28/07/23

Jane Birkin e Marc Augé, ne avevamo ancora bisogno

“Come sempre, il futuro si nutre di una consapevolezza chiara del passato”
            [Marc Augé, Il bello della bicicletta, 2008]
 
            Due storie, ormai finite, di voglia di vivere con leggerezza ma utilmente. Dell’inglese più amata dai francesi, e dal francese più antropologo dei mondi contemporanei. Della bella e sottile attrice-cantante che dai palcoscenici, dal cinema e dai dischi passa all’impegno sociale e all’attivismo per cause umanitarie e sociali; del viaggiatore-esploratore del pianeta che passa agli studi filosofici, ai sogni architettonici delle nuove città e dei suoi abitanti, alla “surrealtà” dei non luoghi. Persone incontrate per caso per pochi attimi, ma da vicino, da “dentro”.
La Birkin al 9°Festival Ferré 20 anni fa, Augé in uno degli ultimi Festivalfilosofia di Modena, per strada. 
            Seduta dietro in auto, Jane soffriva il caldo, ma io non sapevo far funzionare l’aria condizionata. Parlava ad intermittenza al telefono col regista di quel suo film, Boxes, che stavano girando in Bretagna, c’era qualche problema. Io guidavo, armeggiavo con le manopole e la guardavo nello specchietto. Lei ogni tanto di sponda guardava me: un po’ alterata per il caldo e per divergenze con quello là, quasi volesse sentirmi dire che aveva ragione lei, la tal ripresa non si poteva fare dall’acqua, non era naturale (?) con l’alta marea… [vidi il film 3 anni dopo, mi commossi a cercare “quella” scena, non la trovai]. Jane è stanca, dopo 100 chilometri mi chiede se l’hotel è vicino al teatro, se è fresco… e arrivati mi prega di aspettarla quinze minutes e d’accompagnarla - a piedi? sì a piedi - alle prove al vicino Calabresi. Merci! - poche parole, cinematografici sorrisi, gentilezza… acqua passata il forno dell’auto. Così per 300 metri con lei mi sento come Serge Gainsbourg e San Benedetto mi sembra Parigi. Alle prove lei sarà professionale, intransigente, attenta ai silenzi… come la sera la sua “voce tenue di cristallo” e il suo inalterato “profilo di perla” avranno ben più dei “pochi spettatori” che  - per finta scaramanzia - si augurava Gennari, “pochi ma a uno a uno degni di meritarla”.“Le plus beau concerto est celui de ta voix” diceva Léo: sarà un concerto da leggenda. 
            È sera, fa ancora molto caldo a Modena quando ci spostiamo per andare all’ultimo evento poco lontano. Ceniamo e camminiamo, pescando dai sacchetti di carta dei “menu filosofici”, come fan tanti, buon cibo a poco - come la filosofia - e il gusto di mangiare-al-sacco. La strada quasi deserta, lampioni un po’ fiacchi, c’è quiete. Alziamo appena il passo quando lo intravediamo sull’altro lato, lo stavamo sorpassando: Marc Augé, l’inventore principale di Festivalfilosofia. Vestito un po’ pesante (da anziano), i capelli coraggiosamente bianchi, va lento, lento e attento: in una mano un libro o due, nell’altra il bianco sacchetto-viveri dei “menu filosofici”, pure lui! 
 
Lo salutiamo, gli chiediamo titubanti se ha bisogno di qualcosa… “oh, rien… merci… vado piano, ho tempo…”. Bonne nuit.

 

PGC - 28 luglio 2023 

 



"PROSPETTIVA VAN ORTON"


Su questa Grande Mostra avevamo scritto al Comune le nostre perplessità [lettera protocollata il 17.7.'23 con n°55757], anche relativamente al suo costo e alla sua lunghissima durata senza senso, ma nessuna risposta dal Palazzo.

Il 15 luglio, giorno dell'apertura, alcuni di noi erano anche presenti - con dei cartelli addosso - all'esterno della Palazzina Azzurra (e poi un po' anche all'interno) per "informare" gli intervenuti coi nostri educati ed esaurienti volantini. Il sindaco però ci ha scansati, "lascia perde...". Pazienza!

Ora la mostra è iniziata, come volevasi dimostrare non ci va (quasi) nessuno [figuriamoci a settembre - ottobre - novembre...], ma la Palazzina resterà okkupata dai gemelli di Torino.

Allora, fiduciosi ma non troppo, rimandiamo nuovamente al Palazzo (divulgandola a mezzo stampa) la stessa lettera con i nomi di tutti i partecipanti al dissenso. Voi ci conoscete, siamo artisti educati, indigeni e non, un po' bravi e un po' no, ma tutti con certi desideri, aspettative e diritti sui quali giustamente crediamo. Se siete educati, ci risponderete questa volta?
Cordialmente.

