“20 anni senza il Signor G"
Recital dedicato a GIORGIO GABER
Federico Sirianni – Gianni Martini – Claudio De Mattei
San Benedetto Tr. - Teatro Concordia 7 Marzo 2023 h22
IN ART - Rassegna letteraria e musicale [Ass.culturale “Rinascenza”] 29 gennaio/14 aprile 2023
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Foto Alessandra Mandozzi |
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Ci viene dopo più di vent’anni, quasi fuori tempo massimo.
Gaber faceva collezione di teatri: grandi, piccoli, prestigiosi, sconosciuti, di ogni genere. Li cercava, li scopriva, li soffriva, li amava, alla fine quasi ci abitava: chi altro poteva inventarlo, il “Teatro Canzone”.
Ma stasera nel nostro Concordia, in ritardo e per sopraggiunti impegni inderogabili di lui, a ben rappresentarlo il Gaber, abbiamo Federico Sirianni (voce, chitarra) con Gianni Martini (chitarra) e Claudio De Mattei (basso). Eseguiranno un millesimo del suo repertorio con gaberiano rigore [furono per anni i suoi musicisti, Gianni Martini per 18 anni, Claudio De Mattei pure per tanto, di preciso non so].
Concerto-recital tosto. Sirianni - di quel millesimo di repertorio gaberiano - sceglie alcune tra le parti più intense, più crude, più spietatamente visionarie, più commoventi, più ironiche, più dure. Non intende allietarci con le orecchiabili canzonette dei successi giovanili, evita le morbide atmosfere di ballata classica del primo Gaber. A parte Lo shampoo (sempre salutare) e poco altro, sarà tutto “Teatro Canzone”: un recital dal respiro politico alto, che tuttavia ai tempi il pubblico pagante - 1.500, 2000 lire - spesso giudicava fastidioso e pesante, fuori contesto, per nulla divertente. Al punto da fischiare e contestare rumorosamente: al Lirico, Giorgio se la vide proprio brutta. Il signor G, ne La mia generazione ha perso, quando parlava di razza in estinzione, era anche malinconica biografia dalla prosa sulfurea, dai testi cartavetranti, mirati, calcolati; e poesia centellinata all’apparenza assente, ma presente eccome. Spettacoli più impegnativi che d’evasione, con intuizioni scomode, profonde, ellittiche, da condividere per forza, con dolore, sorrisi e rabbia. Come, a modo loro, parallelamente facevano anche Dario Fo, Jannacci, Pasolini, Battiato, Patti Smith, Fossati, De Andrè… Era filosofia obbligatoria diluita in musica.
Stasera così la storia si ripete per noi che quelle volte, svariati decenni fa, o non c’eravamo o dormivamo. Giorgio Gaber “dentro” Federico Sirianni. Il cui timbro di voce mai artificiosamente impostato, il volto, il corpo (poco longilineo…), la chitarra (un po’ alla Jimmi Villotti); con l’infinita ala bianca Gianni Martini e simmetricamente il cogitabondo Claudio De Mattei, di note un poco avaro ma indocile e ineccepibile, si rivelano essenziali e giusti per questa missione traslata nel tempo e nello spazio. Forse solo un po’ brevi quei corrosivi monologhi del Signor G carichi di invettive, ma stasera proprio non ce n’era il tempo, né qui dentro al Concordia la gente adatta. Siamo ormai Polli d’allevamento scotti, pure oltre la data di scadenza. Se Qualcuno era comunista, oggi…
Ma, almeno a me, questo recital mi ha anche riconciliato con la Milano dei tempi del Gaber, la Milano che non potevi evitare, della malavita artigiana dell’Ornella Vanoni ragazza, della nebbia in gola, “la Milano sparita” di via Porpora, dei cinema di via Ampère, dei Navigli malsani e grigi, delle pallide camere in affitto con bagno comunitario a ventimila al mese, della Rinascente che costava troppo…
La Milano lattiginosa di quando avevamo una locomotiva al posto del cuore, quando ascoltavamo Ricky Gianco e Giorgio Gaber ci faceva incazzare.
Come nello spettacolo “E pensare che c’era il pensiero”, quando predisse tutto quello che oggi impera: l’ipocrisia della bontà, l’informazione di parte ma “attraente”, la svaporata banalità televisiva, la partecipazione farlocca, la perfidia addolcita di buonismo, lo scadimento del pensiero, “i politici sempre più viscidi, sempre più brutti”, “i geniali opinionisti coraggiosi leccaculo travestiti da ribelli”, il trionfo dell’egoismo personale, il mercato dilagante…
Infatti dopo l’imbarazzante Milano-da-bere è arrivata quella rutilante di oggi e di domani, ricca e indifferente. Ancora peggiore.
A chiusura dell’epocale avventura del “Teatro Canzone”, proprio nello spettacolo E pensare che c’era il pensiero, c’era, con Gaber-“cantattore” sul palcoscenico, una solitaria ma pensante sedia vuota.
Oggi che facciamo finta di esser sani, neanche quella ci sarebbe.
Mi fermo qui.
PGC - 12 marzo 2023