Del resto tutti sanno che non esiste a livello di massa sistema pedagogico più persuasivo della guerra: in men che non si dica, essa fa delirare i governanti e perverte i popoli.
(Alberto Asor Rosa, Pedagogia della guerra, in: La guerra - Sulle forme attuali della convivenza umana - Einaudi, 2002)
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Capitava a volte che trovassi sconnessi gli elaborati di alcuni studenti, che mi apparissero incoerenti le argomentazioni, o poco chiara l'idea centrale, o debole l’iter logico.
Non m’ero imbattuta ancora - è evidente - in tutti questi elementi messi insieme nei documenti partoriti dallo scombicchierato Vertice Europeo di Londra sulla guerra in Ucraina (tanto europeo che c’era pure il Canada, e dei 27 membri Ue ne mancava circa la metà).
Sia come sia, è netta l’impressione di una congrega di folli - da segnalare per un TSO d’urgenza - convocatisi con scomposto affanno per elaborare un temino dal titolo "Come evitare a tutti i costi che si faccia un accordo di pace e soprattutto che lo facciano quelli là senza di noi”: che ha tutti i profili di un compitaccio mal riuscito, frettolosamente rabberciato negli ultimi minuti prima della campanella per la ricreazione.
Parole grosse, quelle del Vertice: con quelle, si sa, si vince facile.
Ecco allora la difesa dei valori occidentali qualunque cosa voglia dire; ecco la perentoria necessità di mantenere il flusso di aiuti militari con la comica finale di una coalizione dei volenterosi per difendere l’accordo con l’Ucraina…
Insomma: nella logica del si vis pacem para bellum, ora finalmente sappiamo che - Ursula dixit - “la pace duratura si costruisce con la forza” (apperò, e noi a pensare che invece fosse la guerra…).
"Abbiamo bisogno di un incremento massiccio nella difesa, senza dubbio” - è la Vondertruppen che parla [ma il dubbio è: "difesa" da che e da chi?] - perchè “è importante prepararci al peggio” (sic).
E, va da sé, bisogna continuare ad armare quel che resta dell'Ucraina.
Ancora: ecco la proposta di un Military fund coi fondi non spesi del Next Generation Eu e con l’imprescindibile aumento della spesa militare su base nazionale; accompagnato, il tutto, dalla geniale ipotesi di riconversione industriale verso la Difesa che dovrebbe in un amen risollevare le sorti della produzione industriale europea (nella quale solo l’industria delle armi prospera da tre anni con picchi iperbolici in borsa, a cominciare dall'italiana Leonardo).
Apoteosi di questo Tre passi nel delirio è il progetto di una generosa “Banca del riarmo” (eccaallà) finanziata con un capitale iniziale fornito dagli stati ed alimentata da fondi raccolti sul mercato.
E dunque: un Vertice dei folli per vertici di follia. Perché chiunque abbia studiato storia alle elementari sa che dappertutto e sempre, dove ci sia stato ammassamento di armi, c’è stata guerra; che le armi una volta prodotte saranno usate, per la gioia delle lobby di armi e finanza.
E qui per fortuna la guerra c’è già, ci siamo portati avanti col lavoro: non resta che continuarla. Elementare.
Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant scriveva Tacito e vale per l’Occidente di oggi e di ieri: vale per le grandi potenze e vale per quel gruppo di svalvolati capi di governo europei decisi a stravolgere financo le parole sovvertendone il senso e chiamando sicurezza il riarmo all’infinito e la prosecuzione della guerra.
Perché conta che ci siano sempre confini da “difendere”, popoli da ricacciare indietro, armi da produrre e sistemi bellici da usare per i nostri deliri di accaparramento del mondo.
E deserti da fare perché possano chiamarsi pace.
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Ogni guerra, sul nascere, divora immediatamente migliaia e migliaia di dichiarazioni, prese di posizione, contrasti, dibattiti […].Poi man mano che il conflitto vero [...] cresce e si dilata, si attenuano le voci, smorzate dalla loro stessa contraddittorietà e vacuità; aumentano invece i richiami all’appartenenza, all’identità, alla solidarietà a tutti costi.
E subito non resta che un nudo, prepotente imperativo: vincere, vincere, vincere […]
(Alberto Asor Rosa, Ibidem)
Sara Di Giuseppe - 5 marzo 2025