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Al Sindaco della Città di San Benedetto del Tronto
Antonio Spazzafumo

All'Assessore alla Cultura
Pasqualina (Lina) Lazzari


Oggetto: lettera di protesta per la mostra "Prospettiva van Orton" in Palazzina Azzurra

In relazione alla mostra d’arte “Prospettiva van Orton”, con la curatela di Stefano Papetti, in corso dal 15 luglio 2023 al 7 gennaio 2024 in Palazzina Azzurra di San Benedetto, i sottoscritti cittadini contestano fortemente questa Vostra scelta che a noi pare una vera e propria cessione dello spazio pubblico a favore di una specifica associazione e del loro progetto. Seppure controversa per discutibili ragioni di valenza artistica-culturale (aspetto che vorremmo tralasciare perché pertinente a un campo più propriamente critico e di settore - l’arte è per natura molteplice, ma sarebbe bene che i luoghi a lei dedicata fossero coerentemente gestiti), i sottoscritti osservano e sottolineano con forte e convinto dissenso, le condizioni poste dall'evento stesso che crediamo costituisca un precedente per nulla replicabile, e più precisamente per:

 1) Il tempo smisurato dedicato all’esposizione (paragonabile a quella in corso della Collezione di Capodimonte al Louvre);

 2) L’esborso di denaro pubblico a suo sostegno con svariate migliaia di euro;

 3) L’ingresso del pubblico condizionato dal pagamento di un biglietto
(non riportiamo cifre per non essere inesatti rispetto ad eventuali cambi intervenuti, in più o in meno).

Ci bastano e dovrebbero bastarVi questi solo tre punti per comprendere questa nostra protesta. Sono punti che costituiscono un unicum nella storia della Palazzina Azzurra, che dal 1996 costituisce un riferimento importante per moltissimi artisti non solo ‘locali’, sia per esporre che da visitare.
Per non apparire ‘provinciali’ e chiusi in una visione locale dell’arte, dichiariamo che mostre di estremo prestigio e interesse vi si sono sempre svolte e spesso seguite con attenzione da parte di tanti appassionati o semplici curiosi del “bello e del ben fatto”. La sorte di certe strutture, come la Palazzina Azzurra, è sempre somigliante a un grafico con picchi e discese, ma resta un trend che ci segnala la bontà di tenere in piedi una simile Storia.
Se creiamo però dei precedenti che snaturano la sua funzione, allora rischiamo di perderla e che diventi un’altra ‘cosa’ (forse privatistica e commerciale come un wine bar), sia per noi sambenedettesi che per il suo territorio, ma soprattutto per i nostri amati e tanto sospirati turisti, che sono sempre più attratti da arte e luoghi curati e dinamici.
 Sappiamo che il Comitato Comunale delle Arti Visive, organo interno al Comune stesso e a capo delle attività di programmazione della Palazzina Azzurra, si è espresso in senso contrario all'adozione di quest'ultima "Prospettiva van Orton". Forse per le stesse nostre ragioni?  
La speranza non è nel Vostro accoglimento, ma in una Vostra profonda riflessione in merito per il prossimo futuro. Senza ciò si rischia di portare questa città a un maggiore degrado culturale con sempre più sfiducia nei suoi rappresentanti e amministratori pubblici.
 
Distinti saluti

San Benedetto del Tronto, 17 luglio 2023
 
Di seguito i nomi degli aderenti a questa protesta, sottoscritta per ora in modo informale, ma con il loro consenso informato.

Alfredo Celli, Alice Agnelli, Americo Marconi, Andrea Capecci, Bianca Massi, Bruno Benatti, Carlo Gentile, Daniela De Carolis, Daniela Santoni, Daniele Olivieri, Domenico Parlamenti, Emidio Mozzoni, Fabrizio Mariani, Filippo Massacci, Fiorenzo Massacci, Flavia Marcella Mandrelli, Francesco Del Zompo, Giacomo Lelli, Giancarlo Orrù, Giorgio Voltattorni, Grazia Carminucci, Lina Lanciotti, Luciano lacoponi, Luigi Troli, Marcello Lucadei, Marcello Sgattoni, Maria Teresa Urbanelli, Mario Lori, Marisa Marconi, Massimiliano (Max) Censi, Michele Ortore, Nima Tayebian, Ondina Miritello, Paolo Annibali, PGC, Pier Giorgio Cinì, Remo Croci, Rino Bernasconi, Rossella Piunti, Sara Di Giuseppe, Teresa Ciarrocchi, Vittorio Amadio.

