“Così è (o mi pare)”
Una riscrittura per realtà virtuale di Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello
Adattamento e regia di Elio Germano
Teatro Concordia – San Benedetto del Tronto
6 novembre 2022
28° Incontro Nazionale dei TEATRI INVISIBILI
Grottammare – San Benedetto del Tronto 29.X – 6.XI 2022
direzione artistica LABORATORIO TEATRALE RE NUDO
“Essere”, per un’ora e mezza, il Commendator Laudisi - e nei suoi panni trovarsi sulla scena con loro, “la signora Frola e il signor Ponza suo genero“, nel salotto di provincia in cui nessuno si fa i fatti suoi - è fascinosamente spaesante, in questa Riscrittura per realtà virtuale che Elio Germano fa del dramma pirandelliano Così è (se vi pare).
Sei a teatro, infatti, e non ci sei. Sei invece - è bastato avere sul cranio una brutta protesi marziana, un visore con cuffie - dentro l’elegante salone - nella realtà, la villa toscana dei marchesi Gondi - dove si muovono tutti loro: la signora e il signor Agazzi, la giovane Dina, il disincantato ironico Lamberto Laudisi, il Prefetto, gli altri .
E nel parlare, nello spiegare, nel commentare, loro si rivolgono anche a te, che nella realtà virtuale sei l’anziano (e qui ci siamo) Commendator Laudisi (che non esiste nel dramma originale), padre di Lamberto. E in quei panni assisti al crescendo del feroce guazzabuglio, all’agitarsi di tutti per venire a capo di qualcosa senza in realtà venire a capo di nulla e che… toh, sembra proprio la vita stessa, né più né meno.
Ti sposti, anche, con la sedia a rotelle del “Commendatore” quindi tua, e - con una leggera vertigine - transiti nel salone attiguo - mobili severi, un nero pianoforte d’arredo - e nel grande specchio lo vedi, questo Commendatore che forse sei tu, e lo senti - anzi ti senti - parlare, commentare distaccato l’agitarsi di quelli di là.
Cercano di capire, i tapini, chi siano veramente quei tre indecifrabili soggetti trasferitisi lì, a Valdana, dopo il devastante terremoto marsicano, quel signor Ponza - segretario prefettizio - con moglie e suocera.
Se pazza sia lei - la suocera - signora Frola; o se pazzo sia lui, il genero, che tiene la moglie segregata in casa; e chi sia in realtà (ma quale realtà?) la moglie di lui: se davvero sia la figlia di lei o invece una seconda moglie di lui che la signora Frola ritiene sua figlia perché non vuol credere che sia morta da anni…
”C’è da ammattire sul serio tutti quanti”. Appunto.
Si sarebbe trovato benone qui, quel titano di Pirandello. Lui che aveva già visto tutto - precursore come i geni sanno essere - e nei suoi Sei Personaggi la rottura con la forma teatrale della tradizione l’aveva già audacemente compiuta.
Il genio era lui, noi abbiamo solo la tecnologia. E a questa è affidato - sapientemente come qui, oggi - l’annullarsi del diaframma tra spazio artistico e realtà.
L’essere noi in questo teatro e, per merito di un semplice dispositivo, parte attiva della finzione scenica, ascoltare e guardare contemporaneamente tutto ciò che vi si svolge e scegliere al tempo stesso “dove e cosa guardare”: tutto questo è sentire il teatro come luogo da cui farsi consapevolmente travolgere e “violentare”. Che è poi l’idea stessa di teatro dalla ricerca avanguardistica in poi e fino a tutta la drammaturgia contemporanea, e per la quale è possibile sottrarre il testo teatrale - nella fulminante definizione di Vincenzo Di Bonaventura - “alle falde fangose del teatro-birignao”.
Ma questa di oggi non è solo validissima esperienza di teatro reso così vicino alla vita reale anche da naturalezza, empatia, intensità degli interpreti. È anche sentire prossimo a noi, più vivo di sempre, questo teatro pirandelliano che si fa “prodigio, seconda realtà poetica”, che svela messaggi di portata irrevocabile, mette a nudo le maschere che tutti noi siamo, pallide sembianze di noi stessi nel gioco proteiforme della vita.
Qui più che altrove, condensata nelle finali battute della signora Ponza, è la coscienza dell’ineludibilità di quella forma che ci imprigiona, dell’impossibilità di ricomporre le opposte visioni della realtà e superare la prigione della solitudine. C’è solo l’umana pietà (suocera e genero reggono la finzione ciascuno per pietà dell’altro, e perché almeno l’altro trovi pace nella “sua” verità) a sovrastare allora l’accanimento logico e il gioco intellettualistico della maschera, ed è la pietà dell’artista per questa umanità dolente, per quella sua illusione di possedere la verità.
E la risata lunghissima del Commendator Laudisi – forse liberatoria dopo il lunghissimo silenzio, quasi a voler dire vedete, avevo ragione… - sulla quale scende il virtuale sipario, è il riconoscimento ultimo e disincantato, definitivo, della sconfitta.
“…All’opera d’arte la vita gliela diamo noi; di tempo in tempo, diversa, e varia dall’uno all’altro di noi; tante vite, e non una ”.
[L. Pirandello, Questa sera si recita a soggetto, 1930]
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