Per noi è un viaggio da niente, oggi, POLONIA – AMERICA, Andata… e magari Ritorno. Ma se per un profugo impetuoso (senza Samsonite, in compenso con famiglia…) perfino oggi è ancora quasi come avventurarsi in mare su un gommone bucato, o come scavalcare con sprezzo del pericolo - restandone vivi - il muro di confine tra Messico e California, figurarsi cosa comportava 30 anni fa trasmigrare - come speranzosi emigranti, mica come turisti-viaggiatori - dalla depressa Alta Slesia di Polonia post-sovietica dal sapore di carbone alla rutilante super industrializzata “Detroit dell’auto” (per di più già decadente e problematica): peggio di un trauma esistenziale per Radek (Radosław) Szlaga figlio, giovane artista dell’Accademia di Belle Arti di Poznan, non fine battilastra o saldatore meccanico Polski-FIAT.
Conscio della sua formazione di artista multidisciplinare, ma anche per indole, Radek farà proprio l’artista. Di professione, con una sua specificità, non superficialmente.
Fin dall’inizio lui attraverso l’arte osserva il presente, studia come vivono e come cambiano al momento le sue due società di riferimento: l’aspetto quotidiano della gente e dell’ambiente, le tradizioni invisibili ma invadenti, le culture innate o imposte (contrastanti e retrive), i sogni estinti, i sacri simboli confusi con la pubblicità, l’asfissiante volatile politica, i tanti fallimenti obbligati. L’America consumistica e ritmica che gli è stata assegnata lui la scannerizza con sensibilità e nostalgia, “con gli occhi impastati di swing e di lacrime”, canterebbe forse Paolo Conte. Ma anche con l’istintiva romantica introspettiva ironia di improvvisato giornalista.
Non indugia nella rappresentazione di ameni paesaggi di boschi laghi e città, di nature morte vive, di invasioni armate di fiori e colori, di sante madonne con bambino zitto (in Polonia vanno sempre), non perde tempo in ritratti di foto preparate, nè adopera la furba tecnica - più lucrosa che pensosa - di certa rampante arte contemporanea buona per le mode e il successo facile. Si costruisce la sua strada.
Gli otto quadri medio-piccoli realizzati apposta per FIUTO sono fedeli testimonianze di una vita complicata e intimamente sdoppiata, vissuta nel profondo come può fare un artista reporter, “cronista” di due epoche in una, quindi pure di due sé stesso. Filosofia popolare e democratica rappresentata di slancio, con stile minimalista/espressionista essenziale, senza ripensamenti.
In “Pan RDK Malarstwo”, locandina della mostra, la riga orizzontale che divide in due l’inquadratura ben rappresenta - dissolte e distanti, non parallele né consecutive ma sovrapposte nel loro tempo - le due vite, nei due mondi, di due ragazzi in una stanza - in realtà è uno solo - con alle spalle la finestra. Guardano. Ma è quella frattura che… o chissà, toh, forse è il riflesso del vetro… che “inventa” l’altro ragazzo (quello ancora in Polonia). Vicini (come fratelli) guardano, sorridono, un po’ scherzano: uno più moderno, più inserito dell’altro, più cresciuto, più scafato, più sicuro (quella mano sulla spalla…). Tratteggi forti di matita quasi violenti, segni rapidi, decisi. Non c’è altro, ma quanti pensieri dipinti! Potrebbe essere il frammento dello storyboard di un film o di un fumetto.
[Alex mi dice si ispiri proprio alle popolari (e spesso assurde) storie di BEAVIS AND BUTT-HEAD]
Negli altri 7 quadri dove compaiono, quasi per caso, anche innocui animali (come due mucche credo polacche), si rimane sempre nell’astratto, ogni figura trasmette pensieri. Tanta natura e niente automobili (strano, in America), solo oggetti comuni senza design, la brutta moderna sedia colorata (qui grigia) di plastica che usiamo tutti - comoda, costa poco, prodotta a milioni, più si rompono più inquinano - messa accanto a dei salsicciotti tipici e alla più conosciuta bottiglia nazionale di Vodka con l’etichetta contraffatta (non riesco a tradurla).
Uno si chiede che c’entrano, cosa vuol dire, però le guardi, ti fermi, le riguardi, pensi. Cose così. Semplici. Comprensibili. E’ arte contemporanea! Poi il quadro “Confession”: terribile, carcerario, tratteggi d’angoscia in croce ortogonali, il prete importante (con la stola ben in vista) dalle spaventose narici che confessa dei timorosi preti piccoli senza peccati. Atmosfera di medioevo, da Chiesa di tutti i Santi di Gliwice. Quando si dice l’autobiografia dell’infanzia.
Non è una mostra leggera, ricreativa, natalizia. Forse Alex stavolta ce l’ha portata, a ragione, più per sollecitarci emozioni intime, dati i tempi. Inaugurata di sera sotto i portici bui di Ripa - con freddo e vento, neve non ancora… (atmosfera Vecchia Polonia) ha fatto contento Radek (sempre serio come un polacco serio), anche per l’orgogliosa presenza dell’Istituto di Cultura Polacco di Roma. Comunque, POLONIA – AMERICA A/R son viaggi che ormai lui si fa in scioltezza, come fare un quadro…
Buona mostra! Queste sono solo le mie “Impressioni di Dicembre” [se era Settembre venivano meglio]
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