24/07/23

BRAVO PATRICK!


     BRAVO perché non ha accettato di venire in Italia con volo di stato. BRAVO perché ha rifiutato incontri istituzionali e inchini. BRAVO perché con questa decisione ha illuminato a giorno lo squallore del nostro ceto politico e dirigente a vario titolo: membri del governo, ambasciatori, pennivendoli di giornaloni e giornaletti, circo televisivo completo di Vespabruno e Mielipaolo, e tutto il cuccuzzaro politico che lautamente manteniamo coi nostri soldi.

Educatamente e doverosamente, con dignità e misura, senza retorica, ringraziando per l’aiuto e il grande impegno profuso e per il felice esito, ha detto anche grazie no, niente volo di stato e omaggi istituzionali, l’attivista per i diritti umani che sono resta libero e indipendente dal potere (condizione sconosciuta a un bel po' di giornalisti italioti, che dunque s’incazzano).

E così, apriti cielo, avanza a testuggine la falange delle prefiche di regime. Suona a destra uno squillo di Crosetto, l’androide armigero che con signorile finezza espettora un “Ci ha fatto risparmiare” (signori si nasce, e lui lo nacque); a sinistra - è licenza poetica - risponde uno squillo, è il Mielipaolo che testimonia “Zaki è un simpaticone, che imparerà due parole in italiano e si candiderà in qualche lista”: e forse confonde Zaki con qualcuno che conosce lui, e s’è dimenticato che il simpaticone s’è appena laureato a Bologna con 110 e lode in Letterature Moderne Comparate post-coloniali; e non contento aggiunge senza arrossire che Al Sisi è una persona seria. Toglietegli il fiasco.

S’ode perfino, in lontananza, uno squillo di Tajani - che oltre a essere Tajani è pure Ministro degli Esteri, le disgrazie non vengono mai sole – il quale, nell’assicurare non esserci stata nessuna trattativa o interferenza col caso Regeni, dice restando serio “Non facciamo baratti di questo tipo”.

Bisogna capirli, questi diversamente decenti: rifiutando il volo di stato e la pompa istituzionale, Patrick gli ha sfilato una bella vetrinona, il pettoruto orgoglio,  le photo-opportunity e il circo conseguente: stavano tutti già lucidando le mostrine, stirando il completo buono, prenotando il parrucchiere (Crosetto no), provando l'inno patriota tonsille spiegate e mano sul cuore, ciascuno si sarebbe appiccicato addosso un pezzo della medagliona che il governo s’è già appuntata sul petto.

      Così invece gli s’è rotto il giocattolo, insieme con l’aureola di santo ad honorem conferita al dittatore egiziano.

Al quale intanto resta da spiegare qualcosa: su Giulio Regeni, lucente ragazzo di tutti noi, dato che aspettiamo solo da sette anni; sulle violazioni di diritti umani documentate da Amnesty International e da altri organismi indipendenti; sulla repressione della libertà d’espressione, associazione e riunione; sulle detenzioni arbitrarie di oppositori politici, di sindacalisti, di lavoratori impegnati in proteste pacifiche; sulle torture; sulle sparizioni di attivisti e sulle esecuzioni extragiudiziali; l’elenco continua, e riempie una Treccani. Cosucce. Mica per quisquilie così puoi rinunciare agli affari.

      D’altronde, come disse il Migliore da capo del governo a proposito del turco Erdogan - altro paladino dei diritti umani e delle libertà democratiche - certi dittatori “ci fanno comodo”. Dunque non è che puoi bada’ ar capello se si tratta di sganciare milioni di euro - per esempio - perché i migranti se li tengano a casetta loro e non li facciano venire a scassare i cabasisi in terra italica che già abbiamo il nostro bel da fare. E se poi il regime illuminato di Al Sisi continua ad arrestare arbitrariamente rifugiati e migranti, sono affaracci loro mica nostri. Noi dobbiamo solo salvaguardare le relazioni economiche e i traffici di armi col democratico Egitto e proteggere la razza superiore dall’orda barbarica. E quell’ingrato di Zaki faccia pure di testa sua, se gli aggrada.

