riguarda la vita su questo pianeta, è impossibile che le piante non siano le protagoniste

(Stefano Mancuso, “La pianta del mondo”, Laterza 2022)

 

Sara Di Giuseppe - 17 Maggio 2022