 

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Nonostante le prove sempre più evidenti del deterioramento dei diritti umani e l’ondata di indignazione scatenata dopo il rapimento e l’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni nel 2016, l’Italia ha lavorato incessantemente per rafforzare la cooperazione con l’Egitto in settori chiave della difesa e del commercio, tra cui la cooperazione di polizia e quella per il controllo delle frontiere, la vendita di armi e gli affari energetici. Nell’ultimo decennio, le autorità italiane hanno fornito agli apparati di sicurezza egiziani facenti capo al Ministero dell’Interno ingenti risorse sotto forma di formazione e scambio di know-howarmamenti e tecnologie di sorveglianza, rafforzando di fatto la loro capacità repressiva. Ciò suggerisce che l’Italia ha un ruolo nella crisi dei diritti umani in Egitto, oltre ad indirizzare i fondi per la cooperazione nelle mani di un governo insolvente la cui politica economica fallimentare e la cattiva gestione dei prestiti internazionali mettono a repentaglio la stabilità interna e nella regione”.      

[Stralcio della Lettera congiunta del 21.7.’23 alla Presidente Meloni, in vista della Conferenza delle Migrazioni (23/07/’23), firmata da 27 Associazioni per i diritti umani tra cui Amnesty International, Human Rights Watch, EgyptWide for Human Rights, Un ponte per, Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere ecc.]          https://www.amnesty.it/conferenza-sulle-migrazioni-lettera-congiunta-alla-presidente-meloni/)

Sara Di Giuseppe - 23 luglio 2023

23/07/23

Spazzafu’ “lascia perde”, dove vai se una “prospettiva”non ce l’hai...

-          Spazio Ballarin. Hai preso un pacco dall’archistar Canali: senza una (tua) prospettiva non sapevi cosa fare. Il progettino che l’anziano ti ha mollato (non proprio da archistar, salvo il prezzo), farcito con le pretese dei tuoi elettori, è un rattattù senza senso, un fitto parco giochi con laghetti specchianti, cascatelle, campetto di bocce, siepi dritte come muri, pensiline di design e tracce di calcio. Ma tu lo hai pure segato in 2 come fosse una torta, tanto che Canali non voleva più firmarlo. [poi i soldi fanno tornar tutto a posto, si sa] Ah, povero Ballarin. 

 

-          Le FRECCE TRICOLORI. Come un bambino, pure quelle hai “fermamente voluto” e comprato di slancio, hai visto mai che ti ispirassero qualche prospettiva dall’alto… E noi come scemi “tutti con il naso all’insù”, al prezzo che non dico ma che sarà stato il doppio. Pazienza se le frecce sono sfrecciate seminando per contratto rumore, fumi, puzza, inquinamento, disordine, traffico extra, torcicollo e scie colorate come… prospettive evanescenti. Ti sono bastate?


-          PROSPETTIVA VAN ORTON (la chiacchierata mostra dei gemellini torinesi). Hai comprato coi nostri soldi la (mezza) PROSPETTIVAche ti hanno venduto i mercantozzi ascolani (che si son tenuti l’altra metà, loro stanno messi pure peggio di te) e hai tradito la nostra Palazzina Azzurra che almeno per 6 mesi diventa “arlecchina” e a pagamento. Ma “la pubblicità non è arte e l’arte non è pubblicità”, te l’abbiamo scritto sui cartelli, ne argomentavamo pure sul volantino che hai rifiutato liquidandomi con uno sprezzante lascia perde Peggio per te quindi se poco dopo al vernissage hai farfugliato di arte, cultura, pittura, turismo… senza un straccio di prospettiva, accattando applausi di circostanza sudaticci e servili. Con questa mo[n]stra gemellare, cultura e arte andranno a sbattere dritte contro un muro: bella prospettiva! Con la tua assessora sull’orlo di una crisi di nervi.


-          Villaggio Coldiretti – “Campagna amica”. E’ stato un crescendo rossiniano da combattimento, questo “tuo” mercato delle vacche grasse (calato dalla Regione, ma guai rifiutarsi come altrove saggiamente hanno fatto) che ha invaso con arroganza e intensità devastanti ogni metro quadro di una città già disfatta ma compiaciuta. Un gigantesco circo, un Luna Pork - sì, con la o - senza confini che ha messo tutto in ebollizione, dove le bestie feroci siamo presto diventati noi ultimi, schiantati da una vanagloriosa autodistruttiva grandiosità che ci ha tolto il respiro e la vista (il giallo in queste dosi fa malissimo). Da lontano sono arrivati i trattori blu alti 5 metri, certe infernali macchine agricole, gli ottocenteschi Carabinieri-a-cavallo lucidi come scarafaggi, le mucche e le caprette e le pecore e gli asinelli sudati in prigione, il mangiare impolverato di orride delizie per ogni spazio intestinale, “ma senza veleni”. Con la tendopoli di lusso artigliata all’asfalto e alle palme, l’infilata di olezzanti bagni chimici a colori di fianco all’albergo-residence, gli acciaiosi palcoscenici per cantattori e lollobrigidi alla pescatora, il teatro falso della campagna eco-industrializzata simil-cinese venduta come giusta… Se questa è la prospettiva, tutti a vivere in città! 

  

-          … e dulcis in fundo: TRA IL MARE E LE STELLE” – 15.000 euro spicci di contributo comunale per un pretenzioso elefantiaco evento privato, dalle ambizioni e prospettive impensabili per un sindaco che non ne ha: 5 celebrati chef stellati, 1 chilometro di tavoli, 1000 e più coperti (i ragionieri dicono 1084, ma senza Garibaldi), musica trombona dal vivo, una cena gourmet a 130 euro (anticipati) a cranio, bella gente (esentasse), fuochi d’artificio… Al molo sud di San Benedetto tra il mare e le stelle, d’estate, di sera. Sembra un azzardo, è un azzardo, ma… e se funziona? Beh, Spazzafumo rischia, ci mette il cappello, les jeux sont faits, rien ne va plus. Alè. 

Sticazzi, invece: … cibi caldi arrivati freddi, bevande fredde arrivate calde, bollicine sgonfie, tempi biblici tra le portate, dolce liquefatto o non pervenuto. L’ottimo Antico Caffè Soriano, chi l’ha visto? E giù proteste, urla, forse minacce. … servizio alla come viene viene, scolari-camerieri spaesati alle prime esperienze, [alcuni scalzi come Abebe Bikila a correre disperati la maratona sul molo per portare pile di piatti, altri che abbandonano sfiniti]. Dei 5 celebrati chef stellati: chi non si fa vedere per la vergogna, chi si improvvisa cameriere e si butta generoso nella mischia, chi riconosce imbufalito “ahi, ci hanno truffato. Così d’istinto alcune cronache (ma poi si pentiranno). Altre invece già la mattina (!) diranno di un “successo stellare”, quanto sono tempiste le lingue salivanti di certi giornalisti. Altre ancora, perfide, s’inventeranno aspetti organizzativi marziani che pare l’avessero previsto il pesante insuccesso, facendo tenere aperte per ben 3 giorni le caserme di Carabinieri-Polizia-Finanza-Guardia Costiera caso mai si fosse presentato qualche garibaldino scemo a far denuncia per truffa… Ma quando mai, non s’è visto nessuno, c.v.d. Eppure, eppure, la figura da cioccolatai è stata spiattellata con salutare franchezza sui giornaloni della stampa nazionale. E lì sta. 

Comunque le cose stanno così e amen. Anzi, tirando le somme cioè le moltiplicazioni (130 euro per 1.000 o per 1.084 o per 1.300 o per…) “è stato un successone”. Bancario. Per cui basta critiche: l’anno prossimo la rifanno”. [mmm… è una promessa o un minaccia?]

 

Ma tu Spazzafu’, che con queste prospettive non so se mangerai il panettone, dàmme retta: lascia perde…

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“Per concludere banalmente, come non si stanca di insegnarci l’antico proverbio, il cieco, credendo di farsi il segno della croce, si ruppe il naso.”

[José Saramago, Cecità, 1995]

PGC - 23 luglio 2023

16/07/23

“Il Ceppo di Natale “ raccontato da un grande affabulatore, lo scrittore Antonio De Signoribus

 
È una occasione  culturale da non perdere poter ascoltare Antonio De Signoribus. Il tutto si svolgerà nell’ambito della Rassegna Letteraria Biblioteca D’Autore. Antonio De Signoribus, è bene ricordarlo è filosofo, scrittore, nonché grande studioso di Cultura Orale e Maestro dì Fiabistica internazionale. Presenterà  a Marano (Cupra Alta), in piazza Mario Bucci (Cortile Museo Archeologico del Territorio), il 17 luglio alle 21.30, il libro “Il Ceppo di Natale. Tradizioni e leggende marchigiane sul 25 dicembre e dintorni”  (Zefiro Editrice). Dialogherà con l’autore Susanna Polimanti; le letture, tratte dal libro, saranno a cura della bibliotecaria Valentina Lucadei. È, sicuramente, un’opera curiosa, avvincente, sorprendente; un viaggio nel tempo delle tradizioni e delle leggende attraverso i racconti di un eccezionale affabulatore. Sorprendente la storia dei pescatori “tagliatori” delle trombe marine che si passavano le virtù nella notte Santa, ma anche nella notte di San Giovanni, ovvero il 24 giugno; così come quella che racconta che, nella notte di Natale, le bestie parlassero e non fosse opportuno ascoltare i loro dialoghi… In questo libro ci sono tante “cose” interessanti e curiose, tante  “memorie” riportate alle luce dallo studioso che sorprendono, davvero.

C’è di più. Antonio De Signoribus ci parla anche del “potere del pane”, delle “virtù magiche”, dei proverbi, dei sogni, dei numeri magici, della superstizione, del malocchio, delle streghe, dei proverbi, ovvero della  filosofia del popolo, e di altre cose interessanti. Lo sapevate? Il Santuario di Loreto era conosciuto anche all’estero, tanto che il grande filosofo Cartesio fece voto di andare in pellegrinaggio a Loreto per ringraziare la Madonna, dopo aver fatto, in una notte del 1619, tre sogni molto significativi che gli indicavano la strada da seguire nella vita. Il Ceppo di Natale? Doveva ardere dalla vigilia fino al 6 gennaio, per dodici giorni consecutivi, perché si credeva che sarebbe passata la Madonna a riscaldare le fasce di Gesù Bambino. Bisognava, quindi,  stare attenti e vigilare che il fuoco non si spegnesse. La cenere e i carboni del Ceppo venivano, poi, conservati in quanto si attribuivano loro proprietà magiche e curative. Per farla breve, il libro di Antonio De Signoribus, è da assaporare e centellinare con piacere, anche adesso che il sole picchia forte e riscalda i corpi; Il ceppo di Natale, riscalda anche le anime.

Al termine della presentazione seguirà un brindisi con i vini della Cantina Castrum Morisci di Moresco (FM), accompagnati dagli amaretti della Valdaso.




IL VILLAGGIO DEI FOLLI

 

Villaggio Coldiretti” -  San Benedetto del Tronto  14 -16 luglio 2023


Difficile sapere se ci sono o ci fanno, ma quel ”Non disturbare gli animali” la dice lunga sul grado di barbarie a cui gli umani riescono ad arrivare in obbedienza alle leggi del mercato e con sprezzo del ridicolo.

 

Dunque non disturberemo gli animali, i quali d’altronde nel Villaggio Coldiretti - per la prima volta ospitato a San Benedetto - si trovano nelle condizioni più desiderabili che abbiano mai potuto sperare nella loro certo non lunga vita: trasportati da lontano (da Pesaro, per esempio), collocati in spazi ristretti, sotto strutture dove le temperature roventi di questi giorni li arrostiranno da vivi - nonostante qualche ventilatore - prima che lo faccia il loro destino ahimè segnato (si fottano vegetariani e vegani), per 3 intere giornate più i tempi di partenza, arrivo, collocazione, ripartenza (in condizioni di trasporto sicuramente ideali e di massimo comfort…). E dopo tre giorni al centro di un’edenica atmosfera fatta di chiasso, traffico, fumi, inquinamento, confusione e…arte. L’importante è: do not disturb.

Invidiabile condizione, gli animali ringraziano. Le Associazioni cosiddette animaliste, gli Amici-fedeli, gli animalisti-permaflex? Non pervenuti. Non so non c’ero e se c’ero dormivo. Mettersi contro un colosso come Coldiretti? Fossero matti.

 

E già, Villaggio Coldiretti: suggestiva definizione dell’infinita tendopoli giallo-itterizia che manda in orgasmo multiplo la stampa locale, in gara nell’osannare la festosa lucrosa iniziativa, la ricaduta d’immagine e bla bla bla. 

Che manda in visibilio Comune, Regione e don Lollò-Cognato-d’Italia venuto pirsonalmente di pirsona per il taglio del nastro e il piagnisteo d’ordinanza al porto per arruffianarsi i pescatori a strascico.


Discorsi edificanti, elogio di made in Italy e made in Marche; “festa con cittadini e famiglie” (sic); interviste al Cognato d’Italia e al Fratello-di-taglia Acquaroli dall’ubiquo sempiterno Ossini che non può mancare perché s’indossa su tutto signora mia; argomenti epocali come ”identità delle Marche” - non mi dica - e “gioco di squadra” - apperò - con bandiere giallo-coldiretti piantate in ogni centimetro libero di città; e naturalmente polizia, vigili e vigilantes, poliziotti chiamati da solerti cittadini (“Gruppi di controllo del vicinato”?) per la contestazione della mostra in Palazzina Azzurra; e anche, udite udite, i Carabinieri-a-cavallo o “Pattuglie ippomontate” (le chiamano così, non è una barzelletta).

 

Insomma non bastando, per “La grande festa dell’agricoltura e del cibo italiano targata Coldiretti e golosamente accettata da un’amministrazione comunale in paralisi cerebrale, il blocco totale della città - servizi, trasporti, circolazione, commercio - per un periodo inaccettabilmente lungo (una settimana di preparativi e montaggio più i giorni della fiera più i giorni dello smontaggio: due settimane e passa, se va bene); non bastando il simil-bombardamento di Sarajevo degli interminabili botti notturni d’inaugurazioneche oltre a scassare i cabasisi pure al torneo nazionale di tennis [il cui responsabile s’è dovuto scusare con l’organizzazione] hanno soprattutto seminato il panico e sconvolto il bioritmo di ogni animale, domestico e non, presente su territorio (ma la Campagna è Amica…); non bastandogli tutto ciò hanno messo in mezzo pure gli sventurati animali da fattoria, esibiti per l’obbligatoria gioia di bambini un po’ cretini e degli adulti a loro vicini che forse mai videro bovino, ovino o equino in vita loro, “uuhhh… guarda la mucca piccolaaa…”


   [A quegli sfortunati animali, in mostra nello spazio antistante la Palazzina Azzurra a contatto stretto con traffico, fumi, viavai, rumore e confusione, un solo rimprovero: che non abbiano tutti insieme, abbondantemente e a lungo, evacuato come natura esige inondando di campagnola (quella sì) meritatissima puzza da allarme bomba i convenuti all’inaugurazione della mostra “Prospettiva van Orton”- ospitata in Palazzina e oggetto di tanto motivate e sacrosante quanto disprezzate contestazioni - e in particolare: sindaco, assessori, organizzatori, presunti esperti, benpensanti e bellagente in lini, abiti lunghi e spocchia da io so’ io e voi purtroppo no].

 

 
“Non è allora chiarissimo, compagni, che tutti i mali di questa nostra vita provengono dalla tirannia degli esseri umani? Sbarazziamoci dell’Uomo. (…) Non so quando questa Ribellione avverrà, può darsi tra una settimana, può darsi tra cent’anni,  ma so, con la stessa sicurezza con la quale vedo la paglia che mi sta sotto i piedi, che prima o poi giustizia sarà fatta”

(G.Orwell, La fattoria degli animali, 1945)

 

Sara Di Giuseppe - 16 luglio 2023
 


CAMERA CONCERTO


Spoleto Festival dei 2 Mondi  66

 ISAAC SHIEH (corno naturale a mano)

Musiche: Jacques-Francois Gallay, Grace-Evangeline Mason, Hermann Baumann, Benjamin Britten, Robert Haigh, Electra Perivolaris

SPOLETO – Musica da [una camera di] Casa Menotti     8 luglio 2023  h17

 

Sono l’ultimo ad inerpicarmi sulle scale di pietra di Casa Menotti, appena in tempo per il concerto del pomeriggio alla stanza del 3°piano con 15 sedie-regista già tutte occupate. Ma una - mediamente comoda - sull’adiacente pianerottolo pare che aspetti proprio me. Sarà un concerto di musica da camera di cui non so nulla: già mi è difficile immaginare un “corno naturale a mano” (era quel coso che portava su per le scale il giovane orientale con gli occhiali e la giacca da portiere d’albergo?), poi gli autori delle musiche sconosciuti,  il timido presentatore-dalla-voce-bassa che più che spiegare sorride… Insomma tutto al buio. E si sa che la musica da camera non sono canzonette, sarà da svenarsi, con questo caldo… Ma c’è fede, sennò che ci vieni a fare al Festival di Spoleto. Come quando andavi ai Camera Concerto di jazz senza neanche sapere “dove”, se non all’ultimo momento. Si facevano nelle nostre case, accatastando i mobili nelle camere, cucine, tinelli marron e corridoi, ficcando sedie dappertutto, ma sempre si scoprivano talenti, amicizie, musiche, storie. Costavano poco e davano tanto. Si imparava. Lo dico, perché subito ho avuto la sensazione di tornare in un Camera Concerto dei tempi, quando il jazz ci era ostico, a noi ignorantissimi. L’eclettismo e l’improbabilità di questo tipo di musica da camera [quasi contemporanea - quasi classica - quasi jazz, senza schemi comprensibili né gabbie di regole, fatta pure di note ibride nonché melanconiche e fin ultra-romantiche in impossibile avvicinamento al mondo elettronico] se ti concentri ti trasportano in viaggi virtuali sulle mappe geografiche e nel tempo. Un insieme di dettagli protagonisti, condito di ponderato minimalismo. Ascolti e quasi ti parte la mano destra, come fosse anche lei nella campana del corno naturale a mano di Isaac a cercare al buio tasti che non ci sono. Già, niente tasti, niente pistoni, si tratta di un’arcaica macchina di aria che inventa suoni articolati. La tonalità sembra dipenda dal diametro variabile del cerchietto dove scorre l’aria spinta, Isaac ne ha altri 3 appesi al leggio (come piccoli prosciutti), che alterna ad ogni brano con silenziosi gesti da Federer a Wimbledon prima di battere: movimenti sempre identici e pensosi, al ralenti. Ah, è lui quello che mi sembrava “solo” un elegante portiere d’albergo… ragazzo speciale di Nuova Zelanda, d’Inghilterra, di Cina e di tutto il mondo, sopraffino cornista-solista e in quintetto, ricercatore, professore (PhD), divulgatore… oltre che borseggiatore seriale ovunque di borse di studio, quindi serio e perfezionista.

Non so agli altri 15, a me Isaac Shieh è piaciuto. Un’ora e 5 euro per volare ben sopra la Rocca di Spoleto.

PGC - 13 luglio 2023

12/07/23

BATTITI

Spoleto Festival dei Due Mondi  66 

Bate Fado
 Jonas&Lander
 Spoleto – Chiesa di San Simone
 8 Luglio 2023 h21.30


     "La mia anima è una misteriosa orchestra; non so quali strumenti suoni e strida dentro di me: corde e arpe, timpani e tamburi. Mi conosco come una sinfonia"

                            [Fernando Pessoa]



 

     Ricrea un Portogallo antico, questo Fado batido, il Fado danzato che unisce al canto il battito dei piedi al suolo in tutt’uno con la musica; danza vitale ed espressiva, irriverente ed energica, dei quartieri moreschi nella Lisbona della metà del XIX secolo che - come il flamenco e altre tradizioni coreutiche urbane - accoglie in sé la socialità, la cultura, i riti collettivi dei ceti popolari e dei gruppi bohémiens.

Danza da tempo dimenticata, tramontata fin dal primo dopoguerra e da allora non più associata al genere musicale - oggi Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità - e di recente ridestata dall’indagine preziosa e colta - fatta anche di certosine ricerche d’archivio - dei due coreografi e danzatori, il portoghese Jonas Lopes e il brasiliano Lander Patrick.


     Ed eccola, questa danza fatta di “battiti”, risplendere nell’ibridazione tra spettacolo coreografico e concerto di Fado, rinnovare la felicissima sintesi di linguaggio coreutico e tessuto musicale tradizionali, lungo le quasi due ore di una performance artistica di altissimo livello tecnico e stilistico.


     Scopriamo affascinati come possa divenire strumento a percussione il battito dei piedi al suolo, come possa incalzare vorticoso la voce e le chitarre, dialogare con esse, provocare i sensi. Gli artisti - tutti al tempo stesso e con uguale perizia, danzatori e musicisti - nella coralità dei moti come nei rari assolo disegnano trame narrative riconoscibili. Vi confluiscono la contemporaneità e il passato, le dinamiche sociali e i paradossi del reale; la poetica coreografica ne sollecita la coscienza ma sa concedersi alla trasgressione, all’ironia, alla caricatura: in questo rivelandosi, tutti gli interpreti, formidabili maschere attoriali nel trascorrere dal dramma allo sberleffo, dalla sensualità al grottesco, in una tuttavia  costante, rigorosa attenzione alla musicalità e al ritmo. 

     Senza pause ci conducono - dovremmo dire ci travolgono - verso un acme visionario e di surreale bellezza: vi si intrecciano suggestioni ancestrali, miti e spiritualità, ritratto dell’umano e simbologie arcaiche; dalla prorompente fisicità della danza, dal vigore dei “battiti” che dettano il ritmo e fanno del corpo dei danzatori strumento musicale, un’alchimia intensa si sprigiona e riempie lo spazio scenico, colma la distanza fra interpreti e pubblico, attrae quest’ultimo nel cerchio magicamente creato dal suono e dal movimento.

 

Non meraviglia che venga giù il teatro - insomma la chiesa - dall’entusiasmo del pubblico, dall’esuberante empatia degli artisti, dall’incontenibile vitalità che promana da ciascuno di loro, dalla generosità con cui offrono, per salutarci, uno struggente brano di Sergio Endrigo, da un lontano 1968. 


     Ma questo è accessorio, ed è invece tutto ciò che abbiamo visto, ascoltato, vissuto e pensato nelle due ore, a risuonarci dentro, a farci percepire per un po’ forse, anche la nostra anima come una misteriosa orchestra.

 

Sara Di Giuseppe - 12 luglio 2